Tutti gli articoli di Emanuele Belgeri

SABATO 10 Aprile – RIUNIONi EFFICACI On/OFFLINE

La mattinata di sabato si apre con la lezione di Alessio Sperlinga su organizzazione e gestione delle riunioni.

Alessio Sperlinga

Diversi studi hanno dimostrato come una riunione di lavoro su tre sia inutile ed è quindi fondamentale saper sfruttare questo strumento. Perché la riunione è proprio questo, uno strumento, non un processo e come tale deve essere efficace e produttiva.

Organizzazione e preparazione sono necessarie per poter raggiungere gli obiettivi fissati. Alessio sottolinea l’importanza del numero ridotto di partecipanti (dai quattro ai sette) per evitare di incorrere in confusione e della durata limitata dell’incontro; durata che va fissata e prestabilita prima dell’avvio della riunione stessa. L’esposizione dell’ordine del giorno è necessaria perché permette a tutti i partecipanti di prepararsi, conoscere e non perdere tempo prezioso.

Il conduttore della riunione ha il delicato compito di guidare e programmare ed è quindi importante che arrivi per primo e che si dia un tempo-limite di attesa dei ritardatari (Alessio suggerisce 12 minuti). Il conduttore dovrà esporre i quattro punti fondamentali dell’incontro (obiettivo, argomenti di O.D.G, risultato atteso e tempistiche), verbalizzare, analizzare e sintetizzare. È fondamentale che partecipi in modo attivo ma che sappia anche fermarsi ed ascoltare gli altri interlocutori.

Alessio ci presenta l’applicazione del concetto sudcoreano di nunchi alla gestione delle riunioni. Il termine nunchi, dalla connotazione profondamente spirituale, indica l’arte di sentire e capire le emozioni altrui (quella che noi occidentali definiamo empatia); è essenzialmente un modo di vivere, la chiave per il successo personale e professionale.

Come può il moderatore sfruttare questo concetto millenario? La risposta è una: osservando. Osservare ogni cosa, soffermarsi su quei dettagli che potrebbero sembrare superflui ma che in realtà si dimostrano essenziali per captare l’atmosfera della stanza. Una strategia potrebbe essere quella di offrire del cibo ai partecipanti, anche solo un piccolo snack, per guardare come interagiscono gli uni con gli altri e ascoltare le chiacchiere spontanee che scaturirebbero dal momento conviviale.

Chi partecipa alla riunione è fondamentale che arrivi preparato, che rispetti le norme di cortesia (presentarsi in orario, comportamento e abbigliamento adeguati al contesto, cellulari silenziati, prestare attenzione al moderatore ed evitare di mangiare o chiacchierare con altri) e che dia del brio. Ogni opinione è importante per arricchire e raggiungere l’obiettivo, è fondamentale quindi che tutti intervengano e partecipino attivamente.

Alessio si è poi soffermato sulla gestione delle riunioni online, sempre più frequenti attualmente. Ancora più importante, in questo caso, sono l’organizzazione e la preparazione. È necessario che il moderatore invii i materiali in largo anticipo e che predisponga un ordine del giorno, che invii un promemoria di riunione,  e che assuma un atteggiamento serio, pragmatico evitando monotonia e lentezza. D’altra parte è buona cortesia, da parte di chi partecipa, aspettare in silenzio i momenti di dialogo e mostrarsi in videocamera. La fatica per il conduttore sarebbe doppia se dovesse anche immaginare e visualizzare mentalmente a chi si rivolge!

Alessio ha illustrato poi tre tipologie di riunione:

  1. La riunione generalista: nella quale i partecipanti dialogano con il moderatore (non più di due alla volta) arrivando a delle decisioni conclusive.
  2. La riunione informativa: del tipo Stand-up Meeting. Questa tipologia di riunione consiste in un incontro giornaliero efficace e di breve durata che prevede il posizionamento dei membri del gruppo in piedi e in cerchio, gli uni di fronte agli altri. Ognuno condivide i risultati ottenuti il giorno precedente, gli obiettivi del giorno in entrata ed eventuali problemi da risolvere. In questo modo la durata è limitata (previsto un minuto a testa), la concentrazione alta e l’ “allineamento” delle idee genera sicurezza e dialogo costruttivo.
  3. La riunione creativa: del tipo Sei Cappelli. Sei cappelli per pensare è un metodo ideato da Edward de Bono per gestire le discussioni. La tecnica sfrutta le diverse modalità del pensiero umano che si destreggia tra logica, informazioni ed emozioni. Come per un ruolo all’interno di una scena teatrale, questo metodo consiste nel cambio di prospettiva e di punto di vista e ha lo scopo di allenare la mente facendola uscire dalla sua zona di comfort. Indossare un cappello diverso significa anche mettersi alla prova e fare un passo verso l’Altro.

Ogni cappello rappresenta una delle modalità di espressione del pensiero:

  • Bianco: esprime la razionalità, la logica, la gestione di informazioni e numeri.
  • Rosso: controparte del bianco, rappresenta tutto ciò che è emozione ed intuizione.
  • Giallo: il colore dell’ottimismo, degli atteggiamenti costruttivi e delle possibilità.
  • Nero: si sofferma su pensieri pessimisti, rischi e problemi.
  • Verde: il colore della creatività e della fertilità di pensiero.
  • Blu: il colore del controllo e della supervisione, solitamente “indossato” dal moderatore della riunione.

In conclusione della giornata un’ultima riflessione di Angelo Belgeri che ci mette in guardia da quelle riunioni “di facciata” in cui ogni decisione è stata presa in modo premeditato e senza possibilità di dialogo.

Margherita Rigamondi

Venerdì 9 APRILE – IL DIVERSITY MANAGEMENT – COACHING

“Tutti gli uomini scambiano i limiti del loro campo visivo per i limiti del mondo”.

Il nostro venerdì si è aperto così, con Schopenhauer e con una riflessione sul diversity management condotta da Gabriella Vigo.

Gabriella Vigo

Il diversity management è una modalità gestionale orientata alla conoscenza e alla valorizzazione delle diversità. L’obiettivo è quello di aumentare la competitività di un’azienda, il suo rendimento produttivo e creativo e quello di creare un ambiente di accoglienza e salvaguardia della diversità nel quale il professionista possa lavorare al meglio delle sue potenzialità, senza stress o ansie.

Senza dubbio, omogeneità e omologazione non sono connaturate nella natura umana ma sono elementi svantaggiosi in qualsiasi ambiente, anche e soprattutto in quello lavorativo. Gabriella Vigo ci ha indicato una possibile soluzione ad un panorama sterile ed omogeneo, fatta di attenzione, ascolto e valore.

Le diversità ci circondando, alcune sono visibili, altre si nascondono nelle crepe e nelle pieghe più profonde. Sono le diversità “sotterranee” ( il Credo, le radici, le abitudini, le attitudini psico-fisiche, le culture) a generare quegli scontri ai quali assistiamo ogni giorno, in ambito lavorativo e non. Incredibile se pensiamo che proprio queste diversità ci rendono quello che siamo, una delle specie viventi più incredibili e sorprendentemente adattabili del mondo. Ma la storia lo insegna, il “diverso” spaventa; l’unica soluzione è conoscerlo e comprenderlo. Per far questo è necessario guardare alla dimensione giuridica e rispolverare un po’ di educazione civica.

