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Lezione del 13 Marzo – Strumenti informatici : WordPress

IL MASTER LECCO100 È ONLINE

Nelle ultime due settimane il master è stato somministrato online, con Skype, Zoom e Webex.

Il master Lecco 100 online è stata una necessità a causa del Coronavirus.

E’ stata comunque un’esperienza positiva per noi formatori perché abbiamo potuto provare diverse piattaforme direttamente sul campo e quindi abbiamo dovuto risolvere dei problemi veri per rendere fruibili diversi tipi di contenuti ai partecipanti.

Nel momento in cui scrivo questo articolo stiamo facendo una sessione Webex per imparare ad usare WordPress ed alcuni allievi hanno scritto le loro impressioni:

GAIA

In questi giorni, per cause di forza maggiore, il Master Lecco100, che sto seguendo, si sta svolgendo in modalità online. Sicuramente l’esperienza è molto interessante perchè per ogni lezione stiamo utilizzando e sperimentando strumenti diversi, alcuni comuni, come Skype, altri sconosciuti e molto performanti come Zoom e Webex. Sicuramente, a parte qualche inconveniente tecnico, l’esperienza è molto positiva, riusciamo tutti ad interagire e a comunicare seppur a distanza. Forse l’unica pecca sta nel fatto che, non essendo in presenza, la soglia dell’attenzione si abbassa.

DAVIDE

La mia esperienza sul master online è tutto sommato positiva, purtroppo mi riesce più difficile farmi coinvolgere e mantenere un alto livello di attenzione via webcam, ma è un bene che stia procedendo, per cercare di distrarsi dalla situazione venutasi a creare a causa del coronavirus. La scorsa settimana è stata molto interessante la lezione di Cristina Pedretti, che ha introdotto il tema del coaching, così come la testimonianza di Diana Mcwilliam, molto profonda e toccante.


ILARIA

Grazie alle lezioni online sono finalmente riuscita a seguire il Master Lecco 100. Fino ad ora per lavoro purtroppo non mi sono mai recata in aula a Lecco e probabilmente avrei dovuto rinunciare al corso formativo. Invece ora, grazie alle lezioni online inizio a scoprire i contenuti del corso. So di avere perso molte nozioni e le relazioni umane, ma così ho sperimento una nuova modalità di relazione. Quindi piacere a tutti e grazie per avermi accolta… un po’ in ritardo!

ALESSIA

Sono venuta a conoscenza del Master tramite passaparola. Ho deciso di prenderne parte sia per provare una nuova esperienza sia perché penso che il tema sia davvero interessante da affrontare. Ad oggi sono molto soddisfatta delle lezioni, del clima che si è creato, dei miei compagni e delle persone che di volta in volta ho potuto incontrare. Una cosa bella, che mi ha molto colpito, è la possibilità di affrontare le lezioni da più punti di vista; non solo lezioni frontali ma anche lezioni interattive ed eseguite online. Adesso siamo collegati sul web per cercare di capire come funziona wordpress.

Alessio Sperlinga

Lezione del 6 marzo – Strumenti di progettazione

La lezione del 6 marzo si svolge, per cause di forza maggiore, in via telematica ed è tenuta dalla Life Coach Cristina Pedretti.

Cristina Pedretti

La dott.sa Pedretti apre la lezione presentando velocemente lo strumento che stiamo usando per connetterci: si tratta di Zoom, un servizio di Cloud computing che offre servizi di conferenza remota utilizzato spesso nelle sue sessioni di coaching individuale ma che può essere gratuitamente anche per sessioni di gruppo di 40 minuti come le nostre. La lezione mattutina si svolgerà in tre sessioni.

La prima sessione si apre con un giro di presentazione di tutti gli alunni del Master. In seguito anche Cristina si presenta e racconta l’evoluzione della sua vita a partire dal momento in cui ha frequentato il Master Lecco100 utilizzando l’originale metodo della “Borsa dei ricordi”. Cristina fa passare davanti allo schermo diversi oggetti che la rappresentano o sono importanti per lei (scarpa col tacco, foto del matrimonio, lattina, tesina di maturità, pubblicazione con affreschi, spillina di Apple, libro PNL), ogni alunno sceglie quello che lo incuriosisce di più e Cristina racconta la storia legata a quell’oggetto.

La seconda sessione è invece dedicata al racconto da parte della life coach della nascita e dell’evoluzione del suo progetto “Chiacchiere da Venere” sottolineando come utilizzare gli strumenti di progettazione.

In primo luogo la dott.ssa Pedretti sottolinea che se vogliamo realizzarci è importante avere una visione chiara su chi siamo e su dove vogliamo arrivare.

L’idea di “Chiacchiere da Venere” nasce nell’agosto del 2016 come raccolta di interviste su temi femminili, ampliandosi poi con la creazione di un blog, un podcast, un sito web e un canale Youtube elaborati con grande attenzione alle modalità comunicative. Cristina sottolinea che ad un certo punto del suo percorso ha capito che il suo obiettivo finale non era più solo quello della divulgazione, ma quello di diventare una personal coach per aiutare le donne nella realizzazione di sé. Per questo motivo chiaramente la sua strategia è cambiata, abbandonando per esempio gli investimenti in social network, ma lavorando sulla sua immagine attraverso il personal branding e la brand awareness. Il suo progetto in questo modo è maturato arrivando ad essere la sua attività principale nella quale promuove anche eventi e percorsi di coaching personalizzati.

Cristina offre una panoramica sui risultati ottenuti nei vari anni dalla sua attività in termini di visibilità (followers, visite al sito, iscrizioni alla newsletter e acquisto infoprodotti) e i suoi progetti futuri, strategie di crescita e nuovi obiettivi.

A questo punto la life coach introduce uno strumento molto utile, utilizzato anche da lei per la realizzazione dei progetti: il Business Model Canvas (BMC). Tale strumento consiste in uno schema che permette di ragionare su una nuova attività e che offre una visione complessiva cioè di tutti gli aspetti del progetto.

L’esperta consiglia, per chi è interessato, la lettura del libro “Creare modelli di business” di Alexander Osterwalder e Yves Pigneur che approfondisce l’argomento.

Cristina spiega che spesso i bandi europei e non solo (che saranno trattati nella terza sessione) ricalcano il modello del BMC e mostra agli alunni un progetto da lei scritto per la partecipazione ad un bando.

La life coach sottolinea che in generale quando si partecipa ad un bando è importante essere focalizzati e riprendere, nella risposta, gli elementi presenti nella domanda. Altri elementi da avere ben chiari sono anche:

  • criteri formali – l’eleggibilità del destinatario,
  • il budget di riferimento,
  • la calendarizzazione
  • le procedure di valutazione dei risultati che si intendono mettere in atto
  • le risorse a disposizione (partner chiave, attività chiave, canali…).

Infine Cristina ricorda che, per la buona riuscita di un progetto, oltre all’idea creativa e ai contenuti è importante anche avere una certa gestione contabile.

La terza ed ultima sessione mattutina viene poi dedicata agli strumenti di progettazione per l’accesso ai bandi gestiti dall’Unione Europea, in particolare attraverso il Project Cycle Management, ovvero la gestione del ciclo del progetto (vedi figura)

Cristina infatti è un’esperta anche in questo campo avendo frequentato un apposito master.

Il PCM è un format ideato dall’UE negli anni 90 come modello di riferimento univoco per la progettazione da parte di soggetti pubblici e privati con lo scopo di fornire alcuni standard per rendere più efficaci gli interventi di progettazione, capitalizzando al massimo gli investimenti della Commissione Europea sullo sviluppo dei paesi membri dell’UE.

Dopo aver analizzato l’iter procedurale, ponendo l’attenzione sulle caratteristiche delle varie fasi e sui soggetti coinvolti, l’intervento si è soffermato sulle principali caratteristiche che un buon progetto dovrebbe avere, ossia:

  • la pertinenza,
  • la fattibilità
  • la sostenibilità (e autosostenibilità anche a lungo termine quando non vi è più il finanziamento).

Cristina sottolinea che per creare un progetto bisogna partire da un problema concreto e presente, focalizzandosi anche sui reali bisogni dei destinatari, per poi creare una gerarchia di cause e conseguenze.  Lo strumento consigliato dalla dottoressa Pedretti per mantenersi focalizzati è l’“albero dei problemi” che consiste nel partire da un macro-problema reale analizzandolo attraverso la tecnica del brainstorming per individuarne sotto-problematiche, cause e conseguenze.

In seguito lo schema creatosi attraverso questa attività di pensiero è sottoposto ad un cambiamento di prospettiva, un ribaltamento, divenendo “albero degli obiettivi”, obiettivi sia generali che specifici. In questo modo, infatti, i micro e macro-problemi prima individuati divengono gli obiettivi effettivi, gli scopi del progetto, e le loro cause diventano gli oggetti sui quali agire. Infine per assicurarsi un continuo controllo delle risorse, delle spese e delle condizioni verificabili per ciascun obiettivo ci possiamo servire anche del Logical Framework Matrix, ovvero l’approccio al Quadro Logico, e del già presentato Business Model Canvas.

I vantaggi derivati dall’utilizzo di questi strumenti sono molteplici:
– la formulazione chiara degli obiettivi
– il focus sui risultati
– la flessibilità rispetto alle azioni messe in pratica
– la sostenibilità
– la possibilità di monitoraggio e controllo continuo

Nell’ultima parte della sessione vengono poi proposte alcuni spunti per attività di autoanalisi e di empowerment personale.

Ogni alunno individualmente deve completare la propria ruota del lavoro e della vita (vedi figura) colorando in primis i livelli attuali raggiunti per i vari aspetti proposti e in seguito, con un altro colore, i livelli che vorrebbe raggiungere. Ogni anello concentrico è un punto e può essere colorato quindi da 0 (= livello minimo di soddisfazione) a 10 = livello massimo, con 6 come sufficienza).

La dott.sa Pedretti pone poi alcune domande per far riflettere gli alunni sulla propria situazione:

  • In quali “fette” c’è maggior coincidenza tra stato attuale (SA) e stato desiderato (SD)?
  • Quali aspetti ti hanno sorpresa di più durante questa riflessione?
  • Cosa puoi fare per riempire di colore le aree che sono un po’carenti?
  • Quali cose/fatti/circostanze vedi come possibili ostacoli a questo?
  • Se non hai colorato come SD fino al 10 alcuni spicchi chiediti: “Perché”?

In seguito la life coach propone anche l’attività delle “Cinque domande chiave” ideato da P. Ducker. Si tratta di porsi cinque domande introspettive che aiutano a conoscersi meglio, sono domande che fanno crescere.

Le domande sono le seguenti:

  1.  Quali sono i miei PUNTI DI FORZA?
  2.  Come PERFORMO MEGLIO?
  3.  Quali sono i miei VALORI?
  4.  A cosa APPARTENGO?
  5.  A cosa dovrei CONTRIBUIRE e come posso FARE LA DIFFERENZA?

Dopo un primo momento di lavoro individuale e libero si è passati alla focalizzazione di un obiettivo definito S.M.A.R.T. e alla stesura di un personale piano d’azione per il raggiungimento di tale obiettivo, definendo step che fossero specifici, a basso rischio percepito, realizzabili a breve tempoverosimilmente raggiungibili e congrui con il risultato atteso.

L’attività di coaching, spiega infine la life coach, è volta proprio a supportare i soggetti durante il periodo di progettazione e realizzazione di un obiettivo, affrontando la paura, la demotivazione e il disorientamento.

Ringrazio la dott.sa Pedretti per avere condiviso con noi la sua esperienza personale e le auguro di raggiungere tutti gli obiettivi che si è prefissata!

Il master prosegue nel pomeriggio con la lezione di Alessio Sperlinga sempre incentrata sulla progettualità.

Alessio Sperlinga

Alessio spiega che nella vita, quando vogliamo raggiungere un obiettivo, dobbiamo rassegnarci all’incertezza. Non abbiamo infatti controllo se non sulle nostre intenzioni.

L’esempio tipico della persona che vive nell’incertezza è quello del venditore. Focalizzandosi sulla figura del venditore, gli alunni, con l’aiuto di Alessio, individuano i vari aspetti che servono per raggiungere un obiettivo.

Non è facile raggiungere e soprattutto mantenere i risultati (anche se la persona, l’azienda e il prodotto piacciono molto ci può sempre essere qualcuno più bravo), per questo non possiamo mai permetterci di avere sicurezza ed è importante essere preparati.

La preparazione richiede 3 aspetti:

  1. La preparazione tecnica ossia tutto ciò che serve sapere per raggiungere l’obiettivo in termini di conoscenza (conoscenza sul prodotto, sul contesto e su tutti i dettagli.)  Oggi la preparazione tecnica è prevalente, è necessario aggiornarsi continuamente.
  2. La piena referenza automotivata (PRA) che è l’obiettivo finale a cui tendere. Per esempio nel caso del venditore la PRA non è solo la vendita del prodotto, ma consiste nel fatto che il cliente, oltre a comprare, parla bene del venditore, del suo prodotto e della sua azienda, così da avere influenza sugli altri. La PRA per essere efficace deve essere diretta.
  3. La preparazione psicologica ossia la capacità di crearsi un’immagine positiva o di conoscere l’immagine positiva dell’altro. Il nostro cervello infatti è una “scatola nera”, a determinare la realizzazione di un obiettivo è l’immagine che io mi faccio dell’obiettivo.

Inoltre conoscere le immagini positive degli altri aiuta ad andare incontro alle persone con cui interagisco e quindi rende i rapporti più agevoli

La parte finale della giornata è stata poi dedicata alla testimonianza dell’ospite Diana McWilliam, volontaria dell’Associazione Fabio Sassi che ha creato la struttura del Nespolo ad Airuno, eccellenza nelle cure palliative.

Diana McWilliams

Diana ha raccontato la sua esperienza come volontaria per l’assistenza ai pazienti terminali, la realtà delle cure palliative sia domiciliari che all’interno della struttura del Nespolo e infine ha riportato le esperienze di alcuni pazienti ricordando che la cosa fondamentale è dare dignità alla vita anche negli ultimi istanti.

Infine Diana invita tutti a parlare della vita e della morte con naturalezza.

Non posso che ringraziare Diana per il suo servizio e per l’intervento toccante e commovente.

Gaia Milani

Lezione del 21 febbraio- La comunicazione interpersonale – conoscere se stessi e gli altri attraverso le neuroscienze.

LA COMUNICAZIONE INTERPERSONALE E LA TRIPARTIZIONE DEL CERVELLO, venerdì 21 febbraio

L’incontro di venerdì 21 febbraio, tenuto dalla Dott.ssa Gabriella Vigo, esperta di comunicazione interpersonale, coach e trainer, è volta a conoscere quello che è l’ampio mondo che ruota intorno alla comunicazione.

La docente Gabriella Vigo

La Dott.ssa Vigo esordisce con una domanda semplice, ma allo stesso tempo efficace, “Che cos’è per voi la comunicazione?” E fissa tre punti chiave prima di cominciare la lezione:

1.chi sono io e qual è il mio stile relazionale

2.cosa mi aspetto dalla giornata in positivo 

3.cosa non vorrei accadesse

Dopo un primo momento di imbarazzo generale, i ragazzi hanno cominciato ad aprirsi, regalando ognuno una splendida panoramica di se stessi.

Da qui la parola è passata alla Dott.ssa, che ha finalmente introdotto il tema della mattinata, la comunicazione interpersonale:

Nel corso della mattinata si è parlato appunto di comunicazione interpersonale, dei problemi che spesso accomunano le persone quando si tratta di comunicare, di come capire quale tipo di linguaggio sia meglio utilizzare in una determinata situazione, interfacciandosi con una determinata persona.

La comunicazione ha una parte di contenuto(cosa) ed una di relazione(come), è importante sapere quando si tratta di comunicare, che, la parte verbale influisce in minima parte, rispetto a quanto influisca la voce e quindi il tono, il volume, ecc… oppure ancor di più la comunicazione non verbale, quindi postura, gesti, sguardi, ecc…

Esistono diverse fasi della comunicazione, dalla nascita di un’idea alla traduzione in parola, fino al ricevimento di un feedback da parte del destinatario. Il feedback è importantissimo, in quanto la comunicazione deve essere prima di tutto utile ed efficace; occorre mettersi sempre in discussione e se necessario, riformulare quanto appena esplicato.

Ci sono poi fattori come il luogo, il contesto e l’abbigliamento (quest ultimo strettamente collegato ai primi due), che giocano un ruolo decisivo quando si tratta di una relazione comunicativa.

L’incontro è proseguito con un accenno alle neuroscienze, con una spiegazione semplificata della tripartizione delle aree all’interno del cervello umano:

  • RETTILIANO : istinti, sensazioni
  • LIMBICO  : pensieri , capacità di linguaggio, affetti, coinvolgimento, praticictà
  • CORTICALE: capacità di analisi, ragionamento, coscienza di sè

Esistono poi i due Emisferi (il destro e il sinistro):

  • l’emisfero sinistro si contraddistingue per la Logica e il Rigore,
  • quello destro per la ricerca dell’Insieme e la capacità di Sintesi.

Essi sono a loro volta divisi in 4 diverse quadranti:

  • Limbico Sinistro   – rigore e organizazione – Organizzativo
  • Limbico Destro    – apertura umana – Partecipativo
  • Corticale Sinistