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Lezione del 13 Aprile – i miti del capitalismo

La giornata di sabato 13 aprile 2019 propone ai ragazzi del Master Comportamentale Manageriale Lecco100 l’incontro sui Miti del Capitalismo, tenuto da Michele Dorigatti, fondatore della SEC – Scuola di Economia Civile. Docente trentino, Dorigatti, si sposta con al seguito una massa non indifferente di libri – da Aristotele a Stefano Zamagni, passando per Umberto Galimberti, Antonio Genovesi, Adam Smith e molti altri – che verranno utilizzati durante la giornata per spunti e riflessioni.

Dorigatti illustra come l’economia civile in Italia si sia sviluppata dopo la crisie conomica del 2008. Si è trattato di un evento a causa del quale si è iniziato a dubitare della stabilità dei pilastri dell’economia “tradizionale”. Il docente spiega nel dettaglio gli aspetti multi-dimensionali di tale crisi: finanziari, politico-istituzionali, ambientali, demografici, antropologici e legati alle teorie economiche. Questo serve per permettere poi un paragone con gli obiettivi che oggi l’Economia Civile si pone in un contesto nuovo e diverso. Chiarisce anche che la stessa cosa era precedentemente accaduta in America con la business ethics e la happiness economics, che avevano portato allo sviluppo di un nuovo modo di percepire l’economia.

All’interno di questo discorso, ancora una volta è stata ribadita l’importanza di alcuni concetti della nuova economia, come :

  • il voto con il portafoglio – ovvero il potere di scelta d’acquisto del consumatore,
  • il Paradosso di Easterlin (“i soldi non fanno la felicità”, ovvero il fatto che non esista empiricamente un rapporto totalmente lineare fra reddito percepito e soddisfazione personale) presentato in contrapposizione al “mito del turbo-capitalismo” – che afferma invece che la felicità sia positivamente correlata ai guadagni, e la centralità delle relazioni personali in una società economica in cui quest’ultime sembrano poter essere sostituire da beni materiali.
  • La Scuola di Economia Civile presenta delle sfide, dice Dorigatti, e le prime sono rappresentate dalla lotta  a diversi tipi di riduzionismo:
    – Quello portato dallo sviluppo della figura dell’homo oeconomicus – ovvero la riduzione dell’uomo da persona a individuo, dalla relazionalità e la felicità alla strumentalità e l’utilità;
    – Quello promosso dal cambiamento del termineimpresa”, non più intesa come associazione ma come strumento di massimizzazione degli interessi (da firm come association a firm come commodity);
    – Quello supportato dal passaggio dal concetto di valore multi-dimensionale a quello di valore mono-direzionale;
    – Quello riferito allo spostamento della concezione del bene comune a quella del bene totale (dalla moltiplicazione dei fattori alla somma degli addendi).

    Infine, la grande sfida è quella di combattere l’economia in-civile, ovvero l’economia (turbo)capitalistica di mercato, andando contro i miti dell’economia neo-liberista (es. mito della mano invisibile, della crescita illimitata, della marea che solleva tutte le barche, del mercato che si auto-regola…). «Non basta» dice infatti il docente «la mano invisibile del mercato, ma occorre la mano visibile dello Stato, che interviene in chiave sussidiaria ogni volta che l’operare della mano invisibile rischia di condurre verso la monopolizzazione o oligopolizzazione dell’economia.»

«L’economia civile non afferma che per le aziende il Profitto è sbagliato, dannoso o inutile» continua Dorigatti «ma che esso deve necessariamente essere connesso a livello alle Persone ed al Pianeta». Profit – People – Planet: un’azienda che vuole fare economia civile deve tenere conto non solo dei suoi profitti, ma anche dei suoi lavoratori, fornitori, dell’ambiente sociale e fisico in cui l’azienda stressa è inserita, e delle generazioni future (stakeholders muti della Teoria della Responsabilità Sociale d’Impresa).

Se gli elementi sopracitati non vengono presi in considerazione, si rischia di accentrare i danni del mercato capitalistico, ovvero la produzione di disuguaglianze e ingiustizie: Dorigatti illustra come il mercato di oggi favorisca infatti l’accentramento della ricchezza nelle mani di pochissimi (e.g. nel 2006, dato OXA, 8 persone miliardarie nel mondo possedevano circa il 99% della ricchezza mondiale), e come ciò susciti il problema della disuguaglianza economica, che esaspera e scatena il conflitto e mette in serio pericolo la coesione sociale, generando violenza. Fare economia civile, invece, significa proprio essere attenti alle persone, alle comunità e al territorio, all’ambiente.

 «Per quanto profondamente egoista si possa immaginare un uomo, ci sono ad evidenza nella sua natura dei principi che lo inducono ad interessarsi della sorte degli altri, e gli rendono necessaria la felicità altrui, quantunque egli non ne ricavi altro che il piacere di contemplarla.»
– A. Smith, Teoria dei Sentimenti Morali

Nella seconda parte della mattinata, Michele Dorigatti si ferma a presentare la figura e l’operato di Adriano Olivetti, imprenditore e “rivoluzionario” che portò la sua azienda a conduzione familiare ad essere la prima multinazionale made in Italy con una rete di vendita a livello mondiale. Un rivoluzionario che per primo parlò di “diritti di proprietà delle grandi imprese”, maturando l’idea che i diritti di proprietà dovessero essere estesi a Università, Scuola, Comuni, impiegati e azionisti, oltre che alla sua famiglia. Un visionario, cui si associano numerosi concetti innovativi: la bellezza della fabbrica e del design industriale, le boutique, il costrutto di comunità territoriale, la cultura in fabbrica (biblioteca), il finalismo d’impresa – ovvero un’impresa di nuovo tipo, al di là di socialismo e capitalismo, oltre i profitti, quindi una destinazione, una vocazione: le imprese sono organi della società, che hanno una funzione sociale. Per Olivetti, la mission di un’impresa civile era quintuplice: produrre ricchezza, lavoro, cultura, bellezza e qualità della vita.

Anche per oggi, dunque, per i Masterizzandi Lecco100, una buona dose di cultura, di economia civile e di responsabilità sociale d’impresa. A tutti una buona Pasqua.Erica Riganelli

Letture consigliate:
– Chang, A.J. (2010). 23 cose che non ti hanno mai detto sul capitalismo. Milano: Il Saggiatore.
– Varvelli, M.L. & R. (2014). 2KM di futuro – L’impresa di seminare bellezza. Milano: Gruppo 24 ore.
– Cucinelli, B. (2018). Il sogno di Solomeo – La mia vita e l’idea del capitalismo umanistico. Milano: Feltrinelli.

Lezione del 6 aprile – gestire la paura

Nella mattinata del 6 aprile, i nostri masterini si trovano di nuovo all’Istituto Bertacchi, per condividere come “Gestire della Paura”, con alcune classi dell’istituto lecchese.

Alessio Sperlinga, inizia il suo intervento con una riflessione molto semplice, ma non scontata, facendo notare ai ragazzi come chiunque, ad un certo punto della propria vita, per un motivo o per l’altro, ha avuto paura.

La paura è infatti una delle emozioni di base proprie della nostra specie (cfr. Ekman, Friesen), ed è intrinseca alla condizione umana. Le ragioni primarie, ancestrali, per cui si manifesta l’emozione della paura sono legate ad un istinto di sopravvivenza e al soddisfacimento di alcuni bisogni di base.

Ma che cosa, di fatto, genera la paura? In genere, la causa è un cambiamento improvviso, l’introduzione di nuove variabili o la modifica di quelle esistenti all’interno di un ambiente familiare, che fa sì che gli esseri umani “perdano la bussola” e non riescano più ad orientarsi.