Dalla Dichiarazione Universale dei Diritti Umani (1948), Gabriella Vigo ha estrapolato alcuni articoli per farci riflettere sui temi di inclusività e uguaglianza:

  • art. 1 “Tutti gli esseri umani nascono liberi ed uguali in dignità e diritti. Essi sono dotati di ragione e di coscienza e devono agire gli uni verso gli altri in spirito di fratellanza […]”;
  • art. 2 “Ad ogni individuo spettano tutti i diritti e tutte le libertà enunciate nella presente Dichiarazione, senza distinzione alcuna, per ragioni di razza, di colore, di sesso, di lingua, di religione, di opinione politica o di altro genere, di origine nazione o sociale, di ricchezza, di nascita o di altra condizione […]”;
  • art. 7 “ Tutti sono uguali dinanzi alla legge e hanno diritto, senza alcuna discriminazione, ad una eguale tutela da parte della legge […]”;
  • art. 19 “Ogni individuo ha diritto alla libertà di opinione e di espressione […]”.

Gabriella ci ha guidati alla comprensione dei valori di equità ed uguaglianza, alla valorizzazione della libertà e della diversità di ciascuno. Oggi, come allora, è fondamentale conoscere i propri diritti e i proprio doveri per non calpestare e non essere calpestati.

Ognuno di noi deve auto-educarsi all’etica distinguendo i fatti dalle opinioni. Tutti sono liberi di pensare ma non c’è libertà nel ledere i diritti umani dell’Altro. Sessismo, razzismo, omofobia e qualsiasi altra manifestazione di xenofobia devono rimanere solo opinioni. Pronunciarle ad alta voce o applicarle in maniera indiretta le rende discriminazioni e come tali, reati.

La discriminazione può essere diretta o indiretta; quest’ultima è più sottile e proprio per la sua natura subdola e poco chiara, è anche la più parassitaria. Gabriella ci ha portato l’esempio della divisa delle assistenti di volo di una compagnia aerea che obbligava le dipendenti ad indossare una gonna ad altezza ginocchio. Una scelta irrispettosa nei confronti di Credi, culture e modi di vivere di donne diverse provenienti da diverse parti del mondo, oltre che una palese oggettificazione del corpo femminile.

La discriminazione può essere anche positiva qualora rimuova discriminazioni passate dando temporaneamente un trattamento preferenziale alle categorie sottorappresentate (l’esempio delle quote rosa).

Senza dubbio sono preferibili quelle azioni che Gabriella definisce come “azioni positive”, volte ad accrescere la rappresentatività nella forza lavoro di particolari gruppi sottorappresentati e alla diretta valorizzazione delle diversità.

Tornando all’ambito lavorativo, una politica della diversità deve essere considerata una priorità etica e strategica e deve essere ben assimilata nei progetti organizzativi; le azioni isolate non sono costruttive e non portano alcun tipo di vantaggio.

Gabriella ci ha suggerito alcuni esempi di applicazione di diversity management: il reclutamento di candidati provenienti da un’ampia gamma di background e settori sociali, la scelta di recruiters provenienti da settori e trascorsi il più eterogenei possibili, sistemi di valutazione su base meritocratica.

In conclusione del percorso della mattinata, Gabriella ci ha invitati a riflettere sui nostri pregiudizi e su come i “filtri” scaturiti da essi riescano ad influenzare, anche e soprattutto inconsciamente, le nostre azioni e le nostre relazioni con chi ci circonda.

Un percorso di auto-analisi è il primo mattone per costruire ambienti inclusivi e accoglienti, in tutti i settori della nostra vita.

La seconda parte della giornata è stata dedicata ad approfondire il coaching. Gli incontri con Cristina Pedretti sono sfide e opportunità.

Cristina Pedretti

Opportunità di conoscerci e sfida nel tramutare timori e perplessità in potenzialità.

È complesso mettere nero su bianco tutte le riflessioni personali ed emotive che è in grado di portare a galla, mi limiterò ad una panoramica generale, nel rispetto dell’intimità dei miei compagni di viaggio.

Dopo il primo incontro ci è stato lasciato il compito di ragionare su due scenari: uno con obiettivi a breve termine (6 mesi) e uno a lungo termine, il più dettagliato e ricco possibile.

Cristina ha accompagnato ognuno di noi, come mano nella mano, a riflettere sui propri “vorrei”, sui blocchi, sulla confusione, sulle domande relative al futuro.

Le problematiche che ha riscontrato nell’elaborazione degli scenari sono state la difficoltà ad esprimersi e a mettere “nero su bianco”, l’incapacità di vedersi nel futuro, il timore di sentirsi imprigionati in obiettivi che, nel corso del tempo, potrebbero evolvere e modificarsi.

Cristina ha proseguito poi consigliandoci alcune strategie per sbloccare ed elaborare con più lucidità. È fondamentale evitare i “bivi”, in grado solo di frenarci e abbatterci: “sono bloccata/o”, “vivo alla giornata”, “vorrei assecondare le mie passioni ma ho bisogno di indipendenza economica”. La confusione non esiste, è solo la proiezione di possibilità infinite che richiedono di essere domate. È importante non ostinarsi in un’iperanalisi di ciò che ci circonda e nella pretesa di capire prima di agire: l’essere umano non funziona così! Deve agire, fare, mettersi in azione e imparare da questo. Fermarci al solo pensiero è limitante e non costruttivo.

Come poter sviluppare, allora, i nostri desideri per iniziare a gettare le basi di azioni concrete e finalizzanti?

Cristina propone un percorso a quattro tappe da percorrere, ovviamente, nei propri tempi e con i propri strumenti e attitudini:

  1. Vorrei: la nostra facoltà “desiderante”: ragionare su tutto ciò che ci ispira e ci motiva.
  2. Voglio: questo secondo passaggio richiede l’impegno, l’assunzione di responsabilità e la chiarezza del nostro obiettivo.
  3. Faccio o “la messa in azione”: troviamo il “come”, siamo nella fase realizzativa
  4. Ottengo: check dei risultati, godimento e/o valutazione ed eventuale aggiustamento del nostro percorso realizzativo.

Cristina ci ha poi proposto un’attività a coppie e abbiamo avuto così la possibilità di conoscere meglio uno dei nostri compagni sottoponendo delle domande specifiche sul suo scenario ideale:

  • Ciao, QUANDO ti vedi realizzato nel tuo scenario?
  • DOVE sei?
  • Con CHI?
  • COSA stai facendo?
  • COME ti senti?

È stato importante, come riscontrato da molti, non darsi un limite temporale; in questo modo è stato più semplice esprimere i nostri “progetti di vita ideale”.

L’attività conclusiva dell’incontro è stato un brainstorming dei nostri interessi e desideri, in qualsiasi ambito e di qualsiasi genere. Da questo ripartiremo per la rielaborazione dei nostri scenari.

Il nostro compito sarà quello di redigere una panoramica delle nostre competenze (skills professionali e trasversali), delle risorse personali (attitudini, risorse materiali ed economiche, tempo) e di quelle esterne ( siano esse relazioni personali, economiche o di tipo materiale).

Fatto ciò dovremo ragionare sui blocchi in cui potremmo incorrere nel nostro scenario: tre persone-ostacolo e tre ostacoli/blocchi che potrebbero distogliere o rendere difficile la sua realizzazione e tre potenziali rischi che potrebbero sorgere dalla realizzazione dello scenario; dopotutto il metodo WOOP ci insegna che è bene prevedere gli ostacoli per elaborare migliori strategie di azione.

Ci dovremo poi focalizzare su alcuni aspetti chiave e mettere per iscritto tre cose specifiche la cui realizzazione potrebbe, molto più di qualsiasi altro dettaglio, farci sentire nel modo che desideriamo ,tre risorse chiave (materiali, emotive o pratiche) e tre persone-chiave che potrebbero aiutarci a concretizzarlo.

SABATO 27 MARZO – LINKEDIN E WORDPRESS

Sabato 27 Marzo, Alessio Sperlinga, ha ripreso il discorso trattato il giorno precedente facendoci soffermare su dettagli non ancora analizzati.

