VENERDì 14 MAGGIO – LA GESTIONE DELL’ ERRORE – TESTIMONIANZE DI IMPRENDITORI

Venerdì 14 maggio abbiamo affrontato, guidati da Alessio Sperlinga, il tema della gestione degli errori. La lezione è ispirata ad un intervento tenuto dall’Ing. Pastorino al master Lecco100 nel 2012.

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Ing. Giorgio Pastorino

Alessio Sperlinga

Epiteto diceva che “ciò che turba gli uomini non sono le cose, ma le opinioni che essi hanno delle cose”. Il fatto di sbagliare non è in sé un problema, sono le conseguenze che possono creare il problema.

Se noi consideriamo l’errore a partire dalla persona, prendendo come riferimento la persona, ci accorgiamo che il cambiamento è molto difficile.

Dentro di noi ci sono diverse personalità ma la vita, spesso, ci mette di fronte alla necessità di scegliere solo una parte di noi stessi, trovando dei compromessi. È necessario essere flessibili e non innamorarsi di un solo ruolo, perché non è eterno. Le personalità che soffochiamo, infatti, prima o poi emergono portando a una crisi: non riusciamo più a capire chi siamo e cosa vogliamo realmente.

L’uomo ha delle potenzialità, delle energie al suo interno che lo portano a fare quello che gli piace e quello che ama. Bisogna seguire queste potenzialità perché, se è vero che non possiamo controllare i comportamenti degli altri, possiamo controllare e scegliere i nostri: se siamo disponibili a dare indipendentemente da ciò che riceviamo saremo anche meno toccati dalle delusioni causate dagli altri.

Come esseri umani abbiamo anche dei bisogni, ma dobbiamo imparare a non seguire solo quelli perché ciò ci porterà ad essere perennemente insoddisfatti e delusi da coloro che non soddisfano i nostri bisogni.

Il termine “errore” deriva da “errare”, che significa “andar vagando senza sapere dove, senza consiglio, come brancolando fra le tenebre”.

L’errore è un risultato, è un insuccesso legato a un obiettivo da conseguire, ma il negativo che lo caratterizza esiste solo nella nostra mente ed è relazionato al concetto che abbiamo di bene e di male. Nel Cristianesimo l’errore è visto come peccato; secondo il Taoismo, invece, ogni effetto contiene sempre il seme del suo opposto: ogni scelta contiene sempre una percentuale di errore.

L’errore ci provoca prima paura e poi delusione ed è perciò necessario imparare a gestirlo: non deve essere visto come un giudizio, bensì come un contributo per crescere e per far crescere. Fare un errore non significa essere sbagliati.

Dall’errore possono derivare anche dei rischi:

  • Deresponsabilizzazione → per non sbagliare ci si rifugia nelle regole, che sono viste come un riferimento.
  • Concretezza, semplificazione → è una scusa per limitarci a fare ciò che capiamo, ci toglie la visione di lungo periodo.
  • Fuga nell’utopia → ci porta ad avere visioni di sogno.

Per imparare non basta capire, bisogna provare. Chi fa qualcosa, chi agisce va incontro all’errore: qualche volta si vince, tutte le altre volte si impara. 

Se la natura procede per tentativi, errori, successi, chi siamo noi per non fare la stessa cosa? Bisogna considerare l’errore un modo per apprendere e per migliorare: difficilmente si impara qualcosa quando si ha successo e basta. Inoltre è importante ricordare che quasi sempre si può correggere un errore: bisogna, però, saperlo riconoscere e avere il coraggio di accettarlo.

L’errore è quasi sempre un imprevisto, un incidente ma il pensiero del fallimento genera bassa autostima, vergogna e senso di colpa da cui è necessario liberarsi. Da questi sentimenti nascono, infatti, comportamenti estremamente negativi: la paura provoca violenza e il senso di colpa provoca arroganza. Possiamo provare a prevenire l’errore attraverso la preparazione, ma è fondamentale prepararsi comunque a gestire gli errori perché è impossibile non sbagliare. Bisogna avere più piani, essere pronti al cambiamento e decidere dove e quando fermarsi.
Tutti possono cadere ma è nella nostra natura alzarci e continuare. La nostra forza sta nel non rinunciare facilmente, nel resistere di più. La capacità di rialzarsi è molto più importante della capacità di correre veloce.

Nel pomeriggio abbiamo avuto ancora una volta l’occasione di metterci all’ascolto e di crescere e arricchirci grazie alle testimonianze di tre personalità di spicco del territorio.

Il primo imprenditore che abbiamo avuto l’onore di incontrare è stato Maurizio Crippa, che durante la sua vita professionale ha ricoperto innumerevoli ruoli negli ambiti più disparati.