Ad un certo punto della vita, inevitabilmente, un evento più o meno improvviso e imprevedibile modifica la situazione in cui ci troviamo. Questo può avvenire a un livello che si può definire macro, quando ci troviamo a fronteggiare eventi esterni e percepiti come pericolosi nel sistema-mondo, ad esempio le guerre, i genocidi o le grandi minacce globali come il terrorismo, il disastro ecologico, l’avvento di intelligenze altre da quella umana; è in questi casi che la paura, essendo la prima reazione istintiva che si verifica, viene, purtroppo, utilizzata come mezzo per dominare, indotta impiegando la menzogna come strategia.

Può inoltre capitare di provare paura di fronte ad esperienze tipicamente umane, come il dolore, il rischio di perdita della propria identità, il rifiuto, la morte.

Essenzialmente la paura, seppur talvolta collettiva, si muove sempre ad un livello micro, è un processo che avviene nella nostra mente per cui, da uno stimolo, interno o esterno, si genera una sensazione, che diventa emozione, che a sua volta diventa un sentimento e dà luogo ad un’azione. In poche parole, la paura fa da strategia di sopravvivenza, è la sensazione a partire dalla quale l’essere umano sviluppa tutte quelle strategie di difesa, attacco o resa che lo portano ad adottare comportamenti passivi, reattivi e pro-attivi che generano nuove soluzioni.

La buona notizia è, quindi, che il fatto di provare paura, pur essendo inevitabile, è sempre uno stato mentale e, come tale, può essere cambiato e controllato, agendo sul processo. La resistenza al cambiamento, tendenza primordiale (e in qualche modo opportunistica) dell’essere umano, deve necessariamente essere fronteggiata ai fini della sopravvivenza.

Per affrontare al meglio un cambiamento quando avviene e sapersi ri-orientare, spiega Alessio, ci sono quattro passi da seguire:

  • accorgersene,
  • non subirlo,
  • accettarlo ,
  • guidarlo.

In natura, infatti, sapersi adattare alla realtà è più utile che capire, ed è importante ascoltare, osservare, apprendere a non ripetere gli stessi errori, imparare dall’esperienza e accettare di non avere mai certezze.

Come i ragazzi hanno infatti modo di sperimentare attraverso un esercizio di premeditatio malorum, pratica di derivazione stoica, se non è possibile prevenire che qualcosa di spaventoso accada, è però sempre possibile sviluppare strategie per negoziare con la paura, come con un’antica nemica, e, senza opporre resistenza, lasciare che si trasformi in una nuova amica, fedele consigliera al nostro fianco nel momento di riparare agli imprevisti e guidare il cambiamento.

Arianna Scaglia

Lezione del 5 aprile – gli imprenditori si raccontano.

Durante questa giornata abbiamo avuto il piacere di incontrare quattro “imprenditori” che hanno condiviso con noi esperienze di vita e di lavoro differenti.

Il primo ospite è stata Suor Angelica soprannominata “il colonnello”.


Ha vissuto la sua vita a servizio degli altri specialmente dei più bisognosi. Questo è l’elemento che caratterizza maggiormente il suo operare e lo si evince dal modo in cui ne parla e dalle emozioni che traspaiono dal suo viso. Suor Angelica ha lavorato per 16 anni in Caritas, ha trascorso 3 anni in Turchia 7 a Foligno e 9 a Rimini.
Mentre racconta la sua esperienza sottolinea come, nel corso della vita, in qualsiasi circostanza ci si trovi, non bisogna mai perdere l’equilibrio interiore, ovvero la propria direzione, il motivo per cui siamo stati messi al mondo. Proprio per mantenere questo equilibrio ha deciso di vivere ad Olate dopo un periodo in cui ha svolto diversi impegni di responsabilità all’estero. Impegni che potevano in qualche modo ledere quell’equilibrio interiore che è il motore della sua vita.
Suor Angelica ci ha parlato del fatto che ognuno di noi ha un Sigillo dentro di sè e che siamo fatti ad immagine somiglianza del Signore. Egli ha stampato in noi la sua immagine e ci ha posto in terra a fare le sue veci; ciò indica prima di tutto che c’è una direzione, un
orientamento.  Questo significa che siamo stati creati per l’amicizia e la comunione con Dio e respingere quest’amicizia e comunione significa negare la nostra vera natura.
Suor Angelica ha raccontato come ha portato avanti il servizio, la vita in comunità e la formazione; si è soffermata molto su quest’ultima tematica asserendo quanto sia importante per ognuno di noi il sapere e la voglia di imparare. Si tratta di un processo che non conosce un limite ed una fine.
Ai tempi in cui lavorava per Caritas Ambrosiana, ha avuto la responsabilità di gestire il gruppo di 90 obiettori di coscienza assegnati per svolgere varie attività . Ricorda come sia stato  un servizio di grande validità per chi ne usufruiva e una grande
esperienza per i ragazzi obiettori.
Infine ci ha spiegato che accezione dà alla parola “Dono” asserendo che ognuno di noi ne ha almeno uno. Il suo è stato quello di avere la capacità di ascoltare ed è ciò che ha messo a servizio degli altri sotto diverse forme e sfaccettature. Ha continuato affermando che ” più l’uomo compie gesti di solidarietà più è un testimone autentico dell’amore di Dio e lo rende visibile al mondo intero. L’egoismo, la chiusura in se stessi e il disinteresse per il prossimo offusca
nell’uomo l’immagine di Dio e lo porta ad allontanarsi dalla sua vera natura”
Mi è piaciuto molto il concetto che ha espresso con questa frase: Sorridere col Cuore. Il sorriso di per sè è contagioso e la pace che semina non manca di produrre frutto.
Un’altra espressione che porterò con me è la seguente :” vivere la gentil arte del benedire” inteso come augurare il meglio alle persone attorno a noi in modo da poter essere contagiosi così come è stato contagioso per noi la sua energia e il suo sorriso.

Il secondo ospite di questa giornata è stato Daniele Riva, ex Presidente della Camera di Commercio di Lecco, imprenditore artigiano.

Amministra l’azienda Cremonini.
Nel 2016  viene eletto presidente della Camera di Commercio. Si è trattato di una esperienza positiva costellata da incontri/ scontri tipica di un ambiente in cui si condividono scelte, visioni, esperienze differenti e regole da rispettare.
Ci ha delineato quali sono gli aspetti innovativi che hanno contribuito al successo della sua impresa ed alcuni di questi sono:

  • puntare sulla tempestività della risposta secondo le esigenze dei clienti e la consegna puntuale e queste rappresentano punti di forza per le piccole aziende che vogliono sopravvivere ed in questo senso risulta molto importante
  • la capacità di specializzarsi in alcune nicchie di mercato.
  • la centralità dell’uomo. Ha sottolineato  che nonostante la tendenza e le esigenze di dotarsi di macchinari sempre più sofisticati ed utili, non potrà mai essere messo in discussione  il fattore umano. Questo è e sarà sempre il valore aggiunto in ogni settore ed attività.
    Riva ci ha quindi offerto diversi spunti  che possono essere utili nelle diverse circostanze in cui ci troveremo durante il corso della nostra vita. Ha infine sottolineato come alcuni elementi
    non possano mai mancare : la voglia e la responsabilità di mettersi in gioco, di dimostrare quello che si fare, di essere intraprendenti senza perdere l’umiltà e tenere presente
    che le nostre azioni hanno sempre delle conseguenze.

Nel pomeriggio abbiamo incontrato il terzo ospite della giornata, Giovanni Pastorino, imprenditore titolare della Deltacalor srl.