Alessio Sperlinga

Il focus si è posto sulla funzionalità di LinkedIn, che ha come obiettivo lo sviluppo di contatti professionali e la conciliazione tra chi domanda e chi offre lavoro. Spesso chi si interessa di una persona su LinkedIn, tende a verificarne la credibilità attraverso altri social network come Facebook o Instagram ed è dunque importante avere una grande consapevolezza delle informazioni che postiamo in quanto influenzano molto la nostra impressione agli occhi di terzi.

Per risultare più efficaci è importante dare, nel proprio profilo, delle risposte a domande ben precise riportate nel “PersoalBrandingCanvas” come ad esempio: “perché proprio tu?”, “perché sei credibile?”, “cosa dai in più degli altri?”. Queste risposte faranno la differenza tra te ed un’altra persona qualsiasi.

Successivamente è stato trattato un argomento che Alessio ritiene, giustamente, fondamentale tra le nostre conoscenze; ovvero WordPress.

WordPress è una piattaforma digitale utilizzata per la creazione di siti internet. Attualmente è il CMS( content managment system) più utilizzato al mondo. Il 15% dei siti al mondo utilizza WordPress e alcuni esempi noti sono quelli di: Casa Bianca, Disney, Sony Music, The New York Times e moltissimi altri.

Ogni sito internet possiede un “front end”, ovvero la parte visibile a tutti, e un” back end” , costituita da data base . WordPress lavora nel “back end”.

Dopo averci fornito le credenziali, Alessio, ci ha mostrato la funzionalità di questo potentissimo strumento e, attraverso semplici passaggi, siamo riusciti a scrivere su un sito internet un breve articolo riguardante Lecco100 seguendo un tema predefinito. In aggiunta è stato visto come sia possibile modificare un contenuto postato o aggiungerne caratteristiche come i tag.

Finalmente possiamo dire di aver scritto un articolo su un sito internet! Grazie Alessio!

Luca Panzeri

SABATO 20 MARZO : LA BLOCKCHAIN E LE SUE APPLICAZIONI

Sabato 20 marzo, la tematica sviluppata da Alessio Sperlinga, ha riguardato la Blockchain e le sue applicazioni.

Alessio Sperlinga

Nelle società complesse il concetto di valore può avere diversi significati. Se ci riferiamo alla virtù, potremmo definirlo come l’insieme degli elementi e delle qualità morali e intellettuali che sono generalmente considerati il fondamento positivo della vita umana e della società.
Invece, se ci riferiamo a un bene materiale questo può essere inteso come una caratteristica che indica il suo rapporto quantitativo di scambio con altri beni o con moneta o l’utilità che esso rappresenta per chi lo possiede.
Queste due definizioni possono essere utilizzate anche nel mondo digital, attraverso Internet del Valore, ovvero quei sistemi che rendono possibile scambiarsi valore su Internet con la stessa semplicità con cui oggi vengono scambiate le informazioni.
L’Internet of Value è definita come una rete digitale di nodi che si trasferiscono valore, attraverso un sistema di algoritmi e regole crittografiche che permette di raggiungere il consenso sulle modifiche da apportare a un registro distribuito, che tiene traccia dei trasferimenti di risorse digitali univoce (blockchain).
Questa tecnologia si basa sulla crittografia, cioè una scrittura convenzionale segreta, decifrabile solo da chi è in possesso della chiave di decriptazione. Grazie a ciò l’informazione acquisisce maggior sicurezza nella trasmissione dei dati.
In sintesi, la crittografia permette di creare una firma digitale, che garantisce l’identità dell’autore del dato, e impronte digitali che garantiscono l’integrità del contenuto dell’informazioni.
L’unione della crittografia e dell’internet del valore ha permesso di gettare le basi per una nuova infrastruttura della gestione dei dati: la blockchain.
La blockchain (letteralmente “catena di blocchi”) è una tecnologia che cambierà il modo in cui gestiamo l’archiviazione e la distribuzione di dati ed informazioni in rete proteggendoli da pericolosi tentativi di attacco. In ogni blocco sono stipate delle informazioni che dipendono dal tipo di catena che si sta utilizzando.
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La blockchain sfrutta le caratteristiche di una rete informatica di nodi e consente di gestire e aggiornare, in modo univoco e sicuro, un registro pubblico contenente dati e informazioni in maniera condivisa e distribuita senza la necessità di un’entità centrale di controllo e verifica.
Le tecnologie “catene di blocchi” sono incluse nella più ampia famiglia delle tecnologie di Distributed Ledger (reti paritetiche distribuite), ossia sistemi che si basano su un registro distribuito, che può essere letto e modificato da più nodi di una rete, grazie alla collaborazione di più dispositivi operanti contemporaneamente da punti diversi.
La protezione delle informazioni è garantita utilizzando diversi livelli di sicurezza. Tutto inizia con i blocchi: ognuno di essi viene firmato digitalmente con una chiave identificativa univoca (crittografia basata su funzioni hash), una sorta di impronta digitale che a sua volta influenza quelli successivi. Infatti, ogni volta che si genera un nuovo blocco a esso viene associato parte del codice che identifica quello precedente. Cambiare le informazioni all’interno di un blocco cambierà anche la sua impronta digitale e, di conseguenza, quella dei successivi.
Chi vuole alterare la catena non può cambiarne solo uno deve modificare tutti quelli successivi, altrimenti la catena non può essere reputata valida. Questo perché la blockchain è un sistema decentralizzato e distribuito, che non ha bisogno di un server centrale su cui archiviare i dati. Tutti i partecipanti hanno nel loro dispositivo, detto nodo, una copia della catena e all’ingresso di una nuova informazione i nodi si aggiornano contemporaneamente. Questo garantisce un controllo costante e anonimo della veridicità delle informazioni contenute secondo la regola del consenso, che può essere di diversi tipi.
Ad esempio, il Proof of Work dove solo quei nodi che riescono a risolvere un problema crittografico complesso possono aggiornare la catena con nuovi blocchi. Chi ci riesce per primo può aggiornare. E quando il nuovo blocco riceve l’ok dalla maggioranza dei nodi esso viene aggiunto alla catena e si può passare alla generazione di quello successivo.
Perché qualcuno possa attaccare la rete, è necessario possedere più del 50% della potenza computazionale dell’intera rete. Quindi, alterare in modo fraudolento una blockchain è inutilmente dispendioso sia in termini di tempo, che denaro, motivo che la rende uno dei sistemi più sicuri con cui memorizzare dati e informazioni.
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Tutto ciò che è possibile trasformare in dati può vivere sulla blockchain: atti notarili (smart contact), documenti catastali, referti medici, contratti, documenti assicurativi, tasse, pagamenti online e la nostra stessa identità digitale.
Nell’agroalimentare permette di tracciare ogni singolo passaggio del prodotto fino al consumatore finale, per garantire la loro provenienza, oltre a dimostrare la trasparenza della filiera produttiva.
Nel caso sanitario una cartella clinica può essere condivisa con qualunque medico ovunque nel mondo. I medicinali possono essere tracciati e validati in ogni passaggio della distribuzione evitando le contraffazioni.
Anche il Made in Italy può giovare da un sistema come la blockchain, certificando il valore della produzione sul territorio italiano e aiutando la lotta alle contraffazioni che, dobbiamo ricordare, ogni anno l’ammontare del giro d’affari perso è di circa 5,2 miliardi di euro (https://www.ilsole24ore.com/art/allarme-contraffazione-i-falsi-made-italy-giro-d-affari-52-miliardi-ADIknCx).
Secondo diversi economisti e ricercatori la vera rivoluzione della blockchain si svolgerà all’interno della macchina statale. Una graduale adozione della tecnologia potrebbe aiutare a potenziare e in alcuni casi sostituire determinati servizi pubblici che vengono offerti al cittadino semplificando il suo rapporto con la burocrazia.
Una delle più importanti e famose applicazioni della blockchain sono le criptovalute, in cui viene dedicata alla gestione delle transazioni monetarie. Ad esempio, quella per i Bitcoin è composta da blocchi che archiviano le informazioni relative a chi trasferisce il denaro, chi lo riceve e l’ammontare dello scambio. Come un libro mastro digitale. Il tutto aumentando le velocità delle transazioni ed eliminando i costi di transazione.
Ma che cosa sono e come funzionano i Bitcoin?
Il Bitcoin è una criptovaluta creata nel 2008 da un personaggio noto con lo pseudonimo di Satoshi Nakamoto ed è una moneta di scambio proprio come l’euro e il dollaro, che non esiste però in forma fisica di monete e banconote, ma solamente in forma digitale, ovvero come scambio di dati tra computer.
Le monete tradizionali vengono emesse e controllate dai governi o dalle banche centrali, l’euro ad esempio viene emesso dalla BCE, mentre il dollaro viene stampato dalla Federal Reserve Bank.
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I bitcoin invece, vengono generati grazie ad un algoritmo che li crea e gestisce gli scambi di questa valuta senza bisogno di intermediari istituzionali come banche e governi.
Questo rende una criptovaluta, come i bitcoin, totalmente decentralizzata ed è questa la vera forza innovativa. Inoltre, utilizzano come infrastruttura di scambio la blockchain, che, come abbiamo visto precedentemente, è decentralizzata, sicura, criptata e condivisa da tutti i suoi utenti. La catena di blocchi registra un archivio digitale con all’interno tutte le transazioni completate di bitcoin a partire dal 3 gennaio 2009.
L’archivio di bitcoin è totalmente trasparente ed è possibile per chiunque lo desideri controllare quali transazioni siano avvenute in quale momento. Per questo motivo le transazioni in bitcoin sono dette pseudo anonime, sono cioè visibili da tutti, ma non possono essere collegate a persone fisiche poiché il collegamento è diretto ai loro portafogli virtuali.
Per validare una transazione in bitcoin è necessario che questa sia riconosciuta come corretta dalla maggioranza della rete, questo avviene attraverso un complesso sistema di controllo dei registri della blockchain che vengono aggiornati ogni volta che qualcuno invia o riceve bitcoin.
Questo processo di verifica delle transazioni richiede una enorme mole di calcoli estremamente complessi, che richiedono a loro volta una potenza di calcolo gigantesca e i costi energetici molto alti. Ciò viene superato grazie all’aiuto di alcuni utenti chiamati Miners, ovvero minatori, che volontariamente attraverso l’installazione di un apposito software mettono a disposizione della blockchain la potenza di calcolo dei loro dispositivi, per verificare tramite operazioni matematiche la correttezza di grossi gruppi di transazioni.
I Miners vengono ricompensati dal sistema per ogni blocco di transazioni che viene validato, infatti l’algoritmo genera nuovi bitcoin con i quali premia i Miners che hanno lavorato per la rete.
Questo è anche il modo attraverso cui il sistema immette nuova moneta sul mercato, ma è doveroso ricordare che i bitcoin hanno un limite di 21 milioni di unità. Si stima che, questo termine sarà raggiunto entro il 2040, al contrario dell’ipotesi iniziale stimata al 2100.
Il tasso di cambio è stabilito solo e soltanto dal mercato: domanda e offerta. Nei suoi primi anni di vita un bitcoin valeva solo qualche centesimo di euro; oggi invece, a causa del boom di richieste nel corso degli ultimi anni e nella recente pandemia COVID-19, il suo valore è arrivato a superare i 50 mila euro, ma anche a scendere bruscamente guadagnandosi la cattiva reputazione di moneta instabile. Oggi il suo valore si aggira intorno ai 42 mila euro.
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Un’altra nuova tecnologia che si basa sulla blockchain sono gli NFT, acronimo di “non fungibile token”. È un tipo di token crittografico su Blockchain che rappresenta una risorsa unica, al fine di connettere univocamente elementi digitali a prodotti digitali o fisici.
Ciò che distingue gli NFT è proprio la loro non fungibilità, ossia la non intercambiabilità data da un codice unico non replicabile.
Nel caso di due beni fungibili uguali si può dire che non c’è differenza tra i due, dato che possono essere riprodotti e scambiati senza garanzia di autenticità. Al contrario, un’opera digitale in NFT, grazie alla blockchain, è digitalmente firmata dall’artista che l’ha realizzata, cosa che la rende diversa dalle altre apparentemente uguali in circolazione, così come un quadro autentico e firmato è diverso da una sua copia.
Quindi, nel caso di una GIF, un video o un’immagine digitale venduti per centinaia di migliaia di dollari, la blockchain può servire ad accertare e conservare le informazioni grazie alle quali si possono dire due cose: che quell’opera è “l’originale” e che è possibile dimostrare la sua paternità e proprietà.
Il potenziale della blockchain è enorme in molti settori, nonostante sia ancora necessario del tempo perché lo possa esprimere del tutto. Ma il digitale viaggia veloce e non è detto che il futuro della distribuzione e condivisione di informazioni non sia già alle porte.
Pietro Spreafico