Maurizio Crippa


Il suo racconto è iniziato con una riflessione sulla parola “testimonianza”. Secondo Crippa ascoltare una testimonianza è come andare in una galleria d’arte e vedere stili diversi. I quadri, così come le testimonianze,  sono tutti diversi tra loro e di fronte ad essi ciascuno si confronta e porta a casa suggestioni e sensazioni diverse.
Nella sua vita, Crippa ha avuto la fortuna di aver incontrato moltissime persone significative e che sono state per lui fonte di ispirazione e di crescita.
Molte sono state anche le testimonianze che, spesso, lo hanno aiutato a comprendere quale fosse la strada da seguire, quali fossero le sue inclinazioni, i suoi valori, chi e cosa volesse diventare ma anche chi e cosa non avrebbe voluto diventare.
La testimonianza ci apre degli orizzonti, ci fa conoscere angoli e sfaccettature che non avevamo mai visto o che avevamo, fino a quel momento, visto con altri occhi. È un’occasione di confronto per conoscere meglio noi stessi e scoprire le nostre inclinazioni, attraverso i racconti di un altro.

Crippa è un ottimista, è un fiducioso e si definisce un “aggregatore e facilitatore di persone che sanno”. Nella sua vita, infatti, ha dovuto, spesso, dare fiducia e spazio ai suoi collaboratori ed è sempre stato entusiasta e felice di farlo.
La sua vita personale è stata caratterizzata e fortemente influenzata dalla sua famiglia d’origine e dallo Scoutismo, da cui ha imparato molte cose che lo hanno accompagnato e che gli sono state utili durante tutta la sua vita, personale e professionale: forte senso dell’impegno, attenzione agli altri, metodo nel fare le cose ed essere capo.

Ha frequentato l’istituto per geometri, ma poco dopo aver iniziato ha capito che il suo sogno era quello di seguire le orme del padre, ovvero di fare il dirigente in un’azienda. Per questo dopo il diploma si è iscritto alla facoltà di Economia e Commercio e ha conseguito un master in strategie di business.
La narrazione professionale, invece, si snoda in 5 vite diverse: vita aziendale, amministratore di società, direttore di Confindustria, imprenditore pubblico e privato, volontario.
La sua vita aziendale è cominciata l’8 ottobre 1973 ed è finita il 31 dicembre 1990 presso la Fiocchi, azienda dove lavorava il padre. In questo periodo della sua vita Crippa ha ricoperto il ruolo di responsabile del personale: aveva una forte inclinazione verso il mondo operaio, verso le persone che avevano poca voce ed era convinto che sarebbe stato possibile aiutare queste persone non stando dalla loro parte, bensì stando dalla “controparte”.
È diventato, poi, amministratore, prima della Fiocchi Holdings e poi di altre società e qui ha acquisito una visione strategica e ha compreso l’importanza della collaborazione e della disponibilità.
Durante la sua esperienza come direttore di Confindustria Lombardia, punti fermi e fondamentali sono stati per lui il rispetto dei ruoli, la fiducia e il senso di responsabilità.
Essere imprenditore è stata un’esperienza difficile e impegnativa che, però, ha insegnato a Crippa il senso della responsabilità, l’importanza della competenza e del sapere incoraggiare i propri collaboratori.
Il volontariato non l’ha mai abbandonato nel corso di tutta la sua vita ed è grazie a queste numerose esperienze che ha compreso fino in fondo l’importanza dell’amore e del rispetto verso gli altri, soprattutto verso le persone semplici e più “deboli”, che si rivelano, però, essere le più autentiche.

La sua vita professionale e quella personale si sovrappongono: una si riflette sull’altra. È importante essere coerenti, ed è questo il segreto per avere equilibrio.

Crippa ha, poi, passato la parola a Davide Pozzi, che ricopre il ruolo di amministratore delegato nella multinazionale svedese Seco Tools, uno dei fornitori più importanti a livello globale di soluzioni di fresatura, tornitura, lavorazione fori, sistemi di utensili e lavorazioni ad asportazione di truciolo.

Davide Pozzi
Davide Pozzi

Uno dei punti fermi di Seco è la sostenibilità: per operare in maniera sostenibile, occorre agire con responsabilità finanziaria, ambientale e sociale. Tre sono i principali obiettivi strategici: aumentare la circolarità in modo da ridurre gli sprechi, ridurre l’impatto climatico e investire nella sicurezza sul lavoro.
Come azienda Seco, infatti, si impegna per garantire un ambiente di lavoro sicuro e sano con pari condizioni e opportunità per tutti i dipendenti. Oltre alla sicurezza fisica di fondamentale importanza è anche la sicurezza psicologica: nessuno si deve sentire escluso, in difficoltà, inutile. Tutti sono importanti, tutti svolgono un ruolo indispensabile per l’azienda ed è importante che ogni singolo dipendente sia consapevole di ciò.
L’idea centrale è quella di dare fiducia alle persone con la convinzione che queste, quando ne hanno la possibilità, si impegnino per contribuire al benessere dell’azienda. Tutti coloro che lavorano con o per Seco devono remare nella stessa direzione, devono avere gli stessi obiettivi e valori. È fondamentale l’aiuto e l’impegno di ciascuno.
Bisogna fare in modo che i dipendenti amino la loro azienda per primi, devono essere stimolati e sentirsi parte di qualcosa con cui condividono ideali e valori: solo così anche i clienti potranno arrivare ad apprezzare e stimare l’azienda.