L’ing. Pastorino ci ha tenuto subito a delineare quale sia la differenza tra manager e imprenditori. L’imprenditore è una persona che ha un’idea e per realizzarla è disposto a rischiare; mentre un manager è una persona che agisce per conto dell’imprenditore.
Queste sono alcune delle caratteristiche che hanno consentito la sua azienda ad eccellere a livello mondiale nel proprio settore:
Innovazione : intesa come capacità di trovare soluzioni alternative da quelle mainstream; puntare su prodotti non convenzionali e saper diversificare; ciò fa in modo che sul mercato non ci siano troppi concorrenti con cui dividere la “torta” , ” o ti distingui o ti estingui”.
Moltiplicare la gamma di prodotti : da accesso a nuovi clienti.            ” chi si ferma è perduto” questo è un credo nell’economia di oggi!
Investire su ricerca e sviluppo di prodotti innovativi: un elemento portante è l’idea e capacità creativa.
Il futuro sarà incentrato su avere un’idea ed essere in grado di coltivarla senza arrendersi alle prime difficoltà; è ciò che le aziende cercano oggi; persone creative capaci essere “multitasking” con propensione al problem solving e soprattutto persone che siano
interessate a ciò che fanno.
Ha inoltre sottolineato quanto al giorno d’oggi il prodotto che offriamo sul mercato sia solo un veicolo e quanto invece la tecnologia sia centrale, “la finestra sul mondo”.

La nostra giornata si è conclusa con l’ultimo incontro con Michele Motta; volontario della Protezione Civile.

Raccontando il percorso che lo ha portato a prestare il suo tempo al volontariato, si è soffermato sulla prima chiamata ricevuta. Chiamata che risale al 2009 quando il terremoto colpì l’ Aquila e di come si  sentì  nell’essere catapultato in una situazione
drammatica dall’oggi al domani.
La Protezione Civile è composta per la maggior parte di volontari che offrono il proprio servizio: le sue attività sono finanziate dal Ministero degli Interni ; è divisa in strutture territoriali sovvenzionate dai comuni di appartenenza.
I volontari si suddividono a loro volta in due categorie: quelli generici e quelli specializzati.
La risorsa più importante è quella umana. La selezione avviene in base al grado di difficoltà della “missione” e alla necessità di trovare profili che risultano più adatti alle circostanze da affrontare.
Ci sono diversi corsi di formazione per chi volesse approcciare al servizio civile; 6 incontri necessari per poter capire quanto segue: cosa fa la protezione civile? quali sono le normative su cui poggia? quali sono le tecniche di comunicazione?
Motta ha sottolineato come per fare il volontario non basti solamente la volontà perchè questa, se non strutturata, può recare danno; proprio per questo motivo è necessario intraprendere un percorso di formazione per poter entrare a fare parte della Protezione Civile. Bisogna essere predisposti a relazionarsi con le persone in qualunque tipo di missione ci si trovi ed è fondamentale conoscere le regola per poter essere utili alla causa a cui si prende parte.
Motta conclude l’incontro raccontandoci l’esperienza che ha condiviso con un’anziana di 85 anni che osservando un cimitero reso inagibile a causa del terremoto, gli disse : “il terremoto ci ha portato via anche i nostri morti, la nostra memoria” .
L’esperienza che Michele si porta a casa ogni volta che è chiamato in causa sono i volti delle persone.
E’ stato un piacere alla prossima!
Stay tuned!

Frezer Villani

Riunioni, Mediazione civile e Colloqui di LaVORO

La giornata di venerdì 29 marzo 2019 ha proposto ai ragazzi del Master Manageriale di Lecco100 tre diversi momenti formativi riguardanti la gestione delle riunioni, la Mediazione civile e come affrontare i colloqui di lavoro.

Durante la mattinata, le lezioni sono state tenute da Alessio Sperlinga – formatore, informatico e controlling manager – e da Massimiliano Ferrari – commercialista e formatore dello Studio Ferrari & Associati di Lecco, mentre nel pomeriggio è tornata a trovarci Laura SumaSales & Service Representative presso Manpower Group Lecco.

Alessio Sperlinga

La prima parte della giornata è stata dedicata ad una formazione relativa al tema delle RIUNIONI. Sul luogo di lavoro, molto spesso ci si trova a dover affrontare momenti di équipe, e con Alessio Sperlinga sono state esplorate modalità organizzative vincenti per far sì che questi momenti possano essere produttivi sul piano del tempo, dello scambio delle informazioni e della proficuità del lavoro.

In primis, è stato indagato cosa significa ORGANIZZARE le riunioni. Si è detto che, per indire una riunione, sono necessari almeno 3 buoni motivi, e che il numero consono di partecipanti affinché la riunione porti a risultati soddisfacenti oscilla fra 4 e 7. Un numero superiore di persone, infatti, non permette un rapporto comunicativo abbastanza approfondito: per evitare la distanza prossemica dell’“approccio teatrale”, in caso di partecipanti numerosi è bene suddividere la platea in gruppi più piccoli o far nominare dei rappresentanti. Sempre sul piano organizzativo, inoltre, risulta necessaria la limitazione dei tempi: una riunione deve avere orario prestabilito, di inizio e di fine; in caso fossero necessari approfondimenti, la strategia migliore è quella di indire un secondo momento di incontro per discutere dei temi rimasti in sospeso, piuttosto che protrarsi fino a tempo indeterminato. Ultima questione pratica, ma non meno importante, è quella dell’O.D.G.: per la buona risuscita di una riunione, e per evitare inutili perdite di tempo ed energie, è necessario che gli obiettivi e gli scopi siano pianificati e preparati – diffidare della dicitura “varie ed eventuali”!

Successivamente, sono state discusse alcune modalità per CONDURRE le riunioni. La puntualità, espressa anche nell’arrivare in anticipo, è la parola d’ordine. Sta poi al conduttore/moderatore della riunione il decidere l’aspettare o meno i ritardatari, senza posticipare troppo l’inizio dell’incontro. Il conduttore poi facilita, modera e partecipa attivamente lasciando che siano gli altri ad intervenire e a esprimere le loro idee e opinioni. È segno di serietà seguire scrupolosamente l’Ordine Del Giorno, discutendo gli argomenti più impegnativi prima e quelli più leggeri in un momento successivo. È necessaria, infine, la verbalizzazione degli argomenti discussi, per riassumere, lasciare traccia di quanto trattato ed evitare che gli stessi temi vengano sviluppati nuovamente durante incontri seguenti.

E’ stato poi esplorato cosa vuol dire PARTECIPARE ad una riunione, in termini di organizzazione e di cortesia. È buona prassi, infatti, chiedere conferma dei tempi dell’incontro e dell’O.D.G., sempre al fine di ottenere il massimo equilibrio in termini di tempo/energie. Per ciò che concerne le norme di cortesia, è stata ribadita, ancora una volta, l’importanza della puntualità, così come del mantenere un comportamento adeguato al contesto (abito, toni, telefono cellulare spento o in silenzioso, rispetto del ruolo del moderatore). È bene inoltre mantenere un profilo attivo, cercando tuttavia di evitare i conflitti.

Infine, con Sperlinga i ragazzi del Master hanno sperimentato una modalità di riunione alternativa, ovvero lo STAND-UP MEETING. Questa tipologia di riunione-lampo è da svolgersi tutti i giorni sul luogo di lavoro, possibilmente alla stessa ora, e coinvolgendo figure differenti (7±2) per un massimo di 10 minuti. Lo stand-up meeting si svolge in piedi, in cerchio, in modo tale che tutti possano guardarsi negli occhi. Questa modalità di riunione risulta essere molto efficace per condividere con i membri di un team risultati ed ostacoli, ponendosi tre semplici domande: “Cosa ho fatto da ieri a oggi?” / “Cosa farò fra oggi e domani?” / “Quali problemi riscontro?”. In caso emergessero delle problematiche, questa tipologia di incontro alternativa facilita la comunicazione individuando le figure che potrebbero più efficientemente venire in aiuto per la risoluzione delle complicazioni.

Massimiliano Ferrari

La seconda parte della mattinata è stata poi dedicata ai meccanismi di ALTERNATIVE DISPUTE RESOLUTION (A.D.R.): con il Dott. Ferrari – http://www.ferrariassociati.com/ – è stato esplorato il tema della MEDIAZIONE CIVILE intesa come possibilità di risoluzione alternativa di conflitti. La figura del MEDIATORE si pone come un soggetto terzo “C”, neutro e imparziale, che media la relazione in conflitto fra un soggetto “A” e un soggetto “B”. Lo scopo di una mediazione è quella di supportare le parti nel trovare una soluzione che possa essere la migliore per entrambi, trovando un accordo che abbia valore legale, senza dover appellarsi a giudici e avvocati.