VENERDì 26 MARZO – GESTIONE DEL TEMPO – LINKEDIN

Il tema trattato durante la mattinata di venerdì 26 Marzo, riguarda la gestione del tempo . Alessio Sperlinga ci ha introdotto l’argomento facendoci focalizzare sull’importanza di esso, infatti, il tempo è una risorsa preziosa e possiede delle caratteristiche che lo rendono unico, non scambiabile e soprattutto non rivivibile. E’ importante dunque utilizzare e gestire il proprio tempo al meglio e , per fare ciò, Alessio ci ha illustrato alcune tecniche.

Alessio Sperlinga

Per poter ottimizzare il proprio tempo è necessario agire attraverso metodi che ne permettono la gestione; uno di questi è il diagramma di Eisenhower , la quale struttura, ci permette di posizionare i nostri impegni in base a due principi:  urgenza e  importanza . La tabella formata ci aiuta a decidere come utilizzare il nostro tempo e come muoverci. In particolare possiamo distinguere 4 casi:

  • Impegni urgenti e importanti: denominato “critico”, da fare il prima possibile
  • Impegni urgenti e non importanti: denominato “inganno” , non essendo importante l’ideale sarebbe delegare l’impegno ad altre persone e concedere il nostro tempo ad altro
  • Impegni non urgente e  importanti:  sono basati sulla qualità. L’obbiettivo è di aver il maggior numero di impegni in questa casistica in modo da “far le cose fatte bene” e sentirci appagati.
  • Impegni non urgente e non importanti:  evitarli o addirittura non svolgerli.

In questo modo è possibile decidere cosa svolgere per prima e come gestire i vari impegni. Successivamente al diagramma, Alessio, ha posto l’attenzione sulla caratteristica degli impegni e di come essi ci portano ad uno stato d’animo differente a seconda della loro natura e delle nostre competenze; portandoci a stati di noia, apatia ,ansia e flow. Il flow assume il significato letterale di “flusso” ed è un concetto difficile da spiegare a parole in quanto è una sensazione estremamente rara nella quale si perde il controllo delle proprie azioni e si svolge l’impegno (che deve essere stimolante) in maniera del tutto automatica senza quasi farci caso. Lo stato di flow crea assuefazione e dipendenza e si raggiunge solamente se si ha una elevata preparazione.

