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lezione del 1 marzo – Gli imprenditori si raccontano – Attività individuale di ascolto

Bentornati con una nuova puntata del Master Lecco 100 di venerdì 1 marzo. La giornata odierna è stata così suddivisa:

Nella prima parte, per il ciclo “Gli imprenditori si raccontano” abbiamo avuto una doppia testimonianza, rispettivamente Walter Cortiana (imprenditore) e Bruno Corti (assistente educatore). Mentre nella seconda parte è tornata a trovarci Cristina Pedretti, ex corsista dello stesso Master nella sua edizione del 2013, life coach e formatrice.

Gli imprenditori Walter e Luca Cortiana sono attualmente alla seconda generazione della 3C Catene: azienda fortemente affermata da oltre quarant’anni, sia a livello locale che nel panorama nazionale, nella produzione di catene in metallo di piccole dimensioni.

Walter_Cortiana

I tre valori guida che caratterizzano il nostro Master, sono gli stessi che Walter Cortiana applica nella sua azienda: competenze (non sono sufficienti), cuore (ci vuole passione) e convinzione (per raggiungere un obiettivo).

Nella sua vision le relazioni e le collaborazioni sono fondamentali per lo sviluppo dell’azienda e del territorio stesso. Giustappunto può vantare diverse collaborazioni con scuole, università e associazioni per diffondere la cultura, i valori del lavoro, vari progetti innovativi e l’alternanza scuola-lavoro.  Attraverso corsi di formazione, investimenti e innovazioni, la sua azienda ha raggiunto e ottenuto la certificazione di gestione della Qualità secondo la norma ISO 9001.  All’interno dell’azienda i suoi dipendenti sono al tempo stesso coinvolti e valorizzati. Il rapporto tra loro è familiare dimostrato anche dall’attaccamento del loro ex capo officina che nonostante la pensione è voluto tornare come consulente a titolo gratuito.

Nella seconda parte della mattinata ha preso la parola Bruno Corti, assistente educatore presso la Casa Don Guanella, comunità educativa molto affermata a livello regionale nel cuore della città di Lecco da più di cent’anni.

La Casa ospita attualmente circa 60 bambini/e e ragazzi/e in situazioni di disagio, difficoltà, depravazione e situazioni di pericolo fisico o psicosociale.

Corti inizia a lavorare sin da giovane come idraulico: “Esperienza formativa e professionale al tempo stesso”, affermerà. Di pari passo inizia ad avvicinarsi al mondo del volontariato che lo porterà a viaggiare nel mondo, soprattutto in America Latina. La sua esperienza l’ha portato oggi a essere oltre che educatore anche responsabile di progetti e a rapportarsi con le istituzioni locali.

I ragazzi sono continuamente stimolati a mettersi in gioco attraverso la gestione della casa, le relazioni, le attività e i progetti.   A tal proposito è stato realizzato il progetto Cascina Don Guanella, attraverso la ristrutturazione di un vecchio cascinale, nei pressi di Valmadrera, con terreno annesso. In questo ambiente protetto i ragazzi, insieme agli educatori, si occupano della gestione e mantenimento della struttura oltre che svolgere attività prevalentemente agricole, in quanto l’agricoltura rappresenta una formidabile risposta alle situazioni di disagio e favorisce la coesione e il lavoro di squadra.

Nel pomeriggio Cristina Pedretti che lavora per la Fondazione Luigi Clerici di Lecco, oltre che essere life coach, dopo una breve spiegazione teorica riguardo all’interazione tra speaker e ascoltatore, ci ha guidato in una serie di esercizi sfruttando alla massima potenza i ns canali sensoriali, visivi e uditivi.

Nel primo esercizio, dopo esserci divisi in coppie, bisognava raccontarci una storia a vicenda riguardo un argomento sui cui si era particolarmente ferrati.  Dal racconto dello speaker dovevano fuoriuscire parti verbali, uditive e sensazioni. Durante il racconto l’ascoltatore invece doveva fornire segnali: sensoriali (sguardo in alto), uditivi (laterale), visivi (in basso). Lo speaker a questo punto doveva adattare la sua narrazione focalizzandosi maggiormente sui nuovi segnali emessi dall’ascoltatore.  La finalità  dell’esercizio è quella di comprendere e di entrare in relazione con le persone che ci circondano nella vita di tutti i giorni, attraverso i canali sopra citati.

Nel secondo esercizio, sempre divisi a coppie, bisognava schierarsi di fronte al muro con appeso un foglio contenente le lettere dell’alfabeto, sotto ciascuna di esse corrispondeva una diversa lettera: d (destra) s (sinistra) i (insieme). (Vedi foto sotto).

L’esecuzione dell’esercizio corrispondeva nel leggere ad alta voce la lettera dell’alfabeto e alzare la mano in corrispondenza delle lettere sottostanti.   Ci sono tre livelli di difficoltà: mano singola, mano + piede opposto e lettura dell’alfabeto al contrario. Dopo il passare dei giorni, bisogna cambiare l’ordine delle lettere d, s, i perché è memorizzato dal nostro cervello e non diventa più efficace, affermerà la coach.  Cristina Pedretti ci ha consigliato di svolgere questo esercizio tutte le mattine per 10 – 15 minuti, al fine di sciogliere eventuali tensioni accumulate in precedenza e tornare in uno stato positivo.   Il fine dell’esercizio è l’interazione che si crea tra l’emisfero destro del nostro cervello, e quello sinistro. Lo scopo è far sì che essi siano riattivati.

Alla prossima puntata! Mi raccomando, non mancate!

Andrea Sarcinella

Siti web consigliati:

https://www.catene3c.it

http://www.donguanellalecco.it

https://www.chiacchieredavenere.it

Lezione del 23 febbraio – Sostenibilità ambientale

TERRA 2.0 – CONSUMO DI SUOLO E SOSTENIBILITÀ AMBIENTALE

La giornata del 23 Febbraio 2019 è stata dedicata ad un tema attualissimo: il consumo di suolo e la sostenibilità ambientale.

Change of scenery questa volta per i nostri “masterini”, ospiti, per l’occasione, dell’Istituto G. Bertacchi di Lecco, insieme con i ragazzi di tre classi del liceo delle Scienze Umane che stanno concludendo il loro percorso di studi.

Protagonista della giornata è Elena Granata, architetto e urbanista. Professore Associato di Urbanistica e Analisi della città e del territorio al Politecnico di Milano e collaboratrice  della Scuola di Economia Civile (SEC).

Elena conquista subito tutti con il suo entusiasmo e, raccontando ai ragazzi del suo curioso percorso di vita, spiega quale sia davvero il suo lavoro e la sua passione: le trasformazioni.

Racconta di un mondo, il nostro, dove tutto cambia. Il venire meno delle dicotomie del XIX e XX secolo – imprenditori vs lavoratori, profit vs no-profit, tempo libero vs lavoro, tecnologia vs natura, economia vs etica, lavoro vs gioco, mercato vs gratuità – ha permesso al cambiamento di farsi spazio, e alla realtà di fare dell’ibridazione, in tutti gli ambiti, la sua cifra costitutiva. Oggi è possibile fare cose che sembravano pura fantascienza anche solo vent’anni fa. Usare droni in agricoltura, fare un selfie con il Papa, affittare appartamenti di lusso a ore per guardare la partita con gli amici, costruire boschi verticali in centro Milano o prosciuttifici (ovviamente ecocompatibili) nel Parco Nazionale dei Monti Sibillini.

