Durante la giornata di sabato, insieme ad Alessio Sperlinga abbiamo affrontato le tecniche di creatività e come queste possano essere d’aiuto nella soluzione dei problemi.
Alessio Sperlinga
Siamo partiti dal fatto che esistono numerosi metodi per pensare, di cui i due principali sono :
la logica, di origine greca, il pensiero convergente,
il pensiero razionale per il quale contano solo i fatti.
Il problema principale sono i bias (distorsione, deviazione dalla norma) cognitivi, che rappresentano il pregiudizio che noi abbiamo verso le cose. In ogni situazione che si presenterà nella nostra vita noi non riusciremo a conoscere tutto. Quindi, l’unico modo che avremo per risolvere il problema sarà adattarsi. La parola adattamento per certi versi può coincidere con la parola apprendimento. Se non abbiamo un’idea chiara sulla situazione, qualsiasi soluzione non sarà ottima, anzi probabilmente sarà sbagliata. Per prima cosa, dobbiamo dunque inquadrare il problema e definirlo correttamente.
La nostra percezione della realtà è imperfetta. Noi siamo bloccati all’interno di schemi e dobbiamo ricorrere alle nostre capacità per uscirne. Una soluzione potrebbe essere l’immedesimazione in una persona che sa come risolvere il problema. Compiendo questa attività si è già a metà dell’opera.
Per provare ad uscire dagli schemi, abbiamo fatto un gioco a squadre, dividendoci maschi e femmine. L’obiettivo era cercare di vendere la Torre Eiffel, come ci riuscì veramente il truffatore Victor Lustig.
Quando, nonostante la razionalità e tutti i nostri sforzi, non riusciamo a risolvere il problema, entra in gioco la creatività. Dobbiamo cercare nuove idee e qui viene in aiuto la teoria del brainstorming. Modalità ideata dai militari e testata in numerosi contesti aziendali. Questo processo di creatività non può prescindere da delle regole:
l’argomento deve essere definito;
vietato il giudizio;
bisogna lasciare libero sfogo alle idee.
In conclusione, quando ci sentiamo persi, dobbiamo semplicemente ripartire da noi, capendo ciò che amiamo, e dalla nostra passione rialimentare il fuoco per farlo divampare ancora con tutta la sua forza e poter esser finalmente essere felici e soddisfatti di noi stessi. Non avendo paura del giudizio altrui, perché ognuno di noi è diverso.
Qual è la nostra vocazione? In cosa siamo bravi? Qual è il percorso di vita che può fare emergere la versione migliore di noi?
“Qualunque cosa tu possa fare o sognare di fare, incominciala! L’audacia ha in sé genio, potere e magia.” –Goethe
Venerdì mattina Alessio Sperlinga ha trattato la tematica di come pianificare il proprio futuro.
Alessio Sperlinga
A tutti è capitato di sentirsi persi, di avere una gran confusione in testa, di non sapere cosa fare. Questo accade perché non poniamo la corretta attenzione sulle nostre azioni, non le sfruttiamo. Ogni cosa che facciamo durante una giornata, o per il futuro, la dobbiamo fare perché ci renda felici. Un’ esempio di questa filosofia di vita è l’Ikigai : ognuno di noi ha qualcosa che ama, un modo in cui vorrebbe trascorrere il suo tempo. Questo può essere rapportato a ciò di cui il mondo ha bisogno. Quindi ciò che ci piace ed in cui siamo bravi ci potrebbe portare un guadagno, potrebbe diventare una professione. Per ogni competenza c’è un lavoro. Questa grande struttura, che ci può dare una dimensione di vita è l’Ikigai, ovvero ciò che ci fa alzare al mattino. Abbiamo bisogno di strumenti per definire e pianificare il nostro futuro. In qualsiasi cosa che facciamo dobbiamo avere un obiettivo.
Ma cos’è un obiettivo? E’ un qualcosa di concreto, immaginabile, misurabile, raggiungibile e deve essere stimolante. Se non ha queste caratteristiche è solo un desiderio. Ricordiamoci comunque che un desiderio può essere trasformato in obiettivo. Qualsiasi cosa facciamo nella vita la facciamo per raggiungere un risultato e se prima di compiere qualsiasi cosa la trasformiamo in obiettivi, avremo la certezza di raggiungerlo, con la consapevolezza di essere stati noi ad aver influito sul risultato programmandolo e definendolo. La capacità che tutti possediamo e che rende l’umanità così speciale è quella di saper porredelle domande interessanti su noi ed il nostro io. Partendo da questa incredibile chance, sono stati ideati diversi metodi per aiutarci in questo spesso non facile compito, uno di questi è il metodo WOOP.
Il metodo WOOP, metodo della psicologa sociale Gabriele Oettingen.
Wish (desiderio): pensa a qualcosa, che pur essendo impegnativo, può essere raggiungibile in un certo lasso di tempo; costruisci il desiderio, immaginalo.
Outcome (risultato): identifica come ti sentiresti se raggiungessi il desiderio, rendilo visibile ai tuoi occhi
Obstacle (ostacolo): quali ostacoli si potrebbero presentare, sia interni che esterni, immaginali. L’immaginazione dell’ostacolo ci predispone a superarlo.