Dopo aver dunque analizzato metodi di ottimizzazione del tempo abbiamo analizzato le cause che ne causano la perdita, come: il disordine (scrivania, mail, documenti…), memorizzare tutto, mancanza di organizzazione( compiere cose già fatte o non di tua competenza)  , poche ore di sonno ( causano distrazione e nervosismo), interruzioni (telefono o persone), procrastinazione ( fare le cose all’ultimo minuto richiedono sempre più tempo) e riunioni ( gestite male senza orari di chiusura).

Dunque, le cause che ci portano a perdere tempo sono parecchie e tutte risolvibili grazie ad una più accurata gestione delle risorse o attraverso degli strumenti adatti .  L’agenda, per esempio, ci permette di delegare energia che utilizzeremmo nel ricordare le cose e concedercene di più alla loro realizzazione ; togliere le notifiche al telefono può ridurre il nostro grado di distrazione e l’utilizzo delle modalità viva voce durante le chiamate ci dà la possibilità di svolgere altre azioni, importante ricordare che le chiamate devono essere corte, svolte in orari strategici ( prima di pranzo o di cena)  e focalizzate già dall’inizio della conversazione sui punti da trattare.

Ma è possibile recuperare, almeno in parte, il tempo? la risposta è sì, utilizzando i “tempi morti” come i viaggi o riducendo le cattivi abitudini. Durante i viaggi si può recuperare del tempo dedicandoci alla lettura, allo studio, all’ascolto di audio libri, informandoci o anche solo ascoltando noi stessi e riflettendo. Le cattive abitudini sono vizi che dovremmo ridurre al minimo (come la pausa sigaretta o la televisione) e convertire questo tempo in abitudini più utili.

Il pomeriggio è stato caratterizzato dagli interventi di Chiara Gianola e Lorena Botti riguardanti il social network LinkedIn. Chiara, che lavora in Linkedin, ha introdotto il discorso raccontandoci le potenzialità di questo social.

LinkedIn è un servizio web di rete sociale impiegato principalmente nello sviluppo di contatti professionali tramite pubblicazione e diffusione del proprio curriculum vitae e nella diffusione di contenuti specifici relativi al mercato del lavoro, dunque, a differenza degli altri socialnetwork, LinkedIn, è una piattaforma nella quale il tempo viene investito e non sprecato.

Ciò che contraddistingue LinkedIn è l’affidabilità delle notizie e delle informazioni, le quali vengono controllate ed eliminate in caso di fakenews con relativa perdita di credibilità. I “controllori” di queste notizie siamo noi stessi, in quanto , conoscendo la persona in questione, possiamo verificarne la veridicità delle informazioni . Negli ultimi anni LinkedIn sta prendendo sempre più piede e circa il 95% delle aziende aziendali ne fa parte.

Dopo aver ceduto la parola a Lorena, esperta della comunicazione del Techno Trade Group, l’attenzione si è spostata su dei passaggi fondamentali da eseguire per aver dunque un buon profilo LinkedIn in modo tale da sfruttarlo al meglio:

  • Foto profilo :  la foto profilo è importantissima ed è il miglior biglietto da visita. Deve esserci per forza ( senza di essa il profilo potrebbe sembrare inutilizzato) e deve essere professionale.
  • Sommario : subito sotto la foto profilo bisogna scrivere (in max 100 parole) una breve descrizione della nostra persona cercando di utilizzare parole chiave in modo da essere trovati più velocemente
  • Esperienze: all’interno del profilo bisogna riportare tutte le esperienze acquisite di natura: educativa, lavorativa, volontarie, stage effettuati, progetti e quali lingue si conoscono. Meglio se in aggiunta vengono riportate anche delle foto/video.
  • Feedback: richiedendo ad altre persone cosa pensano di voi e pubblicarlo. La testimoniante di terzi renderà il profilo molto più credibile ed affidabile
  • Riepilogo: alla fine del profilo vi è uno spazio nel quel posso aggiungere tutto ciò che non ho potuto mettere nei punti sopra elencati, magari di minor spessore, ma che comunque serve per completare il profilo e dare una miglior impressione alla persona che lo sta leggendo.

La personalità di Lorena non è passata inosservata ed è riuscita (nonostante fosse la sua prima lezione ad un master) a farci appassionare a questo socialNetwork in maniera molto semplice e spontanea.

Luca Panzeri

Lezione del 19 Marzo : La comunicazione interpersonale – Testimonianze imprenditoriali.

Il primo professionista della giornata con cui abbiamo avuto modo di confrontarci è Gabriella Vigo, consulente aziendale, esperta di comunicazione interpersonale, coach e trainer.

Durante la prima attività svolta con Gabriella, ci siamo avvicinati alla neuroscienza in modo più approfondito, ha esposto le visioni di alcuni scienziati, come Paul Mc Laine e Roger Sperry.

Lo statunitense Paul Donald MacLaine – riconosce tre parti specifiche del cervello:

il neopallium è il cervello superiore, più esterno, si occupa delle funzioni cognitive e della parte razionale;

l’ archipallium considerato il cervello primitivo è adibito alle funzioni vitali;

il paleopallium chiamato anche cervello intermedio si occupa della parte comportamentale e comunicativa.

Queste tre aree sono quelle che esprimono il nostro modo di pensare, agire e comunicare.

Roger Sperry, invece suddivide il cervello in due emisferi:

L’emisfero destro esprime apertura mentale, ha la capacità di essere sintetico e creativo, ha una visione globale ed è caratterizzato dal principio del “piacere”. Una delle sue caratteristiche è di riuscire a  fare più cose nello stesso momento.

L’emisfero sinistro invece si caratterizza dalla consapevolezza, infatti troviamo qualità come l’attenzione per i dettagli, l’essere realista, quindi fare scelte focalizzate sul passato e dati certi. E’ determinato dal gusto del dettaglio, piuttosto che dall’ insieme.

Sono stati aggiunti altri due filtri per determinare lo stile comunicativo degli individui: Corticale e Limbico.

La parte corticale si definisce con le parole Astratto, teorico e autonomo.

Essa si manifesta non sentendo la pressione, considera gli altri per quello che fanno, ma sa anche riflettere.

La limbica invece è ben rappresentata dalle parole; affetti, coinvolgimento e praticità.

Traduce momenti di confronto con emozioni, infatti è sensibile all’ opinione e da molta importanza al gruppo, considera soprattutto l’ambiente e le circostanze.

La mattinata con Gabriella ci ha dato la possibilità di conoscere meglio noi stessi, scoprire la comunicazione interpersonale, in modo da comunicare più efficacemente con l’interlocutore. Ci è stata proposta un attività; dopo la compilazione di un questionario, ognuno dei partecipanti ha avuto modo di riconoscere 4 tipologie di identikit neurologico e grazie alla parte teorica prima affrontata, abbiamo capito che le cosiddette “ porte d’entrata” si influenzano l’una con l’altra nei processi comunicativi e sono in grado di farci riconoscere quali sono i flussi ed i comportamenti che definiscono il nostro modo di comunicare.

Percepire noi stessi in un contesto comunicativo, è un ottimo allenamento per il migliorare le proprie skills.

Possiamo trovarli e riconoscerli come:

Corticale destro: aperto alla novità, scopritore ed innovatore. 

Si mette in discussione e ama uscire dagli schemi.

Sogna, specula e costruisce ipotesi.

Corticale sinistro: Analitico, razionale e specializzato.

ama l’efficienza ed i risultati, soprattutto nell’aspetto economico. Analizza e ragiona con logica.

Limbico destro: Sensibile, orientato ai rapporti umani.

è empatico, infatti avverte l’atmosfera e le tensioni, cercando l’armonia e lo scambio nei rapporti individuali e di gruppo.