In questo mondo cambiano le parole e ne vengono introdotte di nuove – come responsabilità sociale, fiducia persona, ambiente, benessere. Cambiano anche i significati di parole abituali – come condivisione, amicizia, comunità, esperienza, compatibilità.

Le parole, si sa, sono di tutti  e la diffusione di nuovi concetti positivi non può che essere un bene; bisogna, però, prestare molta attenzione al loro significato e contesto di utilizzo.

Come afferma Luc Boltanski  “il capitalismo si nutre sempre delle idee e delle parole dei suoi nemici”. Se non siamo consapevoli dei rischi, è più facile per il mercato manipolarci, soprattutto in questo frangente di cambiamento.

È per quindi necessario, spiega Elena, applicare schemi di interpretazione divergenti. Questo per potersi orientare al meglio all’interno della più grande dicotomia storica: quella tra uomo e natura. Dicotomia su cui si basa tutta la dialettica dell’ecologia.

Anche questa dicotomia, in realtà, come le altre, oggi non è più valida. L’ha riconosciuto, nel 2015, anche Papa Francesco che, nell’Enciclica Laudato si’, afferma che non possiamo fare a meno di avere un approccio ecologico. Poiché l’approccio ecologico è necessariamente un approccio sociale. In un’ecologia integrale, c’è piena integrazione fra giustizia sociale e ambiente, le idee stanno insieme concettualmente.

Non ha più senso quindi parlare di questione ecologica oggi. Il pensiero ecologico è già il pensiero contemporaneo, è già il pensiero delle connessioni, della ricerca di relazioni.

L’ecologia non è più solo un tema da specialisti, ma è diventato un tema trasversale. La cifra comune a tutte le discipline, tanto che molti italiani illustri sono (stati) ecologisti pur non essendo dichiaratamente ecologisti: Pasolini, Calvino, la pediatra Laura Conti, il fondatore di Slow Food Carlo Petrini, solo per citarne alcuni.

Eppure in Italia, purtroppo, la consapevolezza della necessità di un pensiero ecologico non è ancora così diffusa. C’è un’evidente disgiunzione fra l’idea che noi italiani abbiamo del nostro Paese – che sentiamo nostro per il patrimonio culturale e artistico, per la bellezza del territorio, per la cucina e i prodotti alimentari – e il nostro modo di comportarci nei confronti del paesaggio che ci circonda.

Nel nostro paese, ci spiega Elena, c’è un consumo di suolo pari a 8mq al secondo. Si cementificano, con case e capannoni, fino a 70 ettari al giorno. Cifre, queste, che non sono mai state così alte come negli ultimi dieci anni, a fronte di un calo demografico, della recessione economica, del calo dell’immigrazione. “Perché, allora?” verrebbe da chiedersi. La questione è complessa, anche se le ragioni sono sostanzialmente di natura fiscale. Si fanno piani regolatori, si riempiono i vuoti, soprattutto nei piccoli comuni, si satura il territorio, per avere oneri di urbanizzazione da utilizzare per la spesa corrente. Inutile dire come questo meccanismo favorisca imprese la cui onestà (e legalità) è dubbia.

Un meccanismo perverso che, se non affrontato in un’ottica di progettualità nuova e mettendo in atto meccanismi virtuosi, rischia di trasformare l’amor loci tutto italiano nell’ennesimo esempio di consumo eccessivo di suolo e conseguente degrado ambientale.

E quindi, come se ne esce?

Se ne esce, ci racconta Elena, con l’applicazione di nuovi metodi per muovere le persone, per indurre comportamenti virtuosi. Con la teoria della spinta gentile di Richard Thaler, Nobel per l’Economia. Con le tecniche di spiazzamento del Sindaco di Bogotà, pedagogista, che ha riconfigurato il traffico di un’intera città. Con la Fun Theory. Con la creatività delle città del mondo, che permette a progetti come il recupero dell’High Line di New York, il termovalorizzatore di Copenhill, la biblioteca futuristica nella favelas di Medellín, le piazze che si allagano di Florian Boer a Rotterdam, di vedere la luce.

Se ne esce come gli studenti sono usciti dall’Aula Magna dell’Istituto Bertacchi dopo la mattinata con Elena: con la consapevolezza che ci vuole impegno e visione, e che non è dall’ortodossia e da contesti uniformi che nascono nuove soluzioni, ma da quelli in cui c’è un alto fattore di differenza e multidisciplinarità.

In una parola, se ne esce educando, alle parole e agli spazi.

Arianna Scaglia

Letture consigliate:

~ Biodivercity. Città aperte, creative e sostenibili che cambiano il mondo, E. Granata

~ Le città invisibili, I. Calvino

~ Il nuovo spirito del capitalismo, L. Boltanski & E. Chiapello

Siti web consigliati:

~ http://planetb.it/

~ Progetto VEnTO (Politecnico di Milano): http://www.progetto.vento.polimi.it/

~ Progetto Teen (Politecnico di Milano): https://www.teen.polimi.it/

Visioni consigliate:

~ Fun Theory 1: https://www.youtube.com/watch?v=SByymar3bds

~ Fun Theory 2: https://www.youtube.com/watch?v=qRgWttqFKu8

Lezione 22 Febbraio – Intelligenza emotiva in azienda e nel lavoro, Parte1 – strumenti di progettazione per l’accesso ai bandi

22.02.19 – INTELLIGENZA EMOTIVA // PROJECT CYCLE MANAGEMENT

La giornata di venerdì 22 febbraio ha visto la partecipazione di due diversi docenti: la mattina è stata dedicata all’incontro con Luigi Pastore, ingegnere civile e vice-presidente presso l’Agenzia per la mobilità e il trasporto pubblico delle provincie di Varese, Como e Lecco, mentre nel pomeriggio è stata accolta Cristina Pedretti, ex corsista dello stesso Master nella sua edizione del 2013, life coach, formatrice e curatrice del progetto al femminile “Chiacchiere da Venere”.

Con Luigi Pastore è stato affrontato il tema dell’intelligenza emotiva in azienda e nel lavoro, in un primo momento di scambio sulla tematica che avrà poi seguito nel mese di marzo. Pastore, esperto di comunicazione, marketing e motivazione per Marco Redaelli & Associati di Milano, nonché docente e consulente di direzione, appare fin da subito molto appassionato all’argomento proposto. «Non sono qui per darvi risposte o verità assolute, ma per instaurarvi dubbi, perché dove vi sono dubbi, vi sono anche domande». Il suo stile comunicativo è incisivo, profondo, graffiante. Pastore tesse con facilità un discorso molto articolato e complesso, arricchendolo con pillole di filosofia, economia e letteratura, e lanciando continue provocazioni ai partecipanti per stimolarli alla riflessione.

Si è partiti da  una riflessione sulla realtà, che per Pastore  non è oggettiva, ma solamente basata su credenze condivise. Ad esempio,  è discussa l’affermazione secondo la quale “il mondo è ingiusto”. Allo stesso modo ci si sofferma a riflettere su statements come  :

  • la realtà non è come appare”, poiché i sensi sono ingannevoli,
  • siamo tutti migranti”, da un punto di vista storico.

La lezione si sviluppa soprattutto sul tema del diverso. Secondo Pastore “siamo tutti diversi”,  negando il fatto che gli esseri umani collaborino spontaneamente, poiché il diverso fa paura. Emerge, tuttavia, che la diversità è necessaria per risolvere quei problemi complessi che da soli non si è in grado di gestire. È una questione di relazione, che nasce dall’interazione. La relazione è il vero valore della comunicazione fra gli individui. Perché questo sia funzionale, tuttavia, è necessario che l’uomo sia intelligente.