Il Mediatore è una figura professionale che non decide chi ha ragione: non ricopre le funzioni di giudice o di arbitro, ma che cerca di essere utile all’interno del conflitto tramite un tentativo alternativo. Secondo Ferrari, in una mediazione è necessario lo spostamento dell’attenzione dalla posizione presa dalle parti verso i reali interessi e bisogni di ciascuno. Non è una questione di tecnica o di procedibilità, ma di ascolto attivo ed empatia: si tratta di “allargare la torta”, lasciando parlare le parti interessate con lo scopo di andare oltre il problema in sé (oggetto), tenendosi aperte ad altre questioni.

Un esempio di mediazione può essere portato dalla “storia dell’arancia e delle due sorelle”:
                “Due sorelle (PARTE A & PARTE B) litigano per ottenere l’unica arancia rimasta nel cesto della frutta. La prima afferma che l’arancia spetta a lei, in quanto più grande; la seconda dice invece che il frutto è di sua proprietà, perché chiesto per prima. La madre (GIUDICE/ARBITRO) interviene e, cercando di porre fine alla lite, taglia l’arancia in due parti perfettamente uguali e ne da metà a ciascuna bambina.
                Le due bambine tuttavia non sono soddisfatte, e continuano a litigare fra di loro in quanto ognuna vuole l’arancia intera, senza cederne nemmeno un pezzo all’altra.
                Interviene così la nonna (MEDIATORE) che, dopo aver attentamente osservato la scena, domanda alle bambine il reale motivo per cui vogliono l’arancia intera. La prima bambina risponde di aver sete, e di voler spremere l’arancia per berne il succo. L’altra, risponde che vuole grattugiarne la buccia per fare una torta. La nonna senza indugio spreme la polpa perché la più piccola ne possa bere il succo e grattugia la buccia dell’arancia affinché l’altra possa usarla per fare la torta. In questo modo la nonna soddisfa entrambe le bambine e torna la pace.”

Analizzando questa simpatica storia è possibile comprendere il reale valore della mediazione. Le due bambine erano impegnate a litigare senza provare ad ascoltarsi e comprendersi, focalizzandosi solo sul tentativo di far valere i propri diritti. La soluzione della madre, senz’altro imparziale ed equa, non è risultata efficace. Il successivo intervento della nonna, invece, riesce ad essere efficiente e a dare soddisfazione ad entrambe le bambine, grazie ad un’indagine condotta sui reali motivi che spingevano le due bambine a volere tutta l’arancia, spostando il fulcro della disputa dalle rigide posizioni agli interessi sottostanti.

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Il pomeriggio è stato invece dedicato ad un nuovo incontro con la selezionatrice e HR Specialist Laura Suma – https://www.manpower.it/manpower-e-il-gruppo, con a tema l’orientamento al lavoro. La Dott.ssa Suma si è resa disponibile per uno screening dei CV dei ragazzi, dando anche preziosi consigli in merito alla stesura della lettera motivazionale in risposta ad un annuncio ed alla gestione dei colloqui di lavoro.

Laura Suma

● CV
Il Curriculum Vitae dee essere redatto in maniera idonea per la selezione cui si decide di partecipare. È necessario mettere in buona luce le competenze acquisite, le mansioni svolte, le proprie soft skills. Attenzione anche all’autorizzazione al trattamento dei dati personali e la dichiarazione di veridicità degli stessi, necessari al fine di essere ricontattati dai selezionatori.

Annunci di lavoro
Prima di rispondere ad un annuncio è necessario valutarne la serietà: quanto è generico l’annuncio? Sono presenti informazioni relative al luogo di lavoro, al quadro orario? L’annuncio presenta elementi relativi alla parità di genere? È presente il nome e l’indirizzo e-mail dell’azienda selezionatrice?

● Lettera di presentazione / lettera motivazionale
La lettera di presentazione (anche: corpo della e-mail con la quale si risponde ad un annuncio) deve soddisfare i requisiti esposti negli annunci, presentando possibilmente la stessa terminologia. È suggerito il mostrare professionalità ed etica del lavoro (passione, impegno), evitando invece frasi in negativo (e.g. “non ho esperienza… nonostante…”). Attenzione poi alla grammatica e al rispetto delle formule di saluto.

L’ultima parte della giornata è stata poi dedicata alla simulazione di un colloquio di lavoro. Suma a mostrato quali domande possono essere più facilmente proposte e quali accorgimenti mettere sempre in gioco – rimanere professionali, evidenziare sempre gli aspetti positivi delle esperienze, porre attenzione a chi si ha di fronte per capire quanto “aprirsi”.

Arrivederci alla prossima lezione!

Erica Riganelli

Lezione del 23 MARZO, LA FORMAZIONE DI GENERE

La lezione del 23 marzo ha riguardato la formazione di genere. Negli studi sociologici della nostra epoca, la distinzione della specie umana in generi (uomo e donna) sta trovando sempre più spazio rispetto alla tradizionale suddivisione in sessi (maschio e femmina). Infatti, se la divisione per sessi si concentra soltanto sulle differenze fisiche tra uomo e donna,quella per genere soprattutto sulle differenze comportamentali e psicologiche dall’origine ben fondata.

La distinzione in generi, secondo Schopenhauer, è un fatto naturale volto alla ricerca di un determinato equilibrio a garanzia della sopravvivenza e del sostentamento della specie.

In origine, infatti l’uomo era per natura dedito alla caccia e alla protezione del gruppo, mentre la donna alla cura dei membri più deboli (bambini e anziani); questa diversità di ruolo ha determinato lo sviluppo di una serie di differenze tra i due in merito di azioni, comportamenti, bisogni e scelte.

MODELLI NATURALI

Nell’uomo, l’attitudine alla caccia ha prodotto un atteggiamento nel complesso individualista.  Tendenzialmente, l’uomo preferisce parlare solo quando serve, privilegia la concentrazione e la puntuale suddivisione in ruoli nel gruppi di lavoro e identifica la realizzazione nel successo personale da cui trae  orgoglio.

La donna, al contrario, dovendo pensare alla cura della famiglia e dei più deboli, ha sviluppato in linea di massima un atteggiamento più sociale.  Preferisce il dialogo continuo,  privilegia la cura di ogni individuo e l’inter-scambiabilità dei ruoli all’interno del gruppo. La sua realizzazione richiede il riconoscimento e l’apprezzamento del  suo impegno sociale da parte del gruppo.

BISOGNI E SCELTE

Nel parlare di bisogni e scelte, sotteso è il riferimento alla piramide di Maslow, una scala ordinale (gerarchica) dei bisogni dell’individuo. Alla sua base sono presenti i bisogni fisiologici e di sicurezza necessari per garantire la sopravvivenza della persona su cui uomo e donna sostanzialmente non si differenziano; man mano che si sale si incontrano i bisogni più personali (di appartenenza, stima e autorealizzazione) che assumono valore differente in ciascuno di noi non solo in base al genere, ma anche in funzione di altri fattori, tra cui carattere e personalità.

UOMINI E DONNE: DUE PIANETI DIVERSI

 Per le differenziazioni viste precedentemente sembrerebbe che uomini e donne, a parte la specie, abbiano ben poco in comune. È la verità? Anche se accettassimo l’idea stereotipata per cui le donne vengono da Venere e gli uomini da Marte come si potrebbe garantire una convivenza armonica tra i due mondi? Non si può che rispondere ricordando che alla base di una qualsiasi pacifica e proficua convivenza ci sono sempre il dialogo e la comprensione, al di là dei possibili diversi approcci. Si dice  per esempio che gli uomini siano grandi parlatori e che ogni volta che prendono la parola lo facciano sempre per un motivo ben preciso. Quante volte si sente dire invece che le donne dialoghino molto poiché sentono il bisogno di esternare  sentimenti e turbamenti?