Limbico sinistro: Organizzato, prudente e concreto.

Organizza e svolge tutto il programma, agisce con cautela ed è affidabile.

Nel pomeriggio, abbiamo avuto le testimonianze di imprenditori del territorio.

Il primo incontrato è Andrea Beri, imprenditore nel settore metalmeccanico, titolare della  ITA S.p.a.  di Calolziocorte.

Andrea Beri

Inizia la sua formazione all’istituto Bovara di lecco, come geometra, poi svolge la leva obbligatoria nell’ aeronautica militare. Deve così affrontare una scelta: proseguire la carriera militare o entrare nell’azienda di famiglia. 

La scelta si concretizza nell’attività di impresa, ed il suo obiettivo diventa quello di conoscere e imparare lo svolgimento di tutte le attività dell’impresa. Decide di partire dalla linea di produzione ponendosi in diretto contatto con il personale ed i  macchinari. Qui ci è impartita una lezione fondamentale da Beri; la vicinanza tra il futuro CEO dell’impresa e l’organico dell’ azienda è fondamentale per conoscere i metodi operativi e le persone che di fatto compongono l’attività. Ciò per garantire anche nel futuro una solida gestione del processo e dare spazio a miglioramenti degli impianti di produzione.

Con oltre trent’anni di esperienza, Beri ha potuto ricoprire ruoli importanti anche nelle associazioni di categoria, prima come consigliere e poi come presidente dell’API, (associazione piccole e medie imprese). Riguardo l’importanza di queste cariche, Beri ci ha spiegato che l’impegno , non deve riguardare solo lo sviluppo della propria azienda. Ritiene infatti anche fondamentale lo sviluppo dei suoi competitors diretti, affinché  il mercato possa essere equilibrato ed in espansione.

Tra i  concetti analizzati, uno in particolare ci ha fatto pensare:

La gestione del proprio tempo, con un esempio semplice, abbiamo capito che le risorse a nostra disposizione pur multiple che siano, si rivelano limitate; è importante avere chiari i momenti in cui staccare il cervello dall’attività lavorativa, saper affrontare impegni ed i propri doveri. Beri ritiene una priorità ritagliare il giusto tempo alle persone a noi più vicine; ponendo la famiglia al primo posto.

Un altro punto toccato, parla dello stato di comfort, si manifesta con la “serenità” dei dipendenti e la tranquillità dei clienti, il tutto coeso da una gestione ottimale dell’azienda, facendo coincidere i bisogni produttivi con quelli delle persone che collaborano. 

D’ impatto può sembrare un fattore positivo dal quale trarre vantaggi, ma non deve essere sottovalutato, infatti  è emerso che nel momento in cui si è raggiunto l’equilibrio, considerando la gestione interna, piuttosto che il rapporto con gli stakeholder, è fondamentale non abbassare la guardia, gli imprevisti arrivano sempre nei momenti meno aspettati, essere pronti a reagire è una priorità. 

Ciò che è importante, è quindi gestire l’azienda affinché ci si trovi nella zona di comfort, ma operare in modo dinamico, nel caso si debbano scongiurare degli imprevisti.

L’ultimo concetto espresso, ma non per importanza è la sincerità. Questa garantisce sicurezza. Sempre utilizzando pratici esempi, Beri ci ha dimostrato come la trasparenza  in ambito professionale, si sia rivelata una skill nel lungo termine, così la  fedeltà degli stakeholder è messa sotto uno dei riflettori principali.

Il secondo ospite è sig. Giovanni Dell’era è il titolare della “ Dell’era Giuseppe S.r.l.” Un’azienda con alle spalle 170 anni  di esperienza nel settore metalmeccanico.

L’azienda nacque nel 1850, quando il Sig. Giuseppe Dell’era, utilizzò la forza delle acque del torrente Gerenzone per dare vita ad una piccola industria di trafileria di metalli.

Con il tempo l’azienda è stata in grado affermarsi e posizionarsi in modo importante nel mercato. La produzione viene concentrata principalmente sulla cancelleria metallica: puntine, fermagli, spilli. Il prodotto che rappresenta al meglio questa realtà sono  i fermagli dell’ l’iconico marchio “Leone”, che da sempre sono presenti sulle scrivanie di tutta Italia.

Nel tempo,   gli sviluppi della tecnologia, hanno portato ad un riposizionamento in Brianza degli impianti produttivi.

Passano gli anni, e il “disagio del passaggio generazionale” non colpisce questa realtà. La dimostrazione è come la passione e la dedizione da parte dei diversi nuclei famigliari non abbia portato alla cessazione dell’attività, ma bensì ad un solido sviluppo, anche duraturo nel tempo.

Dell’era pone l’esperienza umana al primo posto, ribadendo l’importanza del contatto diretto con il personale dell’azienda. 

Inoltre esalta la cultura. Ci ha consigliato di non limitarci nella specializzazione di un determinato settore, ma di essere aperti ad una cultura eterogenea ed ampliarla per quanto sia possibile.

È evidente che la visione più aperta di un collaboratore sia più efficace di una specifica e limitata.

L’ultimo ospite della giornata è Michele Motta. Volontario della protezione Civile.

Nel  2009, Michele inizia il suo servizio come volontario nella protezione civile di Valgreghentino. Il percorso iniziato 12 anni fa, lo ha portato oggi ad essere vicepresidente del gruppo di Merate. Il suo contributo nell’associazione lo ha portato ad essere presente in diverse occasioni, tra cui il terremoto dell’Aquila nel 2009.

L’intervento è iniziato con qualche nozione storica sul quando è nata la Protezione Civile e perché:

Alluvione di Firenze del 1966, in seguito alle necessità dovute alla catastrofe in molti si sentono in dovere di essere vicini alle popolazioni colpite; nascono gli Angeli del fango.

Successivamente, l’Italia è colpita da altre catastrofi, come i terremoti del 1976 in Friuli del 1980 in Irpinia. Nel 1982 in seguito ad una gestione poco funzionale delle catastrofi degli anni passati viene nominato Giuseppe Zamberletti come ministro per il coordinamento delle forze impegnate nella gestione delle catastrofi.

Qui Zamberletti vuole sottolineare che la gestione del capitale statale e il coordinamento delle risorse, sono azioni da svolgere con molta cautela; qui nasce l’Associazione della Protezione Civile.

Parte del lavoro di Michele è concentrato sulla preparazione; intesa come attività formativa, di simulazione e di coordinamento tra tutte le parti coinvolte.

La Protezione Civile voluta da Zamberletti costituisce un pilastro emergenziale sul quale l’Italia può fare sicuro affidamento.

Michele Monticciolo






SABATO 13 MARZO : LA FORMAZIONE DI GENERE

Alessio Sperlinga ha affrontato il tema della formazione di genere.

Alessio Sperlinga

Schopenhauer ritiene che gli uomini cercano di vivere in una società che sia il meno belligerante possibile: secondo il filosofo l’uomo non agisce per principi personali e valori, ma per la realizzazione dei propri desideri e impulsi.

Fin dall’inizio dei tempi, infatti, la vera macchina è la forza della natura, della specie: gli esseri umani sono corrotti dal desiderio sessuale e di conseguenza generano non per se stessi ma per la specie.

La specie non determina solo il genere, ma anche le convinzioni e le credenze.

La natura non fa nulla per caso, ci ha dotato di 2 generi, uomo e donna, entrambi specializzati in cose differenti: nell’antichità l’uomo, ad esempio, andava a caccia e la donna era responsabile del villaggio e dei bambini e anziani.

Le pulsioni rispondono a stimoli innati che la natura ci dà e noi inventiamo leggi e imponiamo una morale per dare un senso a questi comportamenti.