Citando le parole che M. Cipolla utilizza nel suo trattato sulla stupidità umana, l’uomo intelligente è definito come colui che con il suo operato ottiene benefici per sé e per gli altri. A questo punto Pastore apre una parentesi. L’affermazione appena fatta serve ad introdurre il tema della Responsabilità Sociale d’Impresa, non solo intesa come configurazione organizzativa sostenibile sul piano sociale, ambientale ed economico, ma soprattutto come creazione di valore. Un valore non limitato agli azionisti, ma condiviso con tutti gli interessati – i cosiddetti stakeholders – dalle relazioni aziendali (e.g. operai, fornitori, clienti, ambiente). «In una Organizzazione» – specifica l’ingegnere – «non è l’intelligenza assoluta dei singoli che fa la differenza di valore, ma la rete delle relazioni che sanno instaurare, con l’interazione, l’interconnessione, l’interdipendenza e l’integrazione dei loro atteggiamenti e comportamenti, con le situazioni in atto che faticosamente proviamo a conoscere».

Di seguito «l’obiettivo delle intelligenze relazionali è quello di far transitare  soggetti coinvolti nel giudizio, all’ascolto, per conoscere e capire e potersi parlamentare con la complessità della realtà, non solo individualmente, ma interagendo costruttivamente con gli altri in modo qualitativamente e reciprocamente gratificante, circolare, plurilivello, multidimensionale».

Pastore parla di intelligenze relazionali. Poichè, di intelligenze ve ne sono almeno 14 tipi differenti [vedi grafico]. Quella relazionale in particolare risulta utile e necessaria per sviluppare modalità di pensiero divergenti. L’uomo intelligente è l’uomo che ha rispetto per il diverso: in questo modo, esso è in grado di gestire le divergenze, accantonando le visioni della realtà che derivano strettamente dalla sua cultura di riferimento, alla ricerca di soluzioni innovative ed autentiche per il problem solving nella complessità del mondo di oggi.

La conflittualità, afferma Pastore, nasce dal rifiuto della diversità. Al fine, dunque, di inseguire l’eudemonismo – ovvero la ricerca del bene e della felicità in modo naturale – è necessario rifarsi all’intelligenza emotiva (relazionale e sociale). Questo tipo di intelligenza ricorre all’intelletto per scoprire, intendere e gestire le nostre e le altrui emozioni, educando ai sentimenti e al controllo delle passioni. La crescita, intesa come progresso, a livello individuale così come sul piano organizzativo, appare dunque possibile solo nel momento in cui l’uomo applica la gestione delle emozioni e si apre al rispetto per il diverso.

Infine, Pastore ha introdotto i temi della leadership, del rischio e del metodo scientifico per definire al meglio la figura dell’imprenditore, differente da quella del capo e del manager, intesa come soggetto in grado di porsi degli obiettivi.

Di obiettivi, formali, di business, professionali, personali si è parlato nell’incontro del pomeriggio, in compagnia di Cristina Pedretti.

Pedretti, esperta in didattica assistita dalle nuove tecnologie, lavora per Fondazione Luigi Clerici occupandosi di formazione e coordinamento, ma è più nota alla cronaca per il suo progetto di soft coaching ed empowerment femminile: il blog e canale podcast “Chiacchiere da Venere”, segnalato anche da ELLE.it fra le dieci migliori trasmissioni al femminile.

La prima parte delle ore pomeridiane è stata dedicata agli strumenti di progettazione per l’accesso ai bandi gestiti dall’Unione Europea, in particolare attraverso il Project Cycle Management, ovvero la gestione del ciclo del progetto [in figura].

Dopo aver illustrato l’iter procedurale di un bando, ponendo l’attenzione anche sui requisiti richiesti dagli stessi, l’intervento si è soffermato sulle principali caratteristiche che un buon progetto deve avere. Esse sono individuate

  • nella pertinenza,
  • nella fattibilità
  • nella sostenibilità.

E’ indispensabile, inoltre, che il focus del progetto sia sui reali bisogni dei destinatari. Lo strumento consigliato dalla dottoressa Pedretti per mantenersi focalizzati è quello denominato “albero dei problemi”. Partendo da un macro-problema reale, risulta opportuno analizzarlo attraverso la tecnica del brainstorming per individuarne sotto-problematiche, cause e conseguenze.

Successivamente, lo schema creatosi attraverso questa attività di pensiero è sottoposto ad un cambiamento di prospettiva, un ribaltamento, divenendo “albero degli obiettivi”. In questo modo, infatti, i micro e macro-problemi prima individuati divengono gli obiettivi effettivi, gli scopi del progetto, e le loro cause diventano gli atti sui quali attuare procedure trasformative effettive. Per assicurarsi un continuo controllo delle risorse, delle spese e delle condizioni verificabili per ciascun obiettivo, a questi strumenti vengono in aiuto il Logical Framework Matrix, ovvero l’Approccio al Quadro Logico, e il Business Model Canvas. Quando si scrive un bando, infatti, bisogna avere ben chiari

  • i criteri formali – l’eleggibilità del destinatario,
  • il budget di riferimento,
  • la calendarizzazione
  • le procedure di valutazione dei risultati che si intendono mettere in atto
  • le risorse a disposizione (partner chiave, attività chiave, canali…).

I vantaggi derivati dall’utilizzo di questi strumenti sono molteplici:
– la formulazione chiara degli obiettivi
– il focus sui risultati
– la flessibilità rispetto alle azioni messe in pratica (adattamento)
– la sostenibilità
– il monitoraggio e il controllo continuo
In questo modo, “se i risultati sono forniti e le condizioni avverate, allora gli obiettivi del progetto saranno raggiunti!”, conclude Pedretti.

La life coach passa successivamente a raccontare la nascita e l’evoluzione del suo progetto “Chiacchiere da Venere”. Illustrando  i risultati ottenuti dalla sua attività in termini di visibilità (followers, visite al sito, iscrizioni alla newsletter e acquisto infoprodotti) e i suoi progetti futuri, strategie di crescita e nuovi obiettivi. L’idea, nata nel 2016 come raccolta di interviste su temi femminili, si è infatti ampliata e sviluppata negli anni comprendendo un blog, un podcast, un sito web e un canale Youtube, elaborati con grande attenzione alle modalità comunicative. Oggi Pedretti, attraverso il personal branding e la brand awareness, punta a far maturare il suo progetto fino a renderlo la sua attività principale, promuovendo anche eventi, infoprodotti e percorsi di coaching personalizzati. E il team di Lecco100 non può che augurarle buona fortuna.

Nell’ultima parte del pomeriggio è proposta una mini-attività di empowerment personale, ovvero il “tu senza limiti”, secondo la seguente consegna: “Immagina di non avere alcun limite (tempo, competenze, soldi, relazioni…). Come ti vedi fra 3-5 anni? Cosa stai facendo? Chi sei diventato?”.

Dopo un primo momento di pensiero più libero in merito, si è passati alla focalizzazione di un obiettivo definito S.M.A.R.T. e alla stesura di un personale piano d’azione per il raggiungimento di tale obiettivo, definendo steps che fossero specifici, a basso rischio percepito, realizzabili a breve tempo, verosimilmente raggiungibili e congrui con il risultato atteso.

L’attività di Coaching, spiega infine Pedretti, è volta proprio a supportare i soggetti durante il periodo di progettazione e realizzazione di un obiettivo, affrontando la paura, la demotivazione e il disorientamento.

E tu, che stai leggendo, fermati un momento a riflettere: qual è il tuo prossimo obiettivo?

Il Master LECCO100 continua.

Erica Riganelli

 

 

Lezione del 16 Febbraio – Le Mappe Mentali

LE MAPPE MENTALI

INTRODUZIONE

Il viaggio del Master Manageriale Lecco 100 ci ha condotti, in questo quarto incontro, ad un’altra tappa fondamentale, ovvero quella delle mappe mentali.

Sotto la guida di Alessio Sperlinga, project manager, informatico e formatore freelance, ne abbiamo sviscerato ogni aspetto. Partendo dai principi cardine fino agli strumenti necessari per utilizzarle passando dalle figure che hanno avuto un ruolo cruciale nell’idearle e agli ambiti di applicazione.

Quello delle mappe mentali è un mondo ricco di colori e creatività, ma anche di ordine e pianificazione e, nondimeno, volto all’implementazione della memorizzazione a lungo termine. Durante la sua scoperta abbiamo potuto “toccare con mano” le regole sottostanti al loro utilizzo, comprendendone così più in profondità i meccanismi e prendendo maggior coscienza delle ricadute positive che il loro utilizzo ha. Fondamentale è stata, infatti, l’illustrazione dei principi scientifici che stanno alla base di questo metodo e la dimostrazione del suo possibile effettivo utilizzo in qualsiasi campo.

La lezione si è articolata in due momenti principali: la spiegazione teorica, breve e coincisa, e la sperimentazione pratica, divertente e concretamente proficua.

COSA SONO LE MAPPE MENTALI

Le mappe mentali sono un metodo di gestione delle informazioni caratterizzato dall’utilizzo di poche e semplici regole che ne rendono facile la creazione e la fruizione da parte di tutti, anche dopo un lasso di tempo consistente.

La figura che ha contribuito maggiormente a strutturare le mappe mentali nel modo che conosciamo oggi è Tony Buzan, psicologo inglese esperto in apprendimento, memoria e funzionamento del cervello e figura portante nell’ambito delle tecniche di apprendimento rapido.

Premessa necessaria per constatare il valore delle mappe mentali è stata la spiegazione del funzionamento della mente. Essa si muove su due versanti, uno esterno ed uno interno.

Verso l’esterno la mente opera 3 processi:

  • cancellazione, evitando la memorizzazione ed eliminando alcune informazioni inutili;
  • distorsione, sentendo alcune cose ed altre no; vi sono 3 tipi di distorsione: visiva, tattile, auditiva;
  • generalizzazione, anch’essa di 3 tipi: ogni persona applica i propri filtri, i propri metaprogrammi, i propri punti di vista.

Al suo interno ne opera 4, ovvero:

  • consapevolezza, ognuno parla a se stesso;
  • immaginazione, che conta più della logica, nella quale il potenziale creativo non ha limiti e in cui vediamo il pensiero divergente, creativo e non convenzionale, avere la meglio sul pensiero convergente, razionale e logico.
  • associazione, accostando fra loro diversi elementi;
  • ri-crea la realtà, cioè modifica i comportamenti comportandosi “come se”.

Infine, bisogna premettere anche che l’attenzione ha dei limiti: percepiamo 120 pezzi di informazioni al secondo, ma la realtà e molto più grande e dunque non sappiamo ogni cosa.

Possiamo decidere, però, di utilizzare questi meccanismi a nostro favore, come abbiamo potuto capire tramite alcuni esercizi che abbiamo svolto in aula.

USARE L’IMMAGINAZIONE

Per ri-attivare la nostra immaginazione il docente ci ha proposto un semplice ma impattate gioco chiamato Squiggle birds. Abbiamo tracciato su un foglio bianco 8 segni lasciando che il pennarello scorresse da sé; dopodiché A. Sperlinga ci ha dato l’istruzione di trasformare queste 8 figure in degli uccellini. Man mano gli ingranaggi della nostra mente hanno cominciato a ruotare e quelle linee che prima ci sembravano solo degli scarabocchi hanno iniziato a prendere vita!

USARE L’ASSOCIAZIONE

Un altro esercizio che abbiamo svolto riguardava la capacità dell’essere umano di creare associazioni illimitate e sempre diverse da persona a persona. Dopo aver disegnato una catena composta da 10 anelli, partendo dalla parola ‘blu’, ognuno di noi ha dovuto associare altre 9 parole, ognuna delle quali doveva essere collegata per associazione alla parola precedente e dalla quale per associazione scaturiva la parola successiva. Leggendo le associazioni di ognuno di noi, abbiamo verificato come in media siano solo 3 le parole in comune con le catene di solo alcune delle altre persone.

Infine, abbiamo svolto anche l’esercizio dei pianeti di Tony Buzan. Tramite una simpatica associazione di immagini paradossali, abbiamo costatato come è possibile ricordare l’ordine dei pianeti del Sistema Solare in modo molto rapido e duraturo.

Stando a tutto ciò, è chiaro come la differenza la faccia il modo in cui usiamo il cervello (sfatando anche il mito che con l’età insorgano dei limiti: magari con il tempo sviluppiamo modi diversi di usare la mente, ma possiamo comunque sempre usarla!) per trarne il maggior profitto possibile!

LA SCRITTURA CHE OSTACOLA LA MENTE

Generalmente riteniamo che la classica scrittura lineare sia il miglior modo di prendere appunti, ripassare, studiare, annotare qualsiasi cosa. Il punto di forza e, contemporaneamente, di debolezza di questa modalità è il fatto che essa sia sequenziale, a differenza della mente che, come appena detto, non è lineare. La sequenzialità porta poi a 3 grandi problemi:

  1. dobbiamo scrivere tantissime parole per spiegare un concetto;
  2. la quantità di informazioni annotate è molto elevata;
  3. la comprensione e la decifrazione non sempre risultano semplici e immediate.

Ovviando a questi tre problemi, le mappe mentali risultano così essere un’ottima modalità con cui dare forma all’informazione per ottimizzare tutte le nostre risorse durante l’apprendimento e la memorizzazione.

IL MATERIALE NECESSARIO PER CREARE LE MAPPE MENTALI

Il materiale di cui abbiamo bisogno per creare una mappa mentale sono:

  • un foglio bianco, posizionato in orizzontale;
  • dei pennarelli colorati, di 8 colori diversi.

Il foglio deve essere messo in orizzontale perché il nostro campo visivo è maggiore, ovvero vediamo di più, in larghezza che in altezza.

Per quanto riguarda i colori, è fortemente consigliato non usare colori simili, come rosso e arancione, uno accanto all’altro, in quanto si tende a considerarli un tutt’uno.

Per costruire le mappe mentali possiamo avvalerci anche dell’utilizzo di diversi software. Alcuni sono  gratuiti, come Freemind e X Mind, altri a pagamento, come Mind Manager, il più utilizzato al mondo, e IMindMap, approvato dallo stesso Tony Buzan. Possiamo inoltre avvalerci di applicazioni come la Jamboard di Google. Il consiglio del docente è che se vogliamo utilizzare degli strumenti digitali questi siano il più possibile dei software e siano collegabili.

Tuttavia, per imparare ad utilizzare le mappe il materiale migliore restano carta e pennarelli! =)

COME COSTRUIRE LE MAPPE MENTALI

La forma delle mappe mentali riprende quella dei neuroni: al centro vi è il nucleo e da questo nucleo si propagano diverse diramazioni. Parimenti, dunque, nelle mappe al centro troviamo l’idea centrale, che riassume tutto l’argomento del quale vogliamo trattare. Da questa scaturiscono i rami principali, ognuno dei quali è caratterizzato a sua volta da una parola chiave. È importante che ogni ramo abbia una sola parola, di modo che la sua lettura e la sua memorizzazione siano più coincise e immediate. Ogni ramo principale, poi, può avere diversi sottorami che ci permettono di entrare più nel dettaglio in riferimento al contenuto della parola chiave. A loro volta i sottorami possono avere degli altri sottorami. Infine, ogni ramo può essere collegato a uno o più altri rami, così come i rami possono essere collegati ai sottorami e i sottorami possono avere dei collegamenti tra di loro.