Tre sono i valori di Seco: la passione per i clienti, lo spirito di famiglia e l’impegno personale.
La passione per i clienti si basa sulla convinzione che l’impegno e la dedizione verso il cliente creino relazioni di fiducia a lungo termine. Il cliente deve sempre essere messo al centro, è grazie ai clienti e ai rapporti con loro se Seco è diventata quello che è oggi.
Lo spirito di famiglia: tutti i dipendenti appartengono a un’unica famiglia in cui ognuno condivide le proprie conoscenze e il proprio valore di individuo.
L’impegno personale, poi, è fonte di successo e miglioramenti. È nell’interesse comune di tutti lavorare duramente e continuamente per trovare soluzioni innovative e di qualità superiore.

Di fondamentale importanza è il team, bisogna riuscire a lavorare con e per il gruppo, condividendone idee e obiettivi. La capacità di lavorare in gruppo, di relazionarsi positivamente con i collaboratori e di andare tutti nella stessa direzione è vista dall’azienda come una qualità fondamentale e imprescindibile. È difficile, infatti, che un’azienda punti sul fuoriclasse, che, pur avendo competenze straordinarie, spesso non è in grado di stare in team e tende a portare scompiglio e conflitto.

Cosa deve fare un leader in azienda? Innanzitutto deve creare le condizioni affinché il team abbia successo e possa contribuire ai risultati dell’azienda. L’amministratore non può conoscere tutto, deve dare fiducia e spazio ai suoi collaboratori.
Deve, quindi, concentrarsi sulla possibilità che le persone intorno a lui prendano decisioni, assumendosi allo stesso tempo la responsabilità di quelle stesse decisioni.
Il leader deve avere, sì, il coraggio di prendere l’iniziativa quando è più difficile, ma deve anche essere in grado di creare un atteggiamento interfunzionale per avere successo.

Il consiglio che ci lascia Pozzi per quando faremo, finalmente, ingresso nel mondo del lavoro è quello di entrare in azienda in punta di piedi, senza pretendere niente e ponendoci nella condizione di imparare e crescere.

Infine abbiamo avuto il piacere di incontrare Monsignor Franco Cecchin, che è stato prevosto a Lecco per molti anni e che oggi è assistente diocesano della terza età.

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Monsignor Franco Cecchin


Don Franco, come ama farsi chiamare dai suoi parrocchiani, non si sente un sacerdote in pensione, per lui ogni giorno che passa è sempre e ancora un’occasione.

Siamo passati da una società dell’oggettività in cui il rischio era quello del formalismo e ci ritroviamo oggi in un mondo che mette in risalto la soggettività, l’uomo e la donna. Dio ha creato l’uomo a sua immagine e somiglianza per coltivare e costruire l’umanità e il progresso della società non è contro Dio ma è la continuazione della creazione di Dio. Il rischio di questa società contemporanea, tuttavia, è l’individualismo, l’egoismo: non dobbiamo cadere nell’errore di pensare solo a noi stessi, dobbiamo prendere sul serio il fatto di essere tutti fratelli, figli dello stesso Dio. Come spesso dice Papa Francesco: “Nessuno si salva da solo, ci si può salvare unicamente insieme”.
Oggi più che mai serve un salto di qualità globale, ognuno deve fare il suo ma è necessario avere una visione più grande.

Siamo arrivati ad un punto in cui non solo la Chiesa, ma anche il Cristianesimo è diventato irrilevante. In realtà è una risorsa importantissima ed oggi abbiamo la grande opportunità per riscoprire che la fede è il cuore di ogni realtà. La Chiesa deve avere la capacità di porsi con empatia nei confronti delle persone. Cecchin è una persona estremamente empatica: quando si rapporta con una persona si mette all’ascolto, entra nel suo vissuto ed è in grado di riconoscere in ciascuno il volto di Dio. Grazie al suo enorme entusiasmo per la vita e grazie al modo in cui è in grado di rapportarsi alla gente, le persone tendono ad aprirsi e a confidarsi con lui.

È con lo stile della sua vita che Monsignor Cecchin testimonia che Gesù è risorto. Essere gentile e perdonare tutti, anche coloro che si pongono in modo aggressivo verso di noi: così si annuncia Gesù Cristo.
Gesù è venuto a donarci l’amore per essere capaci di amare. E l’essere amati viene prima dell’amare: noi ci siamo perché siamo stati amati da un uomo e da una donna.
Bisogna prendere sul serio l’essere amato da Dio perché più ci lasciamo amare da Dio più abbiamo la capacità di fare altrettanto. Noi diamo amore nella misura in cui lo riceviamo.

Infine ci ha donato un prezioso consiglio, ovvero quello di farci aiutare in modo da essere in grado di leggere la nostra situazione ed esplorare ed accogliere le opportunità che ci si presentano. È importante ricordare, inoltre, che una persona è grande non perché fa cose grandi ma perché vive in modo grande le piccole cose che fa ogni giorno.

Martina Vassena