Se spostiamo l’attenzione sul mondo del lavoro è facile rendersi conto come ci siano ancora poche donne a ricoprire posizioni di comando e direzione.

Come possiamo ovviare a questo problema? Potrebbe tornare utile alla donna assumere il comportamento cosiddetto “dell’appianatore”, ovvero avere un portamento maschile, sguardo dritto, mani allineate ai fianchi e utilizzare un linguaggio molto diretto in modo da eludere ogni fraintendimento possibile.

Anche l’abbigliamento potrebbe giocare un ruolo decisivo nel modo in cui gli uomini vedono una donna.

Non fraintendiamo: la donna non deve snaturarsi, ma deve fare di tutto per raggiungere l’obiettivo, trovare il modo di combattere.

L’incontro prosegue poi con un’illustrazione delle varie differenze tra uomini e donne, sia a livello psicologico che comportamentale.

Gli uomini, per esempio, in un momento di difficoltà preferiscono chiudersi in se stessi e rilassarsi evadendo. Le donne, invece tendono ad aprirsi, parlare e cercare un confronto.

Le donne sono viste come delle onde, quando l’onda sale donano amore e quando ritorna, misurano il risultato di tutto l’amore che hanno donato. Gli uomini invece sono come degli elastici, quando sono esauriti hanno bisogno di allontanarsi per ritrovarsi.

L’uomo è alla ricerca di indipendenza e autonomia, la donna ha bisogno invece di sicurezza.

Secondo John Gray, autore de “Gli uomini vengono da Marte e le donne da Venere”, le donne hanno bisogno di rispetto, comprensione, rassicurazione ed esprimono i sentimenti con il volto.

Gli uomini invece hanno bisogno di fiducia, ammirazione e incoraggiamento ed esprimono i sentimenti con il corpo.

Alessio ci ha, poi, mostrato un video “Tales of two brains” dal quale è emerso che la mente degli uomini è composta da piccole scatole, una per ogni argomento e tutte sconnesse tra di loro: esiste anche una scatola del niente ed è la loro scatola preferita.

La mente delle donne, invece, è una matassa di fili interconnessi: ogni cosa è connessa ad ogni altra. Tutto è mosso dalle emozioni, e per questo le donne ricordano tutto.

Donne e uomini hanno anche priorità differenti. Per una donna le piccole cose sono importanti quanto quelle grandi, e sono appagate quando gli uomini ci fanno attenzione.

Gli uomini, dall’altro lato, ricercano l’apprezzamento da parte di una donna, il fatto che venga riconosciuto il proprio valore, la propria indipendenza e autonomia.

Per ultimo abbiamo affrontato l’argomento delle nuove tecnologie. Cosa fa la tecnologia per invadere il concetto di genere? Nel nord Europa, per esempio, in particolare in Danimarca, è possibile oggi ricorrere alla fecondazione artificiale e predeterminare le caratteristiche fisiche del feto. Su questo argomento si è aperto un dibattito e un confronto molto acceso ed interessante.

In conclusione, nonostante le differenze innate che esistono tra i due sessi, è proprio la diversità il valore che porta al cambiamento e al miglioramento in ogni ambito e per questo è importante rispettare e valorizzare ogni persona.

Rebecca Delazzari

VENERDì 12 MARZO – INTELLIGENZA ARTIFICIALE – GLI IMPRENDITORI SI RACCONTANO

Venerdì mattina Alessio Sperlinga ha tenuto una lezione su computer, algoritmi e intelligenza artificiale.

Alessio Sperlinga

Il computer è una macchina universale, e il loro utilizzo si sta sempre più affermando nel mondo del lavoro.

Una macchina è un qualsiasi manufatto costituito da almeno due parti di cui almeno una si muova. Anche nell’essere umano esiste un meccanismo di movimento e di trasmissione delle informazioni: in particolare i neuroni sono cellule specializzate proprio per ricevere determinati dati e trasmetterli ad altri neuroni, formando, così, una rete neurale. Come esseri umani possiamo, però, sbagliare. La macchina, invece, non sbaglia mai: si limita ad eseguire dei comandi che noi umani le diamo, si può rompere ma non si ferma ed, inoltre, non ha bisogni simili ai nostri (riposare, mangiare..).

Ma come si comanda una macchina? In termine tecnico si dice programmare e la programmazione avviene attraverso algoritmi, sequenze di comandi interpretabili in modo univoco, che si concludono sempre e in un tempo limitato. Per il funzionamento degli algoritmi è necessaria e fondamentale la logica che dipende, secondo Aristotele, dal modo in cui esprimiamo un significato. È importante, dunque, il modo in cui noi esprimiamo un comando, perché il computer non è in grado di comprendere il linguaggio umano nella sua complessità, per esempio non comprende le figure retoriche quali la metafora o la metonimia.

Abbiamo introdotto, poi, il tema dell’intelligenza artificiale (IA): ogni aspetto dell’apprendimento o qualsiasi altra caratteristica dell’intelligenza può, di principio, essere così precisamente descritta che una macchina è in grado di simularla.

John von Neumann, matematico, fisico e informatico degli inizi del 1900, afferma che se l’informatica diventa talmente capace da poter superare la ratio umana, l’intelligenza umana non ha più senso di esistere, diventa inutile. Ad oggi possiamo già parlare di deep learning, ovvero di capacità delle macchina di apprendere e autoapprendere, ottimizzando le reti d’apprendimento come delle reti neurali.

Alessio ci ha fatto fare un gioco a gruppi per comprendere meglio il concetto di rete neutrale e la potenzialità dell’intelligenza artificiale. Il gioco consisteva in un’asta al ribasso per comprare un camper da 10000€: ci siamo divisi in tre famiglie, ognuna delle quali doveva offrire una somma di denaro cercando di arrivare ad un totale comune il più vicino possibile all’obiettivo stabilito di 10000€. Le offerte erano private, dunque nessun gruppo sapeva quanto offrissero, di volta in volta, gli altri due gruppi. Durante il gioco è stato necessario fare almeno 3 round per ridurre sempre di più l’errore, definito come differenza tra obiettivo e risultato. Noi ci abbiamo messo circa 20 minuti per “risolvere” il quesito, mentre un computer riesce a risolvere lo stesso problema in una frazione di secondo. Oltre all’importanza nello sviluppo nell’ambito industriale, AI ha anche delle potenzialità in campo medico, per questo è giusto riconoscere la sua importanza nel mondo e riuscire a convincere con la sua utilità per alleggerirci la vita.

Durante l’incontro del pomeriggio, abbiamo potuto fare la conoscenza di Luciano Gualzetti.

Luciano Gualzetti

Gualzetti frequenta l’ambiente dell’oratorio fino a diventare un educatore e, sentendosi particolarmente affine a quel mondo, prova a capire dove può portare questa sua sensibilità per l’educazione e viverla in una prospettiva più adulta.Da sempre si sente molto attratto dalla dimensione di servizio agli altri, agli ultimi e, per questo, intraprende anche gli studi da assistente sociale. Entra a far parte della Caritas, diventando prima responsabile decanale, poi responsabile di zona, fino a diventare il primo laico direttore della Caritas Ambrosiana. Tra le sue missioni c’è anche la Fondazione San Carlo, che si preoccupa, in particolare, di trovare delle case per le fasce deboli. L’obiettivo di questa fondazione, ma anche della Caritas, è quella di mettere queste persone nelle condizioni di costruire il loro futuro: bisogna fornire loro delle possibilità, delle opportunità che, poi, devono essere colte. Non bisogna camminare per loro, ma bisogna aiutarli ad imparare a camminare con le loro gambe. Gualzetti si rende conto che molte persone che si rivolgevano alla Caritas correvano, in concreto, il rischio di indebitarsi e di cadere nella trappola dell’usura. Ecco il motivo che sta alla base della nascita della Fondazione San Bernardino, una fondazione, appunto, antiusura che sostiene e aiuta le persone che si trovano in queste situazioni.

