Riunioni utili

“Dio è ovunque, ma è sempre in riunione.” – Flavio Oreglio

Carl Gustav Jung e la terapia di gruppo

I telefilm americani sono pieni di personaggi che frequentano i gruppi di alcolisti anonimi e derivano dall’idea originale di poter dare accesso a persone senza mezzi o che vogliono mantenere l’anonimato a gruppi di cura, in modo semplice e in qualsiasi spazio accessibile.

Cosa c’entra con le riunioni? Vediamo.

Perché fare delle riunioni?

Il motivo per cui le riunioni funzionano è ben evidenziato dallo scambio epistolare che Jung intrattenne con un collega all’inizio del 1955 (https://www.rivistapsicologianalitica.it/v2/PDF/1-2-1970-tecnica/I-2-1970_cap6.pdf )

come medico, io considero tutti i disturbi psichici, siano essi di tipo nevrotico o psicotico, come malattie dell’individuo; ritengo che il paziente debba essere trattato di conseguenza. L’individuo può venir trattato in gruppo, solamente se ne fa parte. Se è così, questo dovrebbe essere un grande aiuto, dal momento che, lasciandosi sommergere nel gruppo, egli sfugge in un certo senso a sé stesso. L’appartenenza ad un gruppo aumenta la sensazione di sicurezza, e diminuisce il senso di responsabilità. Una volta, mi venni a trovare in una fitta nebbia, mentre stavo attraversando un pericoloso ghiacciaio, insieme ad una compagnia di soldati. La situazione era così pericolosa che ognuno dovette fermarsi dove si trovava. Eppure, non vi fu traccia di panico, ma piuttosto lo stato d’animo di una festa privata! Se si fossero trovate là solamente una o due persone, probabilmente non si sarebbero neanche rese conto del pericolo della situazione. In quella circostanza, comunque, i coraggiosi e gli esperti della compagnia poterono far mostra delle loro qualità. Quelli timidi poterono appoggiarsi alla forza dei loro compagni, e nessuno fece parola riguardo la possibilità di dover improvvisare un accampamento sul ghiaccialo, cosa che avrebbe probabilmente provocato dei congelamenti agli arti, per non parlare poi dei pericoli se si fosse tentato di scalare il ghiacciaio. Questo è tipico dello spirito di gruppo.”

Ho scelto di cominciare così perché di solito quando si propone la formazione sulle modalità professionali con cui svolgere riunioni tutti pensano di sapere già cosa è una riunione e non ne colgono il senso profondo tanto sono abituati a considerarle come se fossero obblighi professionali o riti aziendali.

Quindi in aula nel Master Lecco 100 si procede su come organizzare e gestire una riunione e che tipo di riunioni possiamo proporre a seconda del contesto professionale. Cominciamo dicendo tre cose:

  1. le riunioni funzionano perché sono una dichiarazione di appartenenza a un gruppo e questo risponde a un bisogno della nostra specie.
  2. le riunioni sono uno strumento, non un processo. Quindi devono essere gestite con regole precise e senza “varie ed eventuali”.
  3. in tutte le riunioni il fattore tempo è il vincolo principale.

“La differenza tra un ubriaco e un alcolista è che l’ubriaco non deve partecipare a tutte quelle riunioni.” – Arthur Lewis

In azienda – Le riunioni per decidere

Le riunioni più diffuse nelle aziende sono dei Work in progress (lavori in corso), con una cadenza fissa, di solito settimanale in cui ci si incontra per fare il punto su progetti e si prendono decisioni per i passi successivi. Differiscono dai SAL (stato avanzamento lavori) per il numero di partecipanti e per l’urgenza. Mantenere il focus e procedere non vuol dire che la riunione debba essere svolta se non ci sono sufficienti motivi.

Qui sotto una mappa riassuntiva di una proposta su come organizzare una riunione

Un altro elemento fondamentale è che il consumo di tempo implica che alla riunione ci devono essere solo le persone necessarie e devono essere preparate. Spedire un ordine del giorno aiuta tutti a sapere cosa aspettarsi, a rispondere e ad apprezzare chi convoca la riunione perché sul lavoro essere prevedibili rassicura i colleghi e ti fa percepire come affidabile.

Chi convoca la riunione ha il dovere di moderarla e di assicurarsi di svolgere tutto quello che serve a raggiungere il risultato atteso nel tempo stimato, vedi mappa riassuntiva:

Verbalizzare è necessario per non perdere la memoria di cosa è stato deciso e quando. I tempi certi di una riunione vogliono dire che se deve durare al massimo un’ora dopo un’ora si smette o si fissa un’altra riunione.

Nella mia esperienza di molte riunioni con gruppi di lavoro, i migliori sono gli imprenditori:

  • sono preparati
  • puntano all’essenziale
  • dopo un’ora se ne vanno

Di solito durante la riunione teniamo traccia di dialoghi e decisioni su una mappa mentale che diventa il verbale e viene spedito nell’ora successiva ai partecipanti.