Anche per quanto riguarda la gestione dello stress,tendenzialmente si ritiene cheuomini e donne si comportano diversamente. Le donne, si dice,  tendono ad aprirsi e a condividere i propri problemi ritenendo che in questo modo sia più semplice trovare una soluzione. Gli uomini secondo le generalizzazioni più diffuse tendendo a chiudersi in se stessi e a cercare una valvola di sfogo al di fuori della famiglia. Le diversità d’approccio, che siano più o meno nette tra i due generi,  causano spesso incomprensioni. Per esempio, l’atteggiamento taciturno dell’uomo può far sentire la donna ignorata, mentre al contrario quello molto “social” della donna lo infastidisce l’uomo facendolo sentire troppo “pressato” dalle richieste di dialogo della compagna. Se a ragione  non condividiamo la rigidità viziata da stereotipo del modello presentato, non possiamo però non riconoscere che la diversità d’atteggiamento se non compresa genera misunderstanding. È sempre importante trascendere i propri schemi di riferimento e mettersi per quanto possibile gli occhiali dell’Altro per comprendere la sua visione del mondo.

CONCLUSIONE

La diversità ad ogni livello, tra uomo e donna, tra un IO e TU o tra un NOI e VOI, può causare incomprensioni e nei casi più gravi addirittura rotture relazionali. Per evitare che ciò si verifichi  è necessario innanzitutto parlarsi nel senso dell’ascoltare e del comprendere l’Altro. Imprescindibile è l’accettazione delle differenze di pensiero e comportamento, quando possibile nei limiti fissati dai diritti umani.

Anche se il divario tra uomo e donna fosse incolmabile in un’ultima istanza, non potremmo rinunciare  all’incontro ed alla relazione. Grazie all’amore, al sentimento ed alla comprensione, ognuno di noi è in grado non solo di accettare le differenze dell’altro ma addirittura di innamorarsene dopotutto “la natura non fa mai nulla per niente”.

BIBLIOGRAFIA: “Gli uomini vengono da Marte, le donne da Venere” di John Gray

Denis Vaninetti

Lezione del 22 marzo – Intelligenza Emotiva parte 2 e Fake News

I ragazzi apprendono l’Intelligenza Emotiva

Nella prima parte della giornata è tornato a trovarci Luigi Pastore: ingegnere civile, esperto di comunicazione, marketing e consulente.

Abbiamo affrontato con lui la seconda parte del tema riguardante l’intelligenza emotiva.

Pastore ha esordito illustrandoci il Trittico di triangoli (bisogni, relazioni e potere) che vanno a formare il Ciclo di Denimg.

Durante la mattinata è stato analizzato il tema dell’ansia, dove secondo l’esperto, bisogna eliminarla ma non sempre è possibile e questo causa lo stress. Nel corso della nostra vita noi compiamo tre semplici azioni:

  • Scambiamo informazioni
  • Gestiamo relazioni
  • Risolviamo problemi

Basta semplicemente che una di queste tre azioni non avvenga per generare uno stato di ansia.

Quando nasciamo, siamo tutti creativi, poi cresciamo e la maggior parte di noi perde la creatività a causa dei pregiudizi e dei preconcetti che s’instaurano nella nostra mente. Ogni azione che compiamo comporta sempre un rischio: il problema è che ci facciamo influenzare dal cuore e dalla pancia (non usiamo la testa) e finiamo sempre con il commettere gli stessi errori.

In seguito sono stati trattati i vincoli dell’intelligenza emotiva:

  • Giudicare gli altri
  • Gli altri sono peggio di noi
  • Effetto gregge (così fanno tutti)
  • Timore dell’innovazione
  • Incapacità di accettare il contributo degli altri
  • Affidarsi solo agli “autorevoli” (verificare sempre le cose)

Pastore ci ha illustrato i tre pilastri per un nuovo modello economico: la green economy, l’economia circolare, il riciclo e il riuso. Ai giorni nostri, l’ambiente è diventato più importante di capitale e lavoro, anche se non ce ne rendiamo conto.

Nella parte finale sono stati definiti diversi requisiti per essere un buon capo che vanno dalle competenze specifiche, capacità comunicative e operative, attitudini gestionali alla curiosità intellettuale, visione, determinazione, tenacia, empatia e desiderio di confronto. Inoltre il capo è paragonato alla Magna Grecia per cui deve essere: solido, equilibrato, classico e bello.

Come per un tempio greco sono stati definiti sei pilastri al fine di costruire una squadra vincente:

  1. Pretendere di più di quello che i collaboratori potrebbero dare
  2. Pretendere da se stessi quello che il capo vorrebbe
  3. Proteggere i lavoratori dalla paura del cambiamento
  4. Vivere accanto ai collaboratori
  5. Equità
  6. Trasferire la cultura dell’empowerment (delegare)

Come difendersi dalle Fake news

Nella seconda parte della giornata è venuto a trovarci Emilio Mango: giornalista professionista, data Analyst e scrittore freelance per riviste del gruppo Mondadori. 

Il tema della giornata riguardava il come difendersi dalle Fake news: una serie di bugie unite alla disinformazione che sono sempre esistite sin dalla nascita della comunicazione.

Sono caratterizzate da notizie totalmente o parzialmente false, riportate sui social network, con conseguente diffusione sugli altri mezzi di comunicazione (tv, giornali ecc.).

L’esempio più celebre fu la Guerra dei mondi di Orson Wells, nel 1938 tramite radio, in cui annunciò uno sbarco di extraterrestri negli Stati Uniti e più precisamente nel New Jersey, scatenando il panico generale nella popolazione.

Nel corso della lezione abbiamo analizzato il motivo dell’esistenza delle fake news, individuandole in:

  •  Propaganda politica
  •  Propaganda ideologica
  •  Cattivo giornalismo
  •  Scherno/diffamazione
  •  Satira
  •  Pubblicità a servizi
  •  Click bating

Successivamente ci sono stati mostrati un paio di esempi risalenti ai giorni nostri:

  1. Il video del cane che abbaia ad un branco di lupi senza scappare
  • L’articolo del giornale Il Mattino in cui un asteroide è in procinto di  distruggere la terra

Il problema odierno è che l‘informazione non è più mediata da qualcuno ma chiunque può pubblicare qualsiasi cosa e diffonderla.

Inoltre abbiamo analizzato il perché sono un problema.

  • Scarso controllo di internet e social media
  • Abuso del termine
  • Non c’è modo di difendersi se non informandosi
  • Chi controlla il controllore

Emilio Mango ci ha spiegato che le fake news NON possono essere sconfitte: ma le uniche “armi” che possiamo utilizzare a nostro favore sono:

  1. Documentarsi
  2. Educare le persone

Infine ci ha illustrato una serie di regole sul come fare ad identificarle:

  •  Considerare la fonte
  •  Verificare l’autore
  •  Approfondire
  •  Verificare la data
  •  Chiedere agli esperti
  •  Verificare i propri preconcetti
  •  Scherzo
  •  Fonti a supporto

Nella parte finale abbiamo parlato dell’utilizzo dei nostri dati personali da parte delle aziende che non sono interessate tanto al nome, cognome, e-mail ecc. come generalmente ci fanno credere bensì i nostri comportamenti. Essi vengono analizzati e usarti per fare delle campagne personalizzate o per delle campagne politiche ad hoc.

Andrea Sarcinella

Lezione del 15 marzo L’ECONOMIA CIVILE, UNA VIA DI INNOVAZIONE AL MERCATO – I COLLOQUI DI LAVORO 1° PARTE

Nel corso della giornata di venerdì 15 marzo abbiamo affrontato due differenti temi, entrambi molto importati ed attuali, ovvero l’economia civile e i colloqui di lavoro.

Durante la mattinata Ivan Vitali, consulente della Scuola di Economia Civile (SEC) e direttore dell’associazione conVoi Onlus, ci ha introdotti all’economia civile.