Gualzetti sottolinea più volte l’importanza di comprendere le cause che stanno alla base di certe situazioni: quando hai davanti un povero, una vittima, una persona in difficoltà, devi soccorrerla, aiutarla ma devi anche immediatamente cercare di capire le cause che l’hanno portata ad arrivare a quella situazione. Facendoti questa domanda capisci la traiettoria che lo ha fatto arrivare lì e capisci anche quale traiettoria prendere per riportarlo alla situazione di partenza.  
Bisogna rimuovere le cause che lo hanno portato a fare determinate scelte. 
Dobbiamo cambiare sguardo nei confronti di queste persone e capire cosa si può fare, lui e noi, per cambiare le cose, per lui e per tutti.

La Caritas è un’espressione della Chiesa: la Chiesa cerca di annunciare a tutta l’umanità che c’è un Dio che ama tutti allo stesso modo. Bisogna lavorare perché tutti abbiano questa pari dignità e perché possano vivere, non sopravvivere. Per questo la Caritas cerca soprattutto di cambiare la mentalità, aiuta le persone a riconoscere il proprio valore, riacquistare la fiducia in se stessi. Il maggior successo infatti è quando le persone che si sono rivolte alla Caritas tornano e capiscono che la vita è bella se donata e condivisa.

Il secondo ospite del pomeriggio è Diana Mac William.

Diana McWilliam

Diana nata in Sudafrica da genitori inglesi si considera cittadina del mondo. Ha partecipato ad un corso di volontariato ed è subito entrata a far parte dell’associazione Fabio Sassi come volontaria per i pazienti domiciliari. 

Dall’Inghilterra importa l’idea degli hospice, strutture dove poter accogliere pazienti terminali e accompagnarli con cure palliative fino al momento del decesso.

L’idea di fondo è quella di donare ai pazienti una morte dignitosa: “non bisogna fare attenzione solo alla vita ma anche all’importanza del morire bene” afferma Mac William. Le cure palliative hanno come scopo quello di portare il malato e i suoi famigliari ad avere una serenità nel momento della fine della vita.

Un episodio che le è rimasto impresso nella memoria e l’ha fatta credere nelle cure palliative è la visita a domicilio a una paziente. Quest’ultima consapevole della sua situazione, sapeva di avvicinarsi alla morte, ma al contrario suo figlio e marito non ci volevano credere e per questo continuavano a ripetere alla madre/moglie che non stava per succedere “stai bene, non stai morendo”, per questo la paziente non poteva affrontare discorsi in merito alle sue volontà post morte. Così facendo si finisce per isolare il malato, è quindi importante portare sia il paziente che la sua famiglia alla consapevolezza della malattia, è più semplice per tutti. Le speranze non sempre sono positive per il malato, a volte sono solo causa di ulteriore sofferenza.

Diana, con tutta la sua forza e determinazione, ci racconta tutti gli ostacoli e le difficoltà che ha dovuto affrontare per concretizzare il suo progetto, e con questo ci sprona a non abbatterci mai. Quando abbiamo un progetto in cui crediamo fino in fondo, niente e nessuno possono e devono fermarci, dobbiamo lottare per quello in cui crediamo!

Rebecca Delazzari

SABATO 6 MARZO – LAVORARE IN GRUPPO CON PROJECT MANAGEMENT E PERSONAL KANBAN.

Alessio Sperlinga ci ha mostrato alcune metodologie per lavorare in gruppo. Queste si sono rilevate molto interessanti e sicuramente utili ed efficaci nel contesto lavorativo.

Alessio Sperlinga

La lezione si è divisa in due parti, la prima relativa alla comunicazione e alla pianificazione come gruppo e la seconda inerente al personal Kanban.

Durante la parte sulla comunicazione e pianificazione sono state analizzate 6 fasi da seguire e i loro relativi sviluppi. Questo mi ha dato lo spunto per poter testare questo processo nel mio contesto lavorativo.

Ci ha colpito principalmente, l’importanza che viene attribuita alla preparazione sotto ogni suo aspetto. Senza dimenticare la necessità di avere sempre un piano di riserva.

Nella seconda parte, invece è stato trattato un argomento molto importante, ovvero come organizzare la propria attività lavorativa o l’attività lavorativa di piccoli gruppi.

E’ stato sorprendente il concetto d’iniziare a lavorare facendo l’attività più importante e complicata per prima in modo da concentrare il 100% delle forze sull’esecuzione di tali attività e di passare solo successivamente alle attività meno complesse e meno importanti.

Davide Cavenaghi

VENERDì 5 MARZO – I COLLOQUI DI LAVORO – TESTIMONIANZE IMPRENDITORIALI

Venerdì mattina, Laura Suma, Sales & Service Consultant presso l’agenzia del lavoro Manpower, ha affrontato il tema della selezione del personale e dei colloqui di lavoro.

Laura Suma

I colloqui di lavoro rappresentano una sfida, poichè nel poco tempo che si ha a disposizione bisogna riuscire a convincere chi ti sta esaminando di essere la persona giusta.

Durante la lezione ci è stato illustrato che i colloqui possono essere visti come un percorso a tappe, in cui la preparazione a sostenerli sia una parte fondamentale e che prima di tutto è necessario capire quali siano le nostre abilità in modo da poterle sfruttare al meglio. Dopo di che è essenziale lavorare per sviluppare tutte le abilità che non sono ancora in nostro possesso, ma che sono ritenute fondamentali da chi ci sta esaminando.

Suma ha spiegato che le nostra abilità “tecniche” contino solo circa il 40% mentre il restante 60% sia da attribuire alle soft skills, facendo capire quanto è fondamentale sviluppare non solamente le nostre abilità migliori, ma anche tutte le abilità “secondarie” che magari non riteniamo così importanti, ma che invece lo sono.

Nel pomeriggio, ci sono stati gli interventi di tre imprenditori, i cui interventi si sono dimostrati molto interessanti e stimolanti.

Il primo è stato Monsignor Davide Milani prevosto di Lecco.

Monsignor Davide Milani

Mi ha impressionato la storia della sua formazione. Di come sia passato da un’istruzione tecnica alla vita clericale e successivamente di come abbia raggiunto la posizione di decano di Lecco. Mi ha fatto capire che non è detto che la formazione iniziale o le idee iniziali attribuisco poi la professione finale, ma che con la passione e la voglia si possano raggiungere tutti gli obiettivi prefissati.

Successivamente ci sono stati gli interventi del Sig. Marco Galbiati della Galbiati Group di Oggiono e presidente della scuola alberghiera di Casargo,

Marco Galbiati

e del Sig. Walter Cortiana, della 3C Catene di Lecco.

Walter Cortiana

La storia di come si sono create le loro aziende e di come le hanno sviluppate e cresciute, fa capire la passione che mettono e che bisogna mettere ogni giorno per potere migliorare. Sentire come gestiscono le loro aziende, come si approcciano ai loro collaboratori e famigliari e i consigli dispensati, hanno aumentato la mia voglia di migliorare nel lavoro che svolgo e che se un giorno dovessi assumere l’incarico di dirigere un’azienda mi piacerebbe essere come loro.

Infine, sono rimasto molto colpito dalla storia del Sig. Galbiati, di come abbia reagito ad un grave lutto, delle tante cose che ha fatto, delle tantissime cose che sta facendo e della crescita impressionante che ha avuto la sua azienda.

Davide Cavenaghi