Disegnare i rami con delle linee curve è uno stratagemma grafico che risulta utile in quanto crea armonia e movimento sul foglio, mantenendo così più alto il livello di attenzione e memorizzazione.

Le parole devono essere scritte in stampatello e devono essere dello stesso colore e della stessa lunghezza del ramo (affinché le parole siano della stessa lunghezza del ramo è consigliabile prima scrivere la parola e solo successivamente disegnare il relativo ramo).

Accanto o in sostituzione alla parola chiave possiamo usare un’immagine chiave che la rappresenti, cosicché il meccanismo di immagazzinamento dell’informazione sia ancora più efficace.

Poter vedere il collegamento tra le parole disegnato con i rami,  svolge una funzione fondamentale all’interno delle mappe mentali. Questo perché permette l’unione visiva delle diverse parole creando così un vero e proprio percorso che aiuta ancor più a conferire un senso al tutto. Di conseguenza si ha anche una memorizzazione rapida e quantitativamente migliore. Tutto ciò, in poche parole, produce una relazione, la quale è alla base di comunicazione, e rende la creazione e la lettura della mappa mentale una vera e propria esperienza. Come noto infatti l’essere umano ricorda meglio tutto ciò che si trova sotto forma di esperienza.

COME LEGGERE LE MAPPE MENTALI

Il percorso di scrittura e lettura delle mappe mentali avviene partendo dalla parola chiave, che si trova al centro, per poi proseguire in senso orario la lettura della parole situate sui rami. Secondo lo stesso principio, anche le parole collocate sui sottorami devono essere scritte e lette in senso orario.

CONCLUSIONI

Ovvio approdo della mattinata è stato la creazione di una mappa mentale da parte di ogni partecipante al Master.

Scegliendo come argomento un proprio hobby, ognuno di noi ha creato una mappa mentale potendo così approcciarsi in maniera pratica a questo metodo e sperimentarlo in prima persona.

Ciò che ne è scaturito sono state otto mappe tutte diverse tra loro per argomenti, parole chiave e immagini chiave scelte, ma tutte facilmente comprensibili agli altri proprio perché basate su delle regole sempre valide. Inoltre, come avviene in ogni nostra lezione, confrontarci ha permesso di dare a tutti nuovi spunti su come migliorare il proprio modo di creare una mappa.

INSPIRATIONAL QUOTE

“I bambini hanno la capacità di animare qualsiasi cosa con un’immagine” A. Sperlinga.

Perché non ricostruire un po’ di questa capacità?

APPROFONDIMENTI

SOFTWARE CONSIGLIATI PER LA CREAZIONE DI MAPPE MENTALI

Valentina Perucchini

Lezione del 8/2/2019 La comunicazione interpersonale -Conoscere se stessi e gli altri seguendo gli studi delle neuroscienze-

“THE SHOW MUST GO ON – ACT II”

Il Master manageriale 2019 “Competenze, convinzione, cuore” ha raggiunto Venerdì 8 Febbraio l’atto II del proprio viaggio destinazione-“Giustizia”. Nella sala dal soffitto affrescato della Confcommercio di Lecco, la formatrice e counsellor Gabriella Vigo, dottoressa in Filosofia d’indirizzo psicologico, ha introdotto all’abc della comunicazione interpersonale ai giovani “masterizzandi”, affiancati dall’imprenditore locale, Angelo Cortesi, dal manager, Angelo Belgeri, e dal project manager, informatico e formatore freelance, Alessio Sperlinga.

A sigillo della propria auto-presentazione, invitando i ragazzi a “guardare al futuro per ricostruire il passato”, G. Vigo ha messo in luce una peculiare apertura ottimistica alla novità, e più in generale, alla vita nel suo farsi; molto spesso solo col “senno del poi” riusciamo a comprendere il senso e l’utilità dei nostri trascorsi, più o meno positivi, rapportandoli al nostro essere nel presente. Ergo, lasciamo sempre al passato il beneficio del dubbio, ricerchiamone i punti di forza e utilizziamolo nei termini di “magister vitae”.

Interiorizzato, almeno si spera, il prolettico al pensiero positivo, i giovani hanno preso la parola, invitati dalla relatrice a presentare se stessi nel rispetto di una “pseudo – scaletta” espositiva in tre punti: 1.chi sono io e qual è il mio stile relazionale, 2.cosa mi aspetto dalla giornata in positivo, 3.cosa non vorrei accadesse. Superati i primi momenti fisiologici d’imbarazzo, i ragazzi hanno lasciato trasparire le proprie emozioni, descrivendo se stessi, le proprie aspettative e i propri timori.

Al termine del primo step meta-cognitivo, la formatrice ha ripreso la parola, introducendo gli assunti base delle teorie sociali della comunicazione con riferimento ad alcuni degli assiomi principali. Sostanzialmente, la comunicazione è lo scambio circolare di significati che si sviluppa tra almeno due soggetti, di cui uno è l’emittente, l’altro il destinatario, almeno in una fase iniziale. Ogni soggetto nel dialogare con l’Altro porta con sé le proprie esperienze, i propri valori di riferimento e i propri pregiudizi. Nella relazione comunicativa, ognuno è chiamato a “trovare le parole” per dar voce ai propri pensieri e renderli  così comprensibili agli altri.              L’interpretazione corretta del senso del messaggio dell’Altro è un’operazione complessa fotografata con maestria da alcune celebri parole del Pirandello, tratte dall’opera “ I sei personaggi in cerca d’autore”: “ […] Abbiamo tutti dentro un mondo di cose; ciascuno un suo mondo di cose! E come possiamo intenderci signore[…]. Crediamo d’intenderci; non ci intendiamo mai![…]”. Eppure, nonostante fraintendimenti e malintesi, è impossibile non comunicare come da primo assioma; è sufficiente uno sguardo o una voce, un gesto o una postura. Infatti, prestando attenzione ai diversi canali di trasmissione del messaggio, dai più evidenti ai più nascosti, si distinguono con chiarezza tre modalità differenti di comunicazione: verbale, non verbale (distanza, postura, gesti, sguardo) e paraverbale (voce). Dopo aver chiesto ai ragazzi di mettere in relazione tre dati percentuali, 7%, 55% e 38%, con il livello d’attenzione prestato dal destinatario alle diverse sfumature comunicative dell’emittente, l’esperta ha fornito i matches corretti: solo il 7 % per la verbale,  ben il 55% per la non verbale e il  38% per la paraverbale. Le reazioni dell’uditorio sono state differenti: sorpresa, consapevolezza, fastidio. Evidentemente, non è  facile accettare che le persone con cui ci relazioniamo attribuiscono spontaneamente più attenzione a come ci muoviamo o ai vestiti che indossiamo rispetto a quello che effettivamente diciamo. La modalità è quella che passa ed è pertanto sulla modalità, soprattutto forse sulla modalità, che bisogna focalizzare qualsiasi lavoro di training. Tra gli elementi ulteriori che costituiscono e modificano il quadro comunicativo, concorrono il contesto e il livello simmetrico o complementare di relazione tra i ruoli degli interloquenti.