Plan (pianificazione): pensa a una soluzione per superare questi ostacoli, affinchè tu possa raggiungere il tuo obiettivo. Come vuoi reagire di fronte all’ostacolo che ti si è presentato?
La consapevolezza tra ciò che desideriamo, e ciò che ci impedisce di realizzare il nostro desiderio ci fa superare gli ostacoli.
Il Tema del pomeriggio è stato il coaching, sviluppato da Cristina Pedretti. Cristina è Life & Corporate Coach, formatrice, consulente presso CP Consulting.
Cristina Pedretti
Cristina ci ha fatto lavorare su noi stessi, incominciando da una nostra autoanalisi. Questa analisi è stata svolta tramite speciali ruote, che consistono in due circonferenze, una sulla vita e una sul lavoro. Queste a loro volta sono divise nei diversi settori che rappresentano un aspetto della vita (Es. Emozioni, vita sociale, carriera, famiglia ecc.). A noi il compito di autovalutare la nostra situazione attuale e quella desiderata. Attraverso questa analisi è chiaro che il punto di partenza siamo noi, la conoscenza di noi stessi, dei nostri valori: da questi possiamo capire quali sono i nostri bisogni per vivere una vita a 360 gradi. I nostri bisogni assumono una rilevanza anche nel modo in cui noi interagiamo con il mondo esterno. Successivamente, tramite la piramide dei bisogni di Maslow, abbiamo fatto chiarezza su ciò che siamo riusciti a realizzare e cosa no, e cosa per noi è rilevante od irrilevante nella nostra vita. I bisogni possono essere distinti in: bisogni primari (es. la respirazione, il sonno, il sesso, la sicurezza, la salute, la famiglia), bisogni sociali (es. l’autostima, amicizia), i bisogni del sé (es. la moralità, la creatività, l’accettazione di noi stessi).
In seguito, ci siamo domandati quali siano i nostri valori guida, quelli in cui spontaneamente e istintivamente ci riconosciamo. Ognuno di noi ne ha evidenziati 10 e li ha messi in ordine in importanza. Dopo aver fatto questo lavoro ci siamo lasciati con un compito, ovvero quello di definire il nostro obiettivo, cercando di specificarlo, ad esempio capendo quanto questo possa significare per noi e per la nostra vita. E successivamente a questo formare un nostro scenario ideale, da qui a 6 mesi.
Il tema di questa mattina sono le mappe mentali. Alessio Sperlinga ci ha spiegato questo potente strumento per memorizzare.
Alessio Sperlinga
Esse sono inoltre un riduttore di complessità e fanno leva sulla nostra capacità di raccontare una storia.
Un esempio di Mappa Mentale
Il loro creatore, Tony Buzan, afferma che, dalla sola scrittura, si apprendono concetti in modo monotono senza che diverse parti del cervello, importanti per la memorizzazione, vengano stimolate rendendo così più difficile ricordare. Per ovviare a questo problema e attivare queste aree nella nostra testa Buzan suggerisce di arricchire le informazioni, cioè il segnale che ci raggiunge. L’esempio più semplice, che tutti conosciamo, è sicuramente l’uso dei colori per sottolineare ed evidenziare un testo mentre lo siamo leggendo, ma la sua proposta punta a spingersi oltre.
Prima di entrare ancor più nel dettaglio è importante un inciso sulla Semiotica Moderna : il punto focale, come già accennato, è la narrazione. Ogni cosa assume senso solo se narrata. Inoltre deve essere ben compresa per poter essere poi raccontata. La semiotica moderna si propone infatti di analizzare i testi come se fossero storie. I metodi che utilizza fanno riferimento ad Aristotele, ed al folklore russo: in particolare all’analisi della fiaba. All’interno di ogni storia fantastica sono identificabili 20 passaggi suddivisibili in quattro macroaree. La prima è la Proposta che definisce l’oggetto di valore e definisce il contesto in cui si svolgerà la trama. La seconda è la Competenza, cioè la preparazione dell’eroe per raggiungere l’obbiettivo che viene seguita dalla Performanza: l’atto vero e proprio, la messa in pratica delle premesse precedenti. Il tutto si conclude con il conferimento di un premio o di una punizione in base alle azioni dei protagonisti. Ognuno di noi è in grado di rileggere tutte le fiabe ascoltate da bambino alla luce di questo schema, ma è possibile andare oltre; la Semiotica Generativa si prefigge di rileggere ogni cosa seguendo questi passaggi, affiancando al livello narrativo quello delle emozioni anch’esse suddivise in quattro gruppi: Amore, Sensibilizzazione, Concretizzazione dei sentimenti e Moralizzazione.
Ricollegandoci al nostro discorso, l’utilità per noi sta nella comprensione dei meccanismi narrativi. In questo modo, essendone consapevoli, possiamo aiutare il nostro cervello ad imparare seguendo e riconoscendo questo schema ogni qual volta volessimo imparare.