Se partecipiamo ad una riunione convocata da qualcun altro ecco i suggerimenti:

Un allievo di Lecco 100 che aveva avuto un ristorante in società con altre persone, dopo aver partecipato alla lezione era letteralmente affranto, quasi piangeva. non dimenticherò mai cosa disse: “Tu avrai detto 50 cose su come fare una riunione. Noi abbiamo fatto un sacco di riunioni e non abbiamo mai fatto una delle cose che hai detto, neanche una”. Si era reso improvvisamente conto di quanto erano impreparati.

La variabile remota

Negli anni della pandemia ci siamo abituati a fare riunioni di tutti i tipi in remoto, e uno dei maestri della teoria della comunicazione moderna, Giorgio Nardone, ha scritto un libro che richiama ill più famoso “Pragmatica della comunicazione” scritto, fra gli altri, dal suo maestro Paul Watzlawick. Il libro tratta proprio dei limiti e delle opportunità della comunicazione in remoto.

Il prof. Nardone dice che all’inizio era fortemente insicuro nell’uso di strumenti come Zoom, Meet, Teams e si chiedeva come avrebbe potuto svolgere il suo lavoro totalmente basato sulla comunicazione, con il paziente e con gli allievi. Con il passare del tempo si è accorto che riusciva a svolgere lezioni e soprattutto a ottenere risultati anche con le sessioni di terapia online.

Qui una piccola mappa riassuntiva dei concetti che mi hanno colpito durante la lettura:

In azienda – Le riunioni per informare

Stand-up meeting

Nell’ambito tecnico, in particolare per chi scrive software o segue progetti informatici, sono almeno vent’anni che esistono metodi di lavoro pensati per progetti spezzati in piccole parti che durano da una a tre settimane di lavoro e svariati metodi e strumenti che potete trovare su Google cercando “Metodo Agile”. Questo metodo prevede delle riunioni:

  1. giornaliere
  2. in piedi, in cerchio
  3. tutti hanno un minuto per parlare
  4. cosa ho fatto da ieri a oggi, cosa farò da oggi a domani, cosa non riesco a fare

Risultato: tutti sanno tutto e possiamo aiutare chi è in difficoltà

Ogni volta che ne vedo una o ne parlo non posso fare a meno di notare che assomiglia terribilmente a una terapia di gruppo 🙂

Queste riunioni sono strumenti usati insieme alle viste Kanban disponibili nei software per gestire processi. Sono il cuore del modo di lavorare delle piccole e medie aziende software e di molte aziende di produzione che usano i metodi della Lean production. Se volete saperne di più ho scritto un altro articolo sul Kanban, visto che lo insegniamo durante il master Lecco100: Jim Benson, Tonianne DeMariaBerry e il personal kanban

In azienda – Le riunioni per creare

Non molto usate in Italia, ma di grande successo in Asia e in oriente in generale sono le riunioni impostate sul metodo dei “Sei cappelli per pensare” di Edward De Bono. Uno dei più grandi creativi del secolo scorso di cui abbiamo già parlato in un altro articolo: https://www.lecco100.it/index.php/2022/10/13/edward-de-bono-e-il-pensiero-laterale/

La tecnica dei sei cappelli consiste nel permettere ai partecipanti di assumere ruoli diversi, esattamente come a teatro, a seconda del cappello che si mettono in testa. In questo modo è possibile per il moderatore, che indossa il cappello BLU, chiedere ai vari partecipanti di comportarsi e di comunicare come prevede il ruolo del colore del cappello a loro assegnato. Nel mondo orientale così legato a regole gerarchiche è un modo per ottenere il meglio, ovvero far dire ai colleghi cose che non direbbero mai secondo le loro convenzioni sociali. Possiamo farlo anche noi, ad esempio chiedendo a una persona di indole negativa di mettersi il cappello GIALLO e dire due cose da ottimista. Durante la riunione non si esprimono giudizi personali nei confronti di nessuno, si cambia solo cappello.

  • Cappello BIANCO – solo dati, numeri, fatti, informazioni – atteggiamento neutrale
  • Cappello ROSSO – emozioni, sensazioni, intuizioni – atteggiamento passionale
  • Cappello NERO – problemi, rischi, negatività – atteggiamento negativo/alterato
  • Cappello GIALLO – opportunità, aspetti positivi, speranze – atteggiamento positivo
  • Cappello VERDE – nuove idee, creatività, sviluppi possibili – atteggiamento sereno, richiamo alla natura
  • Cappello BLU – pacatezza, controllo, moderazione, supervisione – atteggiamento distaccato

In aula noi una riunione con i sei cappelli prima o poi a facciamo, non appena abbiamo imparato a conoscere i ragazzi dopo un po’ di lezioni.

Cosa ci riserva il futuro?

A riguardo ho scritto un altro articolo che trovate qui sotto. Ci sono le esperienze scolastiche e professionali pratiche che abbiamo fatto negli ultimi anni e le prime conseguenze emerse per il futuro a breve termine.

Ci vedremo alla prossima riunione nel metaverso.


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come iscriversi: https://www.lecco100.it/index.php/2022/09/08/vuoi-partecipare-al-master-2023/

il programma: https://www.lecco100.it/index.php/2022/09/07/stiamo-progettando-il-master-del-2023