Ad arricchimento della mattinata, la relatrice ha proposto ai ragazzi un’attività d’analisi di un caso personale di successo e di un caso critico nella comunicazione. In una prima fase, tutti hanno compilato una scheda suddivisa in due sezioni, ciascuna per caso, analizzando i comportamenti e le caratteristiche che di volta in volta hanno determinato l’esito positivo o negativo dello scambio comunicativo. In un secondo momento, suddivisi in gruppi, i partecipanti hanno condiviso e raccolto le proprie riposte. Risposte che la formatrice ha rilevato e ripartito in quattro quadranti, rimandando al pomeriggio l’esplicazione del significato sotteso alla classificazione.

La mattinata si è conclusa  con la compilazione di un questionario “attitudinale” con punteggio, commentato solo nel pomeriggio, cui è seguito un breve excursus neuro-scientifico sull’articolazione in aree ed emisferi del cervello. Nella fattispecie, celebre è il modello evolutivo del cervello trino (suddiviso in tre aree) teorizzato dal medico e neuro-scienziato statunitense Paul Maclean (1913-2007): il cervello rettile, sede degli istinti primari, il cervello limbico, preposto all’elaborazione delle emozioni e alla coordinazione dei comportamenti comunicativi e sociali, e il cervello corticale, deputato al controllo delle facoltà razionali e cognitive. La suddivisione del cervello in emisfero sx e dx, rispettivamente contraddistinti l’uno dalla logica, dal rigore, dal principio del dovere e dalla pragmaticità, l’altro dall’apertura all’ignoto, dalla flessibilità, dal principio del piacere  e dalla creatività, risale, invece, al neuro-scienziato statunitense Roger Sperry (1913-1994).

Al termine della pausa pranzo, la formatrice ha proposto all’aula un’attività interessante. Dopo aver delimitato sul pavimento quattro quadranti con l’aiuto di due corde, corrispondenti alle quattro aree in cui è ripartibile il cervello, corticale dx (esploratrice) e sx (direttiva), limbica dx (partecipativa) e sx (normativa), la formatrice ha chiesto a ciascun membro del gruppo di scegliere una collocazione in base alle proprie caratteristiche, successivamente confrontate con quelle emerse dal punteggio del test.  Di volta in volta, i partecipanti al gioco, in principio appartati nella propria nicchia, erano invitati a confrontarsi con gli “abitanti” dei quadranti opposti, cogliendone potenzialità e “handicap”. In seguito ad una fase di esplorazione riflessiva, ognuno è tornato al proprio posto.

Per testare la propria capacità d’analizzare lo stile comunicativo altrui, i ragazzi sono stati invitati a prestare attenzione ad alcuni spezzoni tratti da due film, tra cui “Il diavolo veste Prada”; l’obiettivo era osservare e riconoscere in base alle diverse sfumature degli stili comunicativi le porte (corticali e limbiche sx e dx)  principali dei vari personaggi. Al termine di un momento costruttivo di discussione collettiva intorno alla vantaggiosità-svantaggiosità di possedere uno o più porte, ogni “masterizzando” ha compilato una scheda d’autoanalisi.

Prima di dare inizio alla fase finale di retrospezione, la formatrice ha mostrato al gruppo un ultimo video; la vicenda esilarante di un ragazzo che dopo mesi di pratica impara a guidare una bici fuori dagli standard (con destra e sinistra invertita) traccia un orizzonte di speranza nell’ottica futura di un cambiamento migliorativo del sé. Il cambiamento è difficile, ma non precluso a priori. È possibile implementare la funzionalità di alcune aree del nostro cervello e sviluppare così nuove abilità o approcci esistenziali, se necessario; pensiamo alla precisione, indispensabile in determinati contesti, o alla flessibilità, richiesta in altri: l’equilibrio tra leggerezza e pesantezza è sempre, o quasi, “the best policy”, il giusto mezzo aristotelico. Così recitava il profeta Zarathustra nel celebre scritto nietzschiano “Così disse Zarathustra”: “L’uomo è una corda tesa tra la scimmia ed il super-uomo”.

Non necessariamente per vivere nel mondo è indispensabile aprire contemporaneamente tutte e quattro le porte; è il nostro utile a suggerci qual è la condizione ottimale cui dobbiamo tendere per relazionarci efficacemente all’Altro in funzione delle sue caratteristiche proprie; la buona notizia è che possiamo raggiungere il traguardo senza sconfinare nei meandri evanescenti dell’utopia.

A conclusione dell’incontro, dopo aver completato un piano sommario di miglioramento, ogni ragazzo ha raffrontato le proprie aspettative iniziali sulla giornata con il proprio giudizio finale. Nel suo complesso, il feedback è stato assolutamente soddisfacente.

Ecco in sintesi i commenti dei ragazzi:

FREZER:  “Ho scoperto che esistono più  modalità di comunicazione. Ora  che sono più consapevole, riesco a comprendere i motivi delle mie reazioni. Il mio obiettivo è migliorare in risolutezza.”

VALENTINA: “La giornata ha soddisfatto le mie aspettative. Le mie idee sul mio stile comunicativo hanno trovato conferma. Voglio ampliare il mio spettro comunicativo ed utilizzare al meglio le mie capacità.

ALEXIA:  “Sono soddisfatta perché ho imparato qualcosa di nuovo su di me.  Credo che sia importante essere consapevoli di poter migliorare per riuscire a relazionarsi meglio con gli altri.”

ERICA: “Ero abbastanza consapevole del mio stile comunicativo. Ho apprezzato la capacità della formatrice di gestire attivamente l’aula, ed in particolare l’attività di attivazione del primo pomeriggio; disporci fisicamente dei vari quadranti è stato utile per mantenere viva l’attenzione.”

ANDREA: “La mia idea di partenza sul mio stile comunicativo ha trovato conferma. Credo di aver imparato a riconoscere quello degli altri.”

MICHELA: “Ho trovato conferma di ciò che pensavo su di me, la carenza di caratteristiche associate alla parte corticale dx. Carenza in parte più marcata di quanto pensassi. Cercherò di lavorare per migliorarmi.”

ARIANNA: “Sono contenta della giornata. Ho ricevuto sia conferme che sorprese sulla mia modalità di comunicazione. Sono soddisfatta d’aver  colto gli stili degli altri e credo sia importante sapere di poter migliorare.”

DENIS: “Non credevo che le mie caratteristiche comunicative fossero confinabili in una sola classe. Una sorpresa e una conferma su di me e su ciò che voglio migliorare.”

In attesa del terzo atto,

take it easy and follow Lecco100,

Alexia Buondioli

Visione consigliata:

Serie tv: “Lie to me” (first season)

https://video.panorama.it/video-divertenti-filmati-divertentissimi/la-bicicletta-al-contrario-ed-il-cervello/

 

Per saperne di più:

Paul Maclean e il cervello uno e trino

Come il cervello comprende il mondo

1 FEBBRAIO 2019. AL VIA LA 9° EDIZIONE DEL MASTER MANAGERIALE “COMPETENZE, CONVINZIONE, CUORE” PER TROVARE E VALORIZZARE GIOVANI TALENTI.

Prima lezione: il venerdì dello storytelling – GLI IMPRENDITORI SI RACCONTANO

Undici paia di occhi si cercano curiosi a vicenda nella stanza dal soffitto affrescato della Confcommercio di Lecco. Sono gli occhi dei giovani che hanno deciso di intraprendere insieme il percorso del nono Master manageriale “Competenze, Convinzione, Cuore” per trovare e valorizzare i talenti del territorio, organizzato da Lecco100 con il patrocinio di numerose realtà imprenditoriali locali. Ad accogliere i corsisti, i calorosi sorrisi di Angelo ed Emanuele Belgeri, imprenditori e manager della Airoldi e Belgeri S.r.l., e di Alessio Sperlinga, project manager, informatico e formatore freelance.