Sperlinga continua precisando che l’apprendimento è equivalente all’adattamento. Imparare significa adattarsi a quello che abbiamo intorno secondo imitazione, copiando gli altri e assimilando i loro comportamenti lungo un cammino probabilmente ricco di sbagli, che però possono servire da stimolo. Un esempio molto significativo che racconta è quello di un bambino che deve imparare a camminare: il piccolo cerca di imitare gli adulti, ma inevitabilmente cade più e più volte, dalle 2000 alle 6000 volte prima di riuscirci. Nessuno, nonostante gli innumerevoli errori, smette di aiutarlo o dubita che non imparerà mai. Al contrario, nelle scuole dopo solo un brutto voto gli studenti vengono segnati come irrecuperabili e non viene visto il beneficio di aiutarli, ma ci si ferma al doverli valutare.
All’atto pratico unendo i blocchi di teoria visti durante la mattina possiamo ora iniziare a costruire le nostre prime mappe mentali seguendo le regole elencate da Tony Buzan:
Prendi un foglio bianco in orizzontale, una matita e dei colori.
Scegli un argomento sul quale vuoi ragionare e metti al centro del foglio un titolo e anche un’immagine che ti suggerisca fortemente il tema. L’immagine non deve essere qualcosa di ben disegnato, anche uno scarabocchio va bene, l’importante è che sia una forma che nasce dalla tua mente e che restituisca alla tua memoria la suggestione di quell’idea.
Fai partire dal centro 4/5 rami principali che individuano le sotto-tematiche che ti permettono di sviluppare l’argomento. Inizia in alto a destra rispetto al centro e prosegui in senso orario questo sarà anche il verso per leggere la mappa.
Da ogni ramo principale poi puoi far scaturire nuovi rami che li dettagliano maggiormente.
I primi argomenti su cui ci siamo esercitati sono: la nostra famiglia e le nostre passioni o hobby. Grazie a queste piccole prove, nonostante l’apparente semplicità, abbiamo compreso che per sfruttare al meglio questo strumento è necessario allenarsi ad utilizzarle magari con l’aiuto di software che facilitano la parte grafica e rendono più facile l’archiviazione e la condivisione con altri.
Venerdì 5 febbraio è iniziato il nuovo Master Lecco100. L’attuale edizione, al momento, viene svolta interamente on-line.
Al mattino, si è partiti con le testimonianze di alcuni giovani partecipanti delle precedenti edizioni.
Qualcuno ha chiamato questo l’anno dei costruttori e ascoltando le parole dei partecipanti degli anni precedenti, possiamo comprendere l’importanza di questa esperienza come costruzione della persona e solo successivamente delle competenze. Il focus sulla persona e sulla sua crescita è ben identificabile grazie alla carica emotiva che ancora trasporta chi parla di questo percorso: punti di svolta, cambi radicali e scelte importanti sono la sintesi di quello che si sono sentiti in grado di affrontare una volta concluso questo percorso .
Successivamente, abbiamo incontrato chi una direzione alla propria vita l’ha già data in modo deciso.
Angelo Cortesi: Imprenditore titolare del mollificio Co.El. di Monte Marenzo.
Angelo Cortesi
Cortesi ha deciso di vivere la sua vita imprenditoriale ed agire con coerenza nel solco della responsabilità sociale d’impresa, fino ad essere premiato lo scorso anno a Firenze. Quali sono quindi le qualità che lo contraddistinguono e che lo hanno portato a non mettere al primo posto il guadagno a tutti i costi e ad allontanarsi dalla visione di Friedman, ossia l’impresa come insieme di contratti?
Angelo Cortesi elenca 3 caratteristiche: capacità di innovare, propensione al rischio e Ars combinatoria.
La capacità di innovare, come l’imprenditore spiega, può essere classificata come innovazione di:
prodotto,
processo
rottura.
Quest’ultima, a suo avviso, più difficile da ottenere poiché anticipa bisogni che ancora non sono visibili nel mercato. Cortesi continua affermando che per raggiungerla è necessario prendersi il rischio di trasformare scelte in opportunità identificabili grazie all’Ars combinatoria. Osservare il mondo e saperlo leggere combinando le diverse anime di progetto in modo efficace e non solo efficiente. Non si tratta solo di un rapporto costi-benefici, ma dell’effettiva finalizzazione di un’idea.
Una sintesi dell’intera descrizione della figura dell’imprenditore può essere, a suo dire, colui che ha grande fiducia nel futuro e allo stessotempo una visione positiva,nuova nel pensiero e negli ideali. Solo in questo modo si potrà restare lontani dall’attrazione della speculazione per fare davvero impresa con una funzione sempre più sociale all’interno delle comunità come agente politico.
In ogni momento, anche nei periodi di crisi, questa vocazione ha prevalso. Attraverso il racconto dell’anno 2008 Cortesi mette in evidenza i suoi comportamenti verso tutti gli stakeholders. Confessa di aver avuto paura di poter vedere azzerato tutto il lavoro di 30 anni. Ciò nonostante, ha cercato di agire con trasparenza e equità sia verso dipendenti che verso i fornitori. Inoltre, come lui stesso dichiara, ha voluto smettere di collaborare e quindi indirettamente supportare coloro i quali hanno portato alla crisi. Questa scelta si è poi estesa a chi in generale opera secondo criteri non morali. Due i casi simbolo: chiusura dei rapporti con una banca e il rifiuto di commesse da aziende produttrici di armi.