Partendo dalle origini, che vedono Antonio Genovesi, economista, scrittore, filosofo e sacerdote italiano, come il suo fondatore, ne abbiamo snocciolato gli elementi fondamentali.  Al centro di questo tipo di economia vi sono l’umano e il creato.  L’obiettivo è il bene comune e tutto l’impianto regge su tre principi fondamentali: la reciprocità, la fraternità e la gratuità. Basandosi questi punti cardine, l’economia civile si pone come un’interpretazione dell’intera economia e si situa agli antipodi di quella che è, la visione capitalistica.

I campi di applicazione dell’economia civile sono differenti e trasversali. Come pure differenti e trasversali sono i benefici portati dal seguirne le linee guida. Infatti, confrontandoci con Ivan Vitali, abbiamo potuto constatare come vari ambiti, dai servizi sociali alle banche, dal volontariato alla politica, dalle piccole e medie imprese alle multinazionali, siano tra loro intrecciati da degli elementi comuni. Questi se gestiti nel modo adeguato possono portare ad un livello di benessere reale e generalizzato, impattando in modo significativo sulle vite umane e sull’ambiente.

L’ipotesi di lavoro di questa lezione si è basata su tre elementi chiave: il tempo, lo spazio (inteso come ambiente), la relazione con l’altro. Da ciò che pensiamo riguardo a questi macrotemi dipende tutto ciò che facciamo. Infatti, la conseguente tesi di lavoro è stata che per vivere bene, quindi stare al mondo in maniera qualitativamente positiva e significativa, siano necessarie sia competenze hard, ovvero il saper fare, che competenze soft, cioè il saper essere/stare. Ciò che l’economia civile offre sono gli strumenti e le interpretazioni per accrescere queste capacità e il loro utilizzo congiunto, combinato e armonico.

Da un’analisi comparativa compiuta durante la lezione da noi masterizzandi in base alle nostre conoscenze, è risultato evidente come un’impresa civile si differenzi fortemente da un’impresa tradizionale. La prima applica un pensiero ecologico a 360° che nella seconda, invece, è (quasi) totalmente assente. Da ciò deriva un’impostazione completamente diversa. L’economia civile si sgancia dall’antropologia negativa che pervade l’economia tradizionale e segue quella che è l’antropologia positiva. Lo sguardo sull’uomo non è neutro e lo dimostrano anche gli elementi cardine di questa tipologia di economia, precedentemente citati e che a fine percorso si sono arricchiti di altre caratteristiche fondamentali. Si amalgamo, dunque:

  • Reciprocità, ovvero la “mutua assistenza”, modus operandi che contraddistingue le relazioni e fa sì che esse non siano mai impersonali né anonime;
  • Fiducia, che lega le persone e implica vero interessamento per il bene comune;
  • Felicità pubblica, l’occuparsi del “diverso da sé” superando i confini dell’interesse circoscritto solo a “casa propria”;
  • Fraternità, con la quale il “diverso da me” è fratello e, quindi, ampliando la visione, il mercato diventa un luogo di scambi orientato nella direzione in cui le relazioni si caratterizza per fiducia e mutua assistenza che, di conseguenza, lo alimentano e lo rafforzano;
  • Gratuità, caposaldo che implica il dono, ben lontano dall’obbligo e dall’aspettativa di una contropartita e fa di esso la motivazione intrinseca.

Per meglio chiarire l’importanza di tutti questi elementi, Ivan Vitali ha delineato l’altra faccia della medaglia, ossia ciò che l’ineguaglianza genera, ragion per cui è razionale preoccuparsi degli altri. Tra le conseguenze troviamo, infatti, minori opportunità, l’ostacolo ad una crescita stabile e sostenibile, le inefficienze e l’instabilità del sistema, le divisioni sociali che sono costose e che costituiscono delle minacce per la democrazia.

L’economia civile, in conclusione, non riguarda solo ciò che un’azienda può fare, ma coinvolge le persone tutte. Infatti, anche come consumatori possiamo fare la differenza, agendo come Cittadini ConsumAttori. Ogni impresa, infatti, dipende dai compratori, segue le loro esigenze e in base ad esse crea ed adatta i propri prodotti. Votare con il portafoglio, ovvero orientare i propri acquisti in base a determinati parametri, cioè sui prodotti di aziende che seguono tutto il discorso svolto finora, è una grande opportunità per lanciare un messaggio forte alle imprese. Infatti, comprando prodotti di aziende che applicano i principi dell’economia civile aiuta a sostenerne la continua attuazione e incentiva quelle che non seguono questa visione a cambiare rotta e ad attuarla.

Nel pomeriggio, abbiamo trattato il secondo tema della giornata, ovvero i colloqui di lavoro, argomento che verrà affrontato anche in altre due successive lezioni.

Laura Suma, Sales & Service Consultant presso l’agenzia del lavoro Manpower, ci ha introdotti al mondo della selezione e ricerca del personale, illustrandocene i vari aspetti e i processi che lo caratterizzano.

I passaggi da seguire durante la ricerca del lavoro affinché essa risulti proficua sono 5:

  1. Analizzare se stessi, ovvero capire cosa voglio; per capirlo posso chiedermi: quanto penso di valere? Perché penso di valere?
  2. Rilevare la percezione esterna, cioè le esigenze delle aziende
  3. Individuare i canali di ricerca del lavoro
  4. Informarsi e conoscere il mercato di riferimento
  5. Acquisire strumenti: ciò implica il redigere un curriculum vitae e il saper affrontare in maniera efficace i colloqui di lavoro.
  1. Analizzare se stessi
  • Per potersi analizzare è fondamentale analizzare contemporaneamente diversi aspetti: le proprie abitudini, abilità, motivazioni, valori, interessi e passioni, per poter poi definire le macroaree professionali di nostro interesse. In particolare, al fine di trovarsi poi in un ambiente lavorativo sereno è importante constatare se i valori dell’azienda e dei futuri colleghi sono in linea con i propri.

Tutto ciò ci porta a essere in grado di scegliere più consapevolmente il tipo di professione che vorremmo svolgere, la quale ci deve interessare e soddisfare.

Con questi elementi possiamo, infine, definire il nostro obiettivo professionale.  Avere chiaro il proprio obiettivo professionale durante la ricerca del lavoro ci permette di trovare un’occupazione soddisfacente nel minor tempo possibile.

  1. Rilevare la percezione esterna
  • Rilevare la percezione esterna significa comprendere appieno le richieste delle aziende. Possiamo dividere questa rilevazione in due aree, ovvero l’area tecnico professionale e l’area comportamentale.

La prima area comprende le competenze tecnico specialistiche, anche dette hard skills, che consistono nel saper fare. Essa si quantifica come il 40% dei requisiti che un candidato deve possedere.

L’area comportamentale è formata dalle competenze trasversali, o soft skills, che costituiscono il saper essere e includono anche l’avere flessibilità e passione nello svolgimento della propria mansione. A queste caratteristiche viene data sempre più importanza e, infatti, rappresentano il 60% di ciò che viene valutato in un candidato.

Altro elemento imprescindibile di questa categoria di competenze è il personal branding.  Un concetto-guida per trovare lavoro in un mondo in cambiamento. Esso implica il lavorare sulla comprensione di sé per identificare e far emergere caratteristiche personali per le quali gli altri dovrebbero riconoscerci e puntare su di noi. Questo conduce, inoltre, alla definizione e affermazione della propria personalità professionale e non.

La particolarità dell’argomento, che tocca personalmente ognuno di noi masterizzandi, ci ha concesso di riservare un’ampia parte alle nostre riflessioni, alle domande e al confronto, per procedere poi con la parte esplicativa nella prossima lezione.

APPROFONDIMENTI

Valentina Perucchini

Lezione del 9 marzo – Project management

Sabato 9 Marzo 2019 Alessio Sperlinga, informatico e formatore, ha introdotto il tema del Project Management all’interno di un gruppo di lavoro.

Alessio Sperlinga

Lavorare in gruppo può rivelarsi a volte complicato per il fatto che bisogna tener contro della diversità di tutti coloro che lavorano insieme e dalle inclinazioni di ognuno; e non ultimo dalla  capacità di relazionarsi con gli altri, fattore imprescindibile per fare in modo che un lavoro possa avere successo.

I primi elementi fondamentali ,quando ci si accinge ad intraprendere un lavoro simile sono:

1) Avere ben chiaro quali siano le aspettative iniziali.

2) L’obiettivo da perseguire che deve essere  innanzitutto Raggiungibile, Concreto, Risolvibile e Stimolante.

Fermo restando che per un gruppo di lavoro più o meno esteso ci sia bisogno di un solo responsabile, è essenziale stabilire quali siano i ruoli che ogni persona coinvolta deve esercitare.

Le persone chiave di un progetto possono essere così identificate:

1) Chi decide: colui che ha potere decisionale

2) Chi osserva

3) Chi coordina: si tratta di solito di una persona che ha l’abilità di influenzare l’interlocutore.

Si può attribuire alla parola influenzare una doppia accezione, la prima negativa intesa come manipolare e la seconda positiva cioè: quella capacità di cambiare il comportamento dell’interlocutore per perseguire un risultato positivo.

Altro componente essenziale risulta essere la Comunicazione a maggior ragione quando si tratta di lavorare in un gruppo ed è fondamentale che avvenga prima, durante e alla fine di un progetto in modo che ci possano essere maggiori scambi di informazione volti a raggiungere l’obiettivo finale.

Un progetto per essere equilibrato deve tener conto di questi tre elementi: Tempo, Denaro e Obiettivo; a seconda del progetto si può adottare due tipi di piani, quello che viene chiamato                                Top-down (dall’altro verso il basso) quando di tratta di un progetto finito; e Bottom-up (dal basso verso l’alto) quando il progetto lo si comincia da zero, quando parte dalla base.

Elemento da non sottovalutare è la Prevedibilità, nel linguaggio comune a questa parola si attribuisce un’accezione negativa vista come una situazione già nota, che non lascia spazio alla novità; invece, nel campo del lavoro, può avere un significato profondamente differente in quanto l’interlocutore si sentirà più coinvolto; può in questo caso essere sinonimo di Affidabilità.

Bisogna convenire che un piano perfetto a priori non esiste perché un progetto è sempre in divenire nel senso che l’idea, la soluzione, per un risultato migliore, viene con il tempo; possiamo quindi affermare che, un piano, paradossalmente è a-temporale; in oltre spesso il tempo a disposizione è breve e quindi bisogna avere la capacità di massimizzarlo e averne buon uso.

All’interno di un lavoro di gruppo è altamente probabile che ci si imbatta in situazioni problematiche; motivo per cui ci sono le regole che fanno in modo che tutti siano allineati verso uno stesso obiettivo; un problema è una circostanza  per la quale non abbiamo una soluzione immediata ed è per questo fondamentale fermarsi, e pensare fuori dagli schemi per trovare una soluzione che possa avere una portata a lungo termine.

Come asserisce Einstein: “Un problema non può essere risolto nello stesso livello che lo ha generato” ragion per cui, dobbiamo adottare delle accortezze che ci consentano di affrontarlo in maniera più lucida e chiara possibile.

ATTIVITA’ CONCETTUALE

Abbiamo elaborato alcune strategie che possono aiutarci ad ottimizzare il tempo a disposizione e raggiungere l’obiettivo prefissato; e questo sono:

1) Limitare la quantità di cose da fare; non più di due alla volta ciò fa risparmiare il tempo

2) Aumentare efficacia: identificare quelle azioni che producono risultati, rendere  chiaro e visivo l’obiettivo

3) Rendere più semplici le cose cioè far in modo che siano meno complicate del problema stesso.

Frezer Villani.

Lezione del 8 Marzo- La responsibilità sociale d’impresa

Se vogliamo un mondo migliore, dove tutti stiamo bene insieme, dobbiamo impegnarci”, è con questa frase pronunciata da Angelo Cortesi che si apre la giornata del’8 marzo dedicata al tema della Responsabilità Sociale d’Impresa.

Cortesi,  inizia la sua presentazione ricollegandosi alla crisi del 2008. Crisi che ha toccato anche lui come imprenditore. Angelo sostiene che sia stata causata dall’avidità miope dell’uomo spinta da una teoria economica schizofrenica e riduzionista: verso l’uomo, l’impresa ed il valore. Dove per avidità si intende l’esclusivo tornaconto personale. Il tutto con una visione miope, orientata solo a risultati immediati e riferiti  al breve periodo (non tenendo conto degli effetti a lungo termine).

Accanto al tema della crisi economica ha analizzato anche quello ambientale, dovuto sostanzialmente allo sfruttamento incontrollato delle risorse e all’inquinamento che condiziona: aria, acqua, suolo e cibo.

Allora che cosa possiamo fare per cambiare la situazione? Due principi sono da osservare: bene comune e visione al lungo periodo. Il primo permetterebbe di realizzare utilità per tutti attraverso la creazione di un valore condiviso. Il secondo di essere più attenti ai bisogni e alle esigenze delle generazioni future senza ledere fattori determinanti per la nostra vita; è solo così che le nostre azioni saranno etiche.

E’ cambiata negli anni l’idea di profitto, la cui massimizzazione ha creato distorsioni e fratture nell’impresa determinando sfiducia nei contesti produttivi. Ne sono esempio  gli scandali che hanno colpito diverse multinazionali. Tutto ciò ha  diffuso il pensiero che il termine profitto fosse da intendersi più come il fine di un’impresa, che non un mezzo.

Cortesi  ha chiesto  cosa significasse, per noi ragazzi, essere un’azienda responsabile. E’ risultato :  onestà, rispetto delle risorse umane, dedizione all’ambiente, alla formazione dei dipendenti, senza dimenticare le conseguenze delle proprie azioni.

Vediamo come queste tematiche trovano riscontro a livello normativo: SA 8000, OHSAS 18001, ISO 45001, ISO 14001, Regolam. EMAS, AccountAbility 1000, ISO 22000, ISO 26000, ISO 27001, ISO 50001, Bilancio Sociale, Codice Etico, Interventi di CFR, Work life Balance.

Degne di nota sono: SA 8000 e ISO 26000.

  • La prima costituisce il primo standard a livello internazionale con cui si garantisce che un’organizzazione sia socialmente responsabile. Significa che l’impresa si debba impegnare al rispetto delle regole dell’etica del lavoro. Inoltre deve ricusare apertamente tutte le condizioni lavorative caratterizzate dalla disumanità: dallo sfruttamento, dall’iniqua retribuzione e dall’insalubrità del luogo di lavoro.
  • La seconda è uno standard internazionale che fornisce linee guida sulla Responsabilità Sociale d’Impresa. Allora ci chiediamo: perché le aziende devono diventare responsabili? Per rispondere all’ambiente, alla comunità e all’impresa, favorendo così un moltiplicatore di benefici per la società attuale nonché futura. Senza contare che siamo dinanzi ad impellenze non  più prorogabili: inquinamento e disastri ambientali, oltre all’esagerato consumo di risorse.
  • Sostenibilità, su questo dobbiamo concentrarci. Ovvero lasciare a chi verrà dopo di noi, un pianeta che sia ancora abitabile e usufruibile al pari di come ne stiamo usufruendo noi. Per fare questo bisogna innanzitutto prendere atto che: le risorse della terra non sono infinite e che oggi il 20% della popolazione consuma l’80% delle risorse disponibili sul pianeta.

Un ulteriore conseguenza che deriva da queste problematiche è l’emergenza povertà che non è fine a se stessa. Il dato allarmante è la forte disparità tra ricchi sempre più ricchi, poveri sempre più poveri. Possibili soluzioni potrebbero essere adottate analizzando la teoria della decrescita di Serge Latouche, la teoria delle 8 R: rivalutare, ristrutturare, ricontestualizzare, rilocalizzare, ridistribuire, ridurre, riutilizzare, riciclare.

Per riuscire a salvaguardare il nostro ambiente bisogna cominciare a sviluppare ed esercitare comportamenti di cittadinanza attiva. Ciò significa che ognuno di noi con un piccolo gesto può fare la differenza. La sola a cambiare non può essere l’impresa, la cultura di responsabilità infatti si deve radicare in ogni individuo. C’è bisogno di una leva forte, che obblighi le aziende ed i governi a comportarsi diversamente.

Dobbiamo essere consapevoli che il mondo non cambierà e non migliorerà senza l’impegno di ciascuno di noi, smettere di pensare che le nostre piccole azioni siano inutili, pertanto inutile solo iniziarle.

Mettersi insieme è un inizio, rimanere insieme è un progresso, lavorare insieme un successo.    –Henry Ford-

Articolo a cura di Lucia Ciampaglia

Letture suggerite:

Becchetti L., Il mercato siamo noi, Bruno Mondadori, 2012.

Luigino B., L’impresa civile: una via italiana all’economia di mercato, EGEA spa, 2010.

Wilkinson R. G., Pickett K., Olivieri A., La misura dell’anima: perché le disuguaglianze rendono le società più infelici, Vol. 22. Feltrinelli, 2009.

Siti web consigliati:

L’economia del bene comune, un modello economico che ha futuro:

http://www.economia-del-bene-comune.it/it

Visioni raccomandate:

Earth Day 2016 : https://www.youtube.com/watch?v=m-FM845giaI

Suzuki S., Discorso alle Nazioni Unite 1992: https://www.youtube.com/watch?v=fL_KBeJI3h4

Thunberg G., COP24 2018: https://www.youtube.com/watch?v=oDZWpmYj38U

Lezione del 2 Marzo – Strumenti di creatività

Ottavo appuntamento per il già affiatato gruppo di ragazzi del Master presso lo studio di Commercialisti Ferrari e Associati in centro Lecco. Unico relatore Alessio Sperlinga, per insegnarci alcuni strumenti di creatività.  Alessio ci guida ancora una volta nel complesso mondo della mente umana, quale potente strumento di risoluzione dei problemi in cui ci imbattiamo nel nostro vivere quotidiano.

Ogni giorno si verificano piccoli e grandi eventi, in circostanze più o meno prevedibili; situazioni che generano ostacoli, superabili solo se siamo in grado di inquadrarli e definirli correttamente. Infatti, senza una chiara consapevolezza della vera entità del problema, non è possibile trovare soluzione allo stesso.

Secondo la visione razionalista occidentale, basata sul pensiero convergente, una soluzione è tanto più efficace, quanto più semplice risulta essere rispetto al problema stesso. É necessario deframmentare, ridurre il problema in elementi/problemi più semplici (e quindi di più facile risoluzione), approcciandosi ad essi correttamente.

Spesso, è proprio la modalità in cui ci poniamo dinanzi ad un problema a renderlo complicato.  Ci lasciamo allontanare dalla soluzione anziché farci avvicinare. La negatività, la troppa razionalità o emotività, la tendenza a chiuderci nei nostri schemi, sono di per sé errori e ci impediscono di raggiungere gli obiettivi.

Ad esempio per il semplice fatto di pensare che “così non si fa” o “così non si può”, poniamo dei limiti alle nostre possibilità. E ancora, quante volte ci capita di affermare “non riesco a fare X”? É un po’ come se dicessimo “non riesco a pensare a X”, quindi “credo che X sia impossibile da fare”,

pertanto “non faccio X”, riducendo automaticamente il problema alla sfera dell’impossibile.

Dovremmo abituarci ad esercitare il pensiero positivo: “penso di non riuscire a fare X, per ora”, “penso che non sia possibile per me risolvere il problema, per adesso” e sforzarci, perchè ad ogni problema c’è una soluzione anche se non riusciamo a intravederla. Infatti, se non a noi, arriva poi magari qualcun’altro che “riesce a pensare a X e a fare X”, e dalla sfera dell’impossibile ci si eleva a quella del possibile.

“Quando ciò che si riteneva impossibile viene pensato, diventa possibile realizzarlo”. Come?

Se il problema non si risolve con la razionalità e gli sforzi come possiamo fare? Ricordare che il problema è una costruzione mentale, mentre la soluzione è una visione reale! E laddove il pensiero convergente, razionale e logico non riesce ad esserci completamente di supporto, possiamo sempre ricorrere al pensiero divergente, creativo e non convenzionale.

Ecco un esempio pratico:

Dopo aver preso un foglio bianco e tracciato nove punti come nella figura sottostante, proviamo a unire tutti i punti, con solo quattro linee e senza mai staccare la penna dal foglio:

Come riuscirci? Un consiglio è quello di uscire dagli schemi! Finchè abbiamo la percezione che esistano dei confini, e non possiamo uscire dagli stessi non troveremo la soluzione, provateci !

Infatti, spesso abbiamo difficoltà a risolvere certi problemi perché la nostra mente (nella fattispecie l’emisfero sinistro) cerca soluzioni sulla base di schemi già visti e li ripete in situazioni analoghe. Questo non ci permette di trovare soluzioni alternative. Imparare a pensare fuori dagli schemi significa abbandonare percorsi già tracciati in precedenza. Esercitando l’emisfero destro, ricorrendo alla creatività, all’immaginazione, alla flessibilità adottiamo un metodo differente ma maggiormente efficace di impostazione dei problemi, che si presentano nei contesti più vari.

Basti pensare all’aneddoto raccontato da Matteo Rampin, nel suo libro “Pensare come un mago”.    Parigi, inizio ‘900: il truffatore Victor Lustig prova a vendere la Torre Eiffel. Fingendosi un funzionario del Ministero delle Poste e dei Telegrafi (l’ente responsabile della torre), scrive ai più importanti commercianti di rottami di ferro del paese, informandoli che a causa degli alti costi di manutenzione, si è resa necessaria la demolizione e la vendita della Torre Eiffel. A loro chiede la massima riservatezza per non far trapelare la notizia. Alla fine di un percorso di scrematura un imprenditore risulta vincitore, ma in fase di chiusura della trattativa inizia a temporeggiare sul prezzo. Trovare il modo in cui Lustig ha convinto l’imprenditore a comprare la Torre Eiffel è l’esercizio che abbiamo intrapreso in aula.

Superiamo il principio generale, per cui si ritiene che tutti gli esseri umani abbiano cervelli che li aiutano a ragionare solo in modo logico, attraverso il metodo deduttivo (che procede dal generale al particolare, cioè da premesse e regole conosciute per ricavare il risultato) e induttivo (che procede dal particolare al generale, cioè da premesse e risultati conosciuti per risalire alle regole). Prendiamo coscienza dell’esistenza anche di un approccio più creativo ad un problema e alla sua risoluzione, attraverso il ragionamento/metodo abduttivo per cui partendo da alcune premesse o fatti che si vogliono spiegare, si cerca di individuare una possibile ipotesi che li spieghi.

Esercitiamo la nostra capacità di formuare ipotesi e di creare delle idee che si avvicinano alla soluzione, quando non riusciamo a trovarne una. Come ci suggerisce Alex Osborn, attraverso questi due metodi scientifici creativi:

  • il Freewheeling, letteralmente “a ruota libera”, come metodo individuale, da fare in uno stato di rilassamento e per circa dieci/venti minuti.
  • il Brainstorming, letteralmente “tempesta di cervelli”, come metodo di gruppo, da fare in circa mezz’ora. Dato un argomento ben definito o un problema lasciamo libero spazio alle idee, di ogni tipo, anche quelle più strane, che si trasformeranno poi in soluzioni o in un programma di lavoro per trovare in seguito una soluzione. Non ci sono regole, se non: vietato interrompere e vietato vietare, nessun giudizio!

Michela Bassani