    Alessio Sperlinga

La prima parte della giornata è stata dedicata alla presentazione dei partecipanti e del tema del Master di quest’anno: la Giustizia. Per citare John Rowls, filosofo statunitense che si è occupato di morale e politica, “Justice is the first virtue of social institutions, as truth is of systems of thought”. Questo fa intuire come il tema di questa edizione sia collegato a quello dell’anno passato, ovvero l’etica, intesa come applicazione della morale. Ma cosa si intende per giustizia? La giustizia, innanzitutto, può essere intesa in due modi diversi. Si può parlare di giustizia sociale e, in parallelo, economica, quando essa riguarda i principi di uguaglianza e di libertà: si intendono con questa accezione i principi delle pari opportunità, pari diritti e il principio del bene comune. Un altro modo con il quale può essere intesa la giustizia è invece quello del merito, del rendimento o del bisogno: è la giustizia distributiva.

A questo punto, si è aperta una digressione relativa alla giustizia nell’era moderna, ovvero quella della giustizia legata al digitale. Il mondo di oggi pone nuovi problemi: ne è un esempio il sistema di giustizia basato sul credito sociale e sulla datacrazia che avviene in una regione della Cina. In questa regione, la vita sociale degli abitanti viene game-izzata: comportamenti socialmente definiti positivi fanno guadagnare punti e buona reputazione, comportamenti negativi fanno perdere punti e con essi a che alcuni diritti (e.g. il diritto di utilizzare i mezzi pubblici). Quanto l’avvento del digitale può influenzare in questo modo il nostro libero arbitrio? La risposta a questa domanda sarà uno dei temi che verrà esplorato durante questo Master 2019. Il corso toccherà numerosi e vari temi: la comunicazione efficace, l’intelligenza emotiva, la gestione dei conflitti, la responsabilità sociale d’impresa, il capitale umano e molti altri ancora.

Dopo queste riflessioni di carattere generale, per il ciclo “gli imprenditori si raccontano” il corso si è addentrato nella cultura imprenditoriale accogliendo Angelo Cortesi, general manager di Co.El. Srl, mollificio con sede a Torre de’ Busi.

A seguito di un brainstorming collettivo sull’immaginario della figura dell’imprenditore [immagine], Cortesi ha raccontato la sua storia e quella della sua azienda, affermando che le caratteristiche vincenti di un imprenditore sono l’ars combinatoria – ovvero la capacità di organizzare e coordinare le risorse al fine di ottenere i migliori risultati, combinando business ed etica –, la creatività e lo spirito di innovazione, oltre ad una profonda fiducia nel futuro. Della sua esperienza colpisce in particolare il fatto che Cortesi abbia deciso di abbandonare il mercato delle armi per motivi etici, per quanto fosse, nel suo settore, un ambito particolarmente proficuo.

Il manager ha poi parlato della crisi che ha investito l’Italia fra gli anni 2007 e 2008, affermando che solo chi è stato in grado di percepire il momento di crisi come innovazione e cambiamento, e non come una resistenza agli stessi, è riuscito a sopravvivere. A fare la differenza, dice, la flessibilità dei suoi dipendenti e la loro voglia di reinventarsi attraverso le pluricompetenze (formazione e riqualificazione professionale). Cortesi chiude il suo intervento parlando di welfare, inteso come le condizioni che, all’interno di un’azienda, aumentano il benessere dei propri dipendenti; fra queste la condivisione delle informazioni aziendali, la conciliazione del lavoro-famiglia e le politiche favorevoli al lavoro.

Il secondo ospite della giornata è stato Antonio Peccati, presidente di Confcommercio Lecco. Peccati ha condiviso con i corsisti le sue esperienze di vita, in particolare le sue passioni giovanili per il calcio, l’arrampicata e l’alpinismo, e ha raccontato aneddoti che hanno in qualche modo caratterizzato anche la sua successiva esperienza professionale come bancario prima e consulente finanziario poi. “Cercavo sempre una salita un po’ più alta”, afferma, e continua con “si tratta di saper scegliere bene i compagni di cordata”. Caratteristiche che, a detta di Peccati, fanno di un lavoratore un buon imprenditore: la disponibilità al lavoro e lo spirito di sacrificio, così come la capacità di delega e di saper individuare ruoli e punti di riferimento. Fuor di metafore, aggiunge poi che non può esistere un bravo manager che non abbia capacità di progettazione, attenzione e curiosità.    Le occasioni arrivano, bisogna  farsi sempre trovare pronti, altrimenti le sfrutterà qualcun altro.

Il Master ha infine accolto l’ultimo imprenditore ospite della giornata: Mauro Gattinoni, direttore di A.P.I., Associazione per le Piccole e Medie Industrie di Lecco. Dalla laurea in scienze politiche all’impegno nel giornalismo, fino ad arrivare alla maggior età all’interno di API, Gattinoni ha presentato il suo approccio positivo ed energico verso il mondo del lavoro, affermando che i punti cardine per il successo sono lo sviluppo di competenze tecniche e trasversali (hard skills & soft skills), la formazione continua e l’etica aziendale, declinata nel rispetto delle regole e nel riconoscimento del merito. Ha infine consigliato l’impegno nel volontariato come esperienza formativa.

O ti formi o ti fermi, insomma! Buon Master a tutti.

La mente dell’uomo superiore ha familiarità con la giustizia; la mente dell’uomo mediocre ha familiarità con il guadagno ~ Confucio

Stay tuned.

Erica Riganelli

 Letture consigliate:
● Rowls, J. (2008). A theory of justice. Trad. it. Maffettone S. (Ed.), Una teoria della giustizia. Milano: Feltrinelli.
● Baricco, A. (2018). The Game. Torino: Einaudi.
● Castelli, S. & Garruccio, R. (2010). Imprenditori. Una ricerca su Milano. Segrate: Mondadori.

Visioni consigliate:
● Rai 1, Stagione 2018 (06.09.18). Codice – La vita è digitale. Politica Digitalizzata. www.raireplay.it
● Mollificio Co.El. Srl, presentazione – https://www.youtube.com/watch?v=ZBPsrDx9u5o&t=17s

Ascolti consigliati:
● Marco Mengoni – Esseri umani (2015) – https://www.youtube.com/watch?v=U-4OrzSBfm8
● Antonello Venditti – Che fantastica storia è la vita (2003) – https://www.youtube.com/watch?v=Kr0cDDJ7wFI

Lezione del 10 marzo – La formazione di genere

Alessio Sperlinga ha condotto il suo intervento sulla formazione di genere.

Alessio Sperlinga

Nel dibattito antropologico e sociologico contemporaneo, il termine genere ha sostituito il termine sesso per indicare la tipizzazione sociale, culturale e psicologica delle differenze tra maschi e femmine.

Il genere è fisicamente determinato, per una questione di chimica, di ormoni e feromoni, ed epigenetica, date le preferenze sessuali. Anche i sentimenti sono simili nel genere e le esperienze che si vivono. E’ inoltre mentalmente determinato, l’uomo e la donna infatti si differenziano per convinzioni, credenze e capacità.