A conclusione del suo intervento si è definito “talebano” per i modi estremisti ma quando, ci si trova sull’orlo di un cambiamento non è forse l’unico modo per comportarsi?
Nel pomeriggio sono proseguiti gli incontri con gli imprenditori. Ad iniziare è Giovanni Pastorino, imprenditore di razza, titolare della Deltacalor di Calolziocorte
Giovanni Pastorino
Anche lui come Cortesi ci parla di innovazione e di come possa trascinare l’intera immagine dell’azienda sul mercato. A suo parere l’innovazione nasce dal “guizzo” di chi è capace di leggere, prima degli altri, le necessità del mercato realizzandole in tempi brevi. Fondamentali risultano quindi : curiosità, creatività e l’arte di saper cambiare tenendo però una vision ben precisa.
Appassionato di vela, paragona il processo ad una serie di bordi contro vento in cui si conosce la destinazione, ma in cui è impossibile mantenere una direzione lineare verso la meta e si è obbligati a procedere cambiando spesso verso alla prua. Così l’imprenditore innovatore deve sapere interpretare i cambiamenti del vento nel mondo grazie ad un processo di sintesi quasi istintivo.
Concludendo, ricorda che, in ogni caso l’ultima parola è sempre del mercato ed è lì che ogni azione viene valutata.
E’ seguito poi l’intervento di Antonio Peccati, oggi presidente di ConfcommercioLecco e Manager di un primario istituto finanziario internazionale.
Antonio Peccati
Per comprendere al meglio le sue parole è importante conoscere il suo passato da guida alpina. Questo perché dalla roccia sente di aver imparato molto e molto gli è stato utile nella vita lavorativa a partire dal concetto di meritocrazia della montagna che si potrebbe riassumere con il finale di un frammento di vita personale che ci ha raccontato: “Sempre pochi e sempre quelli ci si ritrovava sulla cima”. Dopo i petti gonfi delle notti in rifugio quando la salita richiedeva di arrivare ai fatti, ti ricordava che sei quello che sai fare e soprattutto quello che sai portare a termine. Eccolo il concetto di meritocrazia: chi più aveva allenato il proprio talento era riuscito a cogliere la finestra di bel tempo, sfruttare l’opportunità e conquistare la cima. Questo spiega il “sempre pochi”. “Sempre quelli” invece lo si ritrova nella frase più emblematica dell’intervento:” Vince solo chi vuole vincere” e non c’è bisogno di aggiungere altro per capire chi avessimo di fronte.
Dopo l’introduzione incentrata sui valori di impegno, volontà e concretizzazione il racconto continua con la spiegazione di come sia passato dalla montagna alla banca. All’inizio ci fu la volontà di dare una soddisfazione al proprio padre, che era prossimo alla pensione, prendendo il suo posto. Dopo poco tempo però, comprese che la posizione lavorativa non lo rappresentava e non ritrovava la tanto amata meritocrazia, cardine delle esperienze precedenti. Consapevole di non voler perdere tempo iniziò ad occuparsi dell’ambito titoli fino ad arrivare alla scelta di lasciare la carriera di impiegato di banca per una carriera da promotore finanziario, più personale, per poter costruire qualcosa per sé stesso.
L’esperienza di guida alpina, lo ha portato ad avere nei successivi ruoli lavorativi, umiltà riconoscendo i propri limiti e la necessità di imparare, allenarsi e prepararsi sempre al meglio.
Soprattutto se in cordata non si è da soli e ci sono persone che contano su di te, come clienti e come collaboratori. Verso entrambi bisogna garantire Fiducia e Responsabilità. Ottenere la prima e mantenersi nella seconda per mettersi “al servizio” e ripagare le aspettative di tutti portandoli ad un risultato concreto così da non sprecare la propria vita.
La conclusione del suo intervento può essere proprio questa: “Ragazzi ricordatevi di non sprecare la vostra vita” ma per farlo dovrete perseverare nell’impegno riconoscendo con umiltà che se oggi non riuscite potete sempre provarci domani se tornerete più preparati.
Ultimo incontro della giornata è stato con Bruno Corti, Responsabile e educatore alla casa Don Guanella di Lecco.
Bruno Corti
Corti incomincia a lavorare subito dopo le scuole medie per necessità, ma a 33 anni si iscrive a ragioneria continuando gli studi fino alla laurea in Scienze Sociali. Per descrivere il suo lavoro Corti ci ha parlato di come alla Casa don Guanella hanno abitato con lui molti ragazzi che descrive come “portatori di fatica” e spesso non per colpa delle loro scelte. Questo però li ha lasciati segnati ed a volte ha reso difficile il rendersi conto di essere in grado di fare o creare qualcosa. Ridargli questa fiducia aiutandoli a scoprire sé stessi è il compito più grande. Questa sfida passa attraverso la “pedagogia del grembiule” e l’esperienza del fare. L’apprendimento di un lavoro o la creazione di un oggetto, anche artistico, ricordano o insegnano per la prima volta ai ragazzi che il “fare” conferisce una propria identità e forma una persona.
Quattro imprenditori tutti con caratteristiche differenti ma che ci hanno consegnato le stesse parole chiave: responsabilità, fiducia e impegno. Dette così potrebbero sembrare la solita formula magica sulla scatola dei cereali per svoltare la vita in un giorno, ma approfondite da queste persone e nei loro discorsi non possiamo altro che sentirci spinti da una mentalità che ormai viene quasi additata come egoismo: quella del Fare. Fare per sé stessi ma anche per gli altri con la volontà di costruire qualcosa che prima non c’era e trasformare il mondo intorno a noi.
L’ Undicesima edizione del Master “Competenza, Convinzione, Cuore, per cercare, trovare e valorizzare i talenti” si svolgerà come di consueto da febbraio a maggio 2021.
Anche quest’anno docenti, imprenditori ed ex partecipanti sono a disposizione dei giovani talenti, per offrire loro un’occasione unica di formazione e crescita.
Negli ultimi anni abbiamo svolto lezioni durante il master Lecco 100 unendo i nostri allievi ai ragazzi dell’istituto Bertacchi di Lecco, classi terze e quarte, Abbiamo provato ad avere 80 persone in aula, con il supporto degli insegnanti.
Con l’avvento della pandemia abbiamo ripreparato tutta la formazione per essere svolta online.
Per i formatori come me è stata solo una bella sfida, ma per gli imprenditori e i testimonial è stato un momento difficile e si sono spaventati. Dopo qualche tempo, si sono adattati.
Con l’inizio dell’anno scolastico ci siamo sfidati a fare lezione online ai ragazzi delle terze e delle quarte dell’Istituto Bertacchi di Lecco, una classe alla volta, con la piattaforma Team di Google.
All’atto pratico abbiamo svolto la prima lezione, il primo giorno di scuola, per riscaldarci con una sfida difficile.
Le nostre lezioni entrano nel programma di alternanza della scuola, e gli argomenti sono:
Aumentare la sicurezza informatica personale
Apprendere al meglio le mappe mentali
Risolvere problemi con tecniche di creatività
Strumenti per definire e pianificare il nostro futuro
Abbiamo anche un imprenditore nel nostro gruppo, Angelo Cortesi, che svolge una lezione in presenza, trattando il tema del lavoro e dell’economia civile.
II motivi per cui proponiamo questi argomenti sono:
La sicurezza informatica personale è diventata necessaria perché viviamo in simbiosi con smartphone e computer,
Le mappe servono per gestire informazioni efficacemente,
la gestione dell’obiettivo serve per far uscire le domande e i desideri sul loro futuro e predisporli a gestire gli ostacoli,
le tecniche di creatività servono per aumentare la resilienza,
l’economia civile è un modo di pensare che mette al centro le persone nell’ambito economico.
Ogni classe è con noi per 3 o 4 mezze giornate, in un percorso nel quale in poco tempo impariamo a conoscerci:
La scuola fornisce un accesso a Google Meet, l’elenco degli allievi e una mail per contattarli.
I ragazzi ricevono l’invito via mail a partire da un calendario delle lezioni in Google.
La prima azione è l’appello, come in aula. C’è sempre qualcuno che arriva in ritardo o che ha problemi di connessione, mediamente una volta su due c’è un problema tecnico, ma basta insistere e ricollegarsi.
Alcuni paradossi sono che potremmo incontrarci per strada e non riconoscerci e che i nuovi arrivati nelle classi non possono conoscere i loro compagni fino alla prima lezione in presenza.
Nelle due settimane che abbiamo vissuto abbiamo già visto che le lezioni possono essere svolte con discreti risultati,
cercando di variare il ritmo durante la lezione, introducendo filmati ed esercizi,
intervistando alternativamente tutti per confortarci con un po’ di partecipazione,
provando esercizi in cui i ragazzi usano WhatsApp o altro per formare piccoli gruppi,
provando anche esercizi dove uno alla volta rispondano a voce, ad esempio imparando il brainstorming,
sostituendo i riferimenti bibliografici con quelli di serie tv o fumetti dove possibile.
corso mappe mentali
Nel caso specifico le lezioni hanno dei collegamenti e dei richiami.
Ad esempio, il primo giorno parliamo di sicurezza informatica personale, la privacy su internet che riguarda la nostra identità e la relazione fra fiducia, responsabilità, social network e connessione permanente a smartphone che tracciano ogni nostra azione e ci profilano per proporre pubblicità e vendere prodotti. Questo introduce al fatto che ci serviranno preparazione e creatività per difenderci.
il secondo giorno quando impariamo a fare le mappe mentali introduciamo il concetto che impareremo ad usare la nostra mente in un modo diverso, per avere qualche strumento in più in noi, quando ci troviamo in difficoltà. In un esercizio ognuno mappa il suo hobby ed il terzo giorno, nel gioco di gruppo sulla soluzione di un problema si rivelano le relazioni sociali presenti in aula.
Il terzo giorno facciamo notare che abbiamo accumulato queste informazioni e che si riferiscono alla sicurezza personale.
Il bilancio è positivo, i feedback dei ragazzi e della scuola sono mail di ringraziamento per l’approccio e il servizio e la soddisfazione dei formatori è alta, insomma si può fare 🙂
La lezione del 6 marzo si svolge, per cause di forza maggiore, in via telematica ed è tenuta dalla Life Coach Cristina Pedretti.
Cristina Pedretti
La dott.sa Pedretti apre la lezione presentando velocemente lo strumento
che stiamo usando per connetterci: si tratta di Zoom, un servizio di
Cloud computing che offre servizi di conferenza remota utilizzato spesso nelle
sue sessioni di coaching individuale ma che può essere gratuitamente anche per
sessioni di gruppo di 40 minuti come le nostre. La lezione mattutina si svolgerà
in tre sessioni.
La prima sessione si apre con un giro di presentazione di tutti gli alunni del Master. In seguito anche Cristina si presenta e racconta l’evoluzione della sua vita a partire dal momento in cui ha frequentato il Master Lecco100 utilizzando l’originale metodo della “Borsa dei ricordi”. Cristina fa passare davanti allo schermo diversi oggetti che la rappresentano o sono importanti per lei (scarpa col tacco, foto del matrimonio, lattina, tesina di maturità, pubblicazione con affreschi, spillina di Apple, libro PNL), ogni alunno sceglie quello che lo incuriosisce di più e Cristina racconta la storia legata a quell’oggetto.
La seconda sessione è invece dedicata al racconto da parte della life coach
della nascita e dell’evoluzione del suo progetto “Chiacchiere da Venere”
sottolineando come utilizzare gli strumenti di progettazione.
In primo luogo la dott.ssa Pedretti sottolinea che se vogliamo realizzarci è importante avere una visione chiara su chi siamo e su dove vogliamo arrivare.
L’idea di “Chiacchiere da Venere” nasce nell’agosto del 2016 come raccolta
di interviste su temi femminili, ampliandosi poi con la creazione di un blog, un podcast, un
sito web e un canale Youtube elaborati
con grande attenzione alle modalità comunicative.
Cristina sottolinea che ad un certo punto del suo percorso ha capito che il suo
obiettivo finale non era più solo quello della divulgazione, ma quello di
diventare una personal coach per aiutare le donne nella realizzazione di sé.
Per questo motivo chiaramente la sua strategia è cambiata, abbandonando per
esempio gli investimenti in social network, ma lavorando sulla sua immagine attraverso
il personal branding e la brand awareness. Il suo progetto in questo modo è
maturato arrivando ad essere la sua attività principale nella quale promuove
anche eventi e percorsi di coaching personalizzati.
Cristina offre una panoramica sui risultati ottenuti nei vari anni dalla
sua attività in termini di visibilità (followers, visite al
sito, iscrizioni alla newsletter e acquisto infoprodotti) e i
suoi progetti futuri, strategie di crescita e nuovi obiettivi.
A questo punto la life coach introduce uno strumento molto utile,
utilizzato anche da lei per la realizzazione dei progetti: il Business Model
Canvas (BMC). Tale strumento consiste in uno schema che permette di
ragionare su una nuova attività e che offre una visione complessiva cioè di
tutti gli aspetti del progetto.
L’esperta consiglia, per chi è interessato, la lettura del libro “Creare
modelli di business” di Alexander Osterwalder e Yves
Pigneur
che approfondisce l’argomento.
Cristina
spiega che spesso i bandi europei e non solo (che saranno trattati nella terza
sessione) ricalcano il modello del BMC e mostra agli alunni un progetto da lei
scritto per la partecipazione ad un bando.
La
life coach sottolinea che in generale quando si partecipa ad un bando è
importante essere focalizzati e riprendere, nella risposta, gli elementi
presenti nella domanda. Altri elementi da avere ben chiari sono anche:
i criteri formali – l’eleggibilità del destinatario,
il budget di riferimento,
la calendarizzazione
le procedure di valutazione dei risultati che si intendono mettere in atto
le risorse a disposizione (partner chiave, attività
chiave, canali…).
Infine
Cristina ricorda che, per la buona riuscita di un progetto, oltre all’idea
creativa e ai contenuti è importante anche avere una certa gestione contabile.
La
terza ed ultima sessione mattutina viene poi dedicata agli strumenti di progettazione per l’accesso ai bandi gestiti dall’Unione Europea, in
particolare attraverso il Project Cycle Management,
ovvero la gestione del ciclo del progetto(vedi figura)
Cristina infatti è un’esperta anche in questo campo avendo frequentato un apposito master.
Il PCM è un format ideato dall’UE negli anni 90 come modello
di riferimento univoco per la progettazione da parte di soggetti pubblici e
privati con lo scopo di fornire alcuni standard per rendere più efficaci gli
interventi di progettazione, capitalizzando al massimo gli investimenti della
Commissione Europea sullo sviluppo dei paesi membri dell’UE.
Dopo aver analizzato l’iter procedurale,
ponendo l’attenzione sulle caratteristiche delle varie fasi e sui soggetti coinvolti,
l’intervento si è soffermato sulle principali caratteristiche che
un buon progetto dovrebbe avere, ossia:
la pertinenza,
la fattibilità
la sostenibilità (e autosostenibilità anche a lungo termine quando
non vi è più il finanziamento).
Cristina sottolinea che per creare un progetto bisogna partire da un
problema concreto e presente, focalizzandosi anche sui reali bisogni dei destinatari, per poi creare una gerarchia di
cause e conseguenze. Lo strumento consigliato dalla dottoressa
Pedretti per mantenersi focalizzati è l’“albero dei problemi”
che consiste nel partire da un macro-problema reale analizzandolo attraverso la
tecnica del brainstorming per individuarne
sotto-problematiche, cause e conseguenze.
In seguito lo schema creatosi attraverso questa attività di pensiero è
sottoposto ad un cambiamento di prospettiva, un
ribaltamento, divenendo “albero degli obiettivi”,
obiettivi sia generali che specifici. In questo modo, infatti, i micro e
macro-problemi prima individuati divengono gli obiettivi effettivi, gli scopi
del progetto, e le loro cause diventano gli oggetti sui quali agire. Infine per
assicurarsi un continuo controllo delle risorse, delle spese e delle condizioni
verificabili per ciascun obiettivo ci possiamo servire anche del Logical Framework Matrix, ovvero l’approccio al Quadro
Logico, e del già presentato Business Model Canvas.
I vantaggi derivati dall’utilizzo di questi strumenti sono molteplici:
– la formulazione chiara degli obiettivi
– il focus sui risultati
– la flessibilità rispetto alle azioni messe in pratica
– la sostenibilità
– la possibilità di monitoraggio e controllo continuo
Nell’ultima parte della sessione vengono poi proposte alcuni spunti per attività
di autoanalisi e di empowerment personale.
Ogni alunno individualmente deve completare la propria ruota del lavoro
e della vita (vedi figura) colorando in primis i livelli attuali raggiunti
per i vari aspetti proposti e in seguito, con un altro colore, i livelli che
vorrebbe raggiungere.
Ogni anello concentrico è un punto e può essere colorato quindi da 0 (= livello
minimo di soddisfazione) a 10 = livello massimo, con 6 come sufficienza).
La dott.sa Pedretti pone poi alcune domande per far riflettere gli alunni
sulla propria situazione:
In quali
“fette” c’è maggior coincidenza tra stato attuale (SA) e stato desiderato (SD)?
Quali aspetti
ti hanno sorpresa di più durante questa riflessione?
Cosa puoi
fare per riempire di colore le aree che sono un po’carenti?
Quali
cose/fatti/circostanze vedi come possibili ostacoli a questo?
Se non hai colorato
come SD fino al 10 alcuni spicchi chiediti: “Perché”?
In seguito la life coach propone anche l’attività delle “Cinque domande
chiave” ideato da P. Ducker. Si tratta di porsi cinque domande
introspettive che aiutano a conoscersi meglio, sono domande che fanno crescere.
Le domande sono le seguenti:
Quali sono i miei PUNTI DI FORZA?
Come PERFORMO MEGLIO?
Quali sono i miei VALORI?
A cosa APPARTENGO?
A cosa dovrei CONTRIBUIRE e come posso FARE LA
DIFFERENZA?
Dopo un primo momento di lavoro individuale e libero si è passati alla
focalizzazione di un obiettivo definito S.M.A.R.T. e
alla stesura di un personale piano d’azione per
il raggiungimento di tale obiettivo, definendo step che
fossero specifici, a basso rischio percepito,
realizzabili a breve tempo, verosimilmente raggiungibili e congrui con
il risultato atteso.
L’attività di coaching, spiega infine la life coach,
è volta proprio a supportare i soggetti durante il periodo di progettazione e
realizzazione di un obiettivo, affrontando la paura, la demotivazione e il
disorientamento.
Ringrazio la dott.sa Pedretti per avere condiviso con noi la sua esperienza personale e le auguro di raggiungere tutti gli obiettivi che si è prefissata!
Il master prosegue nel pomeriggio con la lezione di Alessio Sperlinga sempre incentrata sulla progettualità.
Alessio Sperlinga
Alessio spiega che nella vita, quando vogliamo raggiungere un obiettivo,
dobbiamo rassegnarci all’incertezza. Non abbiamo infatti controllo se
non sulle nostre intenzioni.
L’esempio tipico della persona che vive nell’incertezza è quello del
venditore. Focalizzandosi sulla figura del venditore, gli alunni, con l’aiuto
di Alessio, individuano i vari aspetti che servono per raggiungere un
obiettivo.
Non è facile raggiungere e soprattutto mantenere i risultati (anche se la
persona, l’azienda e il prodotto piacciono molto ci può sempre essere qualcuno
più bravo), per questo non possiamo mai permetterci di avere sicurezza ed è
importante essere preparati.
La preparazione richiede 3 aspetti:
La preparazione
tecnica ossia tutto ciò che serve sapere per raggiungere l’obiettivo in termini di
conoscenza (conoscenza sul prodotto, sul contesto e su tutti i dettagli.) Oggi la preparazione tecnica è prevalente, è
necessario aggiornarsi continuamente.
La piena referenza
automotivata (PRA) che è l’obiettivo finale a cui tendere. Per esempio nel caso del venditore
la PRA non è solo la vendita del prodotto, ma consiste nel fatto che il
cliente, oltre a comprare, parla bene del venditore, del suo prodotto e della
sua azienda, così da avere influenza sugli altri. La PRA per essere efficace
deve essere diretta.
La preparazione
psicologica ossia la capacità di crearsi un’immagine positiva o di conoscere
l’immagine positiva dell’altro. Il nostro cervello infatti è una “scatola
nera”, a determinare la realizzazione di un obiettivo è l’immagine che io mi
faccio dell’obiettivo.
Inoltre conoscere le immagini positive degli altri aiuta ad andare incontro alle persone con cui interagisco e quindi rende i rapporti più agevoli
La parte finale della giornata è stata poi dedicata alla testimonianza dell’ospite Diana McWilliam, volontaria dell’Associazione Fabio Sassi che ha creato la struttura del Nespolo ad Airuno, eccellenza nelle cure palliative.
Diana McWilliams
Diana ha raccontato la sua esperienza come volontaria per l’assistenza ai pazienti terminali, la realtà delle cure palliative sia domiciliari che all’interno della struttura del Nespolo e infine ha riportato le esperienze di alcuni pazienti ricordando che la cosa fondamentale è dare dignità alla vita anche negli ultimi istanti.
Infine Diana invita tutti a parlare della vita e della morte con
naturalezza.
Non posso che ringraziare Diana per il suo servizio e per l’intervento toccante e commovente.
Sono Marco Piatti, ho
32 anni e ho frequentato l’ edizione 2015 del Master promosso dall’Associazione
Lecco100.
La passione per il marketing e per i
social mi ha portato ad entrare in contatto con l’Associazione Lecco100 e il
suo Master.
Nel 2014, verso
dicembre, stavo progettando il mio futuro post universitario. Mi sarei laureato
a marzo e non avevo la minima idea su cosa mi avrebbe riservato il futuro.
Laurea specialistica?
Un Master per approfondire gli argomenti che tanto mi piacciono? Iniziare a
lavorare?
Aprii il mio pc e
iniziai a cercare su Google se nella zona di Lecco c’era la possibilità di
frequentare un corso che trattasse, in modo approfondito, del marketing.
Mi ritrovai sul sito
di una “strana” Associazione lecchese che proponeva a giovani talenti un percorso formativo gratuito e poco impegnativo
in termini di tempo (le lezioni si svolgono un giorno a settimana).
Scrissi subito una
mail per chiedere maggiori informazioni e mi ritrovai, dopo pochi giorni, ad un
pranzo conoscitivo con i responsabili del Master e con alcuni miei futuri
compagni. In realtà non si trattava di un semplice pranzo ma di un test per
verificare la mia motivazione e
probabilmente riuscii a trasmetterla perché poco dopo mi fu comunicato che ero
stato selezionato per partecipare al Master 2015.
Le lezioni iniziarono
proprio in questo periodo (inizio febbraio 2015) e capii subito che non era un corso
“ordinario”.
Le lezioni in aula sono completamente
diverse da quelle universitarie. Non c’è un professore/formatore che spiega la
sua materia seduto alla cattedra ma gli incontri sono strutturati per essere un
continuo scambio di informazioni e di
opinioni.
I giovani hanno
inoltre l’opportunità di incontrare alcuni imprenditori
del territorio lecchese che dedicano parte del loro tempo per raccontare le
loro esperienze e per rispondere alle curiosità.
C’è la possibilità di lavorare in gruppo a progetti reali,
offrendo così l’occasione ai giovani di mettersi in gioco e imparare dai propri
compagni.
Sarei falso se dicessi
che tutte le lezioni mi sono piaciute allo stesso modo ma sicuramente tutti gli
argomenti trattati mi hanno permesso di ampliare le mie conoscenze e di poter crescere.
Il Master è pensato
per offrire degli spunti ai giovani che ancora non hanno le esperienze e le
conoscenze degli adulti, per poter in questo modo costruire il proprio bagaglio
culturale.
Una delle cose che ho
imparato grazie a questo Master è di guardare
(o almeno cercare di farlo) le cose da
un punto di vista diverso per risolvere i problemi che mi trovo ad
affrontare nella vita quotidiana e nel lavoro.
Un’altra cosa che ho
potuto apprendere riguarda l’importanza di lavorare
su sé stessi. Ogni persona deve seguire le proprie passioni e i propri
sogni, concentrarsi su tutti gli aspetti in cui si sente preparato, unico e
forte e sviluppare queste conoscenze per diventare “iper-qualificato”.
In futuro vorrei
partecipare ancora a qualche lezione del Master per tenermi aggiornato e per
ampliare le mie conoscenze su determinati argomenti.
Concludo consigliando
la partecipazione al Master solo a quelle persone che realmente vogliono
cambiare la loro vita e affrontare una sfida.
Se sei
una persona convinta di non poter apprendere nulla di nuovo e che non è
motivata a mettersi in gioco NON è un corso adatto a te.
Il master per me è stata una opportunità di crescita personale, perché per come è strutturato il percorso di formazione, hai la possibilità di andare oltre i tuoi limiti e sfidarti ogni volta, testando nella vita di tutti i giorni quello che hai appreso.
È un master con un grosso focus sull’individuo, ma anche sul concetto di comunità e di responsabilità etica, anche alla luce dei grossi cambiamenti che il panorama internazionale sta vivendo.
Lo consiglio vivamente a tutti perché se correttamente sfruttato, ti permette di allargare i tuoi orizzonti ed evolvere.
Matteo Piffaretti
il patrimonio imprenditoriale per fare impresa in un mercato che seleziona
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