La presenza di due generi in natura permette la riproduzione e il sostentamento della prole in modo differente da parte dei due. La natura infatti non fa nulla per niente. Genera equilibrio, con l’uomo attraverso il soddisfacimento dei bisogni, e con la donna attraverso la sublimazione dei bisogni. Il comportamento è infatti specifico del genere. L’uomo è di natura dedicato alla caccia, si occupa del sostentamento, solo se serve, e del gruppo. La donna si dedica alla cura dei cuccioli e degli anziani, coltivando così la socialità.

Il genere si distingue dunque anche attraverso dei bisogni, o delle scelte.

La Piramide  dei bisogni di Maslow indica in ordine gerarchico i bisogni di ciascuno. Partendo dal basso si evidenziano quelli che riconosciamo come bisogni primari, fondamentali per la sopravvivenza, che una volta soddisfatti non generano più importanza di alcun tipo. Fino ad arrivare a bisogni personali più elevati e che assumono importanza differente in ognuno di noi.

Dunque è come se l’uomo e la donna arrivassero da due pianeti differenti, le donne vengono da Venere e gli uomini da Marte. La soluzione alla base della convivenza di questi è sicuramente il dialogo. Sta di fatto però che entrambi affrontano questo aspetto in maniera differente. Gli uomini tendono a tacere, parlano per un motivo, le donne invece dialogano, esternano, spiegano e lo fanno principalmente per esprimere i loro sentimenti. Infatti altra cosa fondamentale, soprattutto per la donna, è l’ascolto.  Le donne di natura tendono a interessarsi alla figura altri, per migliorare se stessi e gli altri. L’uomo, fondamentalmente, se vuole un consiglio te lo chiede.

Anche la gestione dello stress è affrontata in maniera differente, l’uomo tende ad evadere, a chiudersi, la donna contrariamente parla e si apre.

Alessio Sperlinga durante la lezione ci ha mostrato attraverso un confronto diretto tra donne e uomini del gruppo ciò che appunto è stato detto finora. Ciascuno ha compilato un questionario, esprimendo i principali bisogni che secondo lui/lei dovrebbe soddisfare il proprio partner e quelli che dovrebbero essere i bisogni stessi del nostro partner. E’ emerso come il gruppo femminile abbia racchiuso nelle sue risposte necessità di uno e dell’altro sesso, mentre il gruppo maschile ha dato in entrambi i campi risposte concentrate propriamente nella sfera maschile, non interrogandosi realmente sulle necessità altrui.

Ma fondamentalmente una sola cosa può annullare questo divario tra i generi: l’Amore.

Due persone che si amano sono nello stesso tempo, e tolgono il tempo a chi gli sta intorno.”  L’amore infatti è tempo, condiviso, rubato, trascorso. Mente, poiché tendi sì ad innamorarti dell’altra persona, ma anche forse dell’idea che hai di questa. Ovviamente poi, l’amore è cuore.

Grazie ad Alessio per aver affrontato questo argomento in maniera così vera e sincera.

“La donna è la rovina dell’uomo ma resta il fatto che l’uomo senza la donna è rovinato.” 
MARILYN MONROE

Nadia Coppola

 

 

 

 

Lezione del 09 marzo – La responsabilità sociale d’impresa

L’incontro del 9 marzo ha visto coinvolto Angelo Cortesi. Tema dell’incontro: la responsabilità sociale d’impresa.

Angelo, che già  avevamo conosciuto nell’incontro dove aveva esposto il proprio concetto di impresa, si è ripresentato così, in modo molto accogliente e positivo: “Se vogliamo un mondo migliore, dove tutti stiamo bene insieme, dobbiamo impegnarci”.

Ricollegandosi alla crisi del 2008 : negli incontri passati era stata analizzata da un punto di vista più “economico”, questa volta è stata approfondita nel suo impatto sul fattore “umano”.  Secondo Cortesi essa è stata causata “dall’avidità miope dell’uomo spinta da una teoria economica schizofrenica e riduzionista“.

Cosa significa avidità miope?

Con avidità si intende l’obiettivo esclusivo del tornaconto personale, con miope una visione di risultati  immediati e focalizzati solo sul breve periodo, senza quindi tenere conto degli effetti a lungo termine.

A latere della crisi economica è stata analizzata anche la crisi ambientale, dovuta sostanzialmente allo sfruttamento incontrollato delle risorse e all’inquinamento che va a ferire l’aria, l’acqua, il suolo e il cibo.

Questa visione negativa  è però subito bilanciata da un’altra: “Nutro una grande speranza in voi e sono convinto che voi cambierete le cose”.

Così giungiamo alla domanda cruciale, come cambiare?

I principi, apparentemente molto semplici, ma al contempo difficili da eseguire sono due:

  • Perseguire il bene comune
  • Avere una visione di lungo periodo

La chiave di tutto si può racchiudere in questo concetto: “Non si può cambiare ciò che non si conosce“.

Se agiamo per il bene comune con una visione di lungimiranza, le nostre azioni si potranno definire etiche. Allora perché ancora oggi vediamo tanti scandali ?  Alla base di questi comportamenti c’è  spesso poca cultura sulla responsabilità.

L’idea di responsabilità va oltre la legge, in un certo senso non è responsabile chi si focalizza solo nell’affermare “io rispetto le leggi”; le leggi dovrebbero essere rispettate da tutti. Si tratta di una sfumatura sottile. Per quanto riguarda le regole poi spesso siamo portati a vederle come dei divieti, dei limiti, delle restrizioni. È normale, capita a tutti. Però si deve anche dire che le regole siano delle conquiste civili, il frutto di una maggiore consapevolezza verso le persone e l’ambiente. Cambiando il punto di vista, cambia immediatamente la connotazione che diamo alla regola, da negativa a positiva.

Il termine responsabilità deriva dal latino respòndere, che significa impegnarsi a rispondere, a qualcuno o a se stessi, delle proprie azioni e delle conseguenze che ne derivano.

Legato al termine responsabilità si colloca bene il concetto di sviluppo sostenibile, inteso come la capacità di soddisfare le necessità delle attuali generazioni senza compromettere le necessità delle generazioni future. In poche parole sostenibilità significa lasciare ai nostri figli, ai nostri nipoti, a chi verrà dopo di noi, un pianeta che sia ancora abitabile e usufruibile al pari di come lo stiamo usufruendo noi.

Per fare questo bisogna innanzitutto prendere atto che:

  • Le risorse della Terra non sono infinite
  • Oggi il 20% della popolazione consuma l’80% delle risorse disponibili sul pianeta.

Un tema che ne deriva è l’emergenza povertà ma non fine a se stessa. Il dato allarmante è la forte disparità tra sempre più ricchi e sempre più poveri. Due immagini rendono bene l’idea: una bambina che non ha da mangiare da un lato e un cagnolino a cui viene organizzata una festa di compleanno dall’altro.

Stiamo sbagliando qualcosa?      I temi della fame, della povertà, della sofferenza sono temi che conosciamo bene. Non ci toccano in prima persona ma non ne siamo nemmeno estranei. Più difficile però è dire “Cosa posso fare io? Ho già abbastanza problemi a casa mia. Ognuno ha le sue gatte da pelare”.       Se solidarietà vuol dire sentirsi tutti responsabili di tutti, ecco che un imprenditore potrà impegnarsi a favorire la motivazione tra i suoi lavoratori, ad adottare una politica di sostenibilità ambientale, a sfruttare il territorio stesso come risorsa, a non abusare di ciò che è limitato o protetto o indifeso.

E in riferimento alla domanda di prima, stiamo sbagliando qualcosa?

Rispondo con questa frase di Angelo:     “Un’azienda responsabile può sbagliare anche lei ma  capisce di aver sbagliato”.

Daniele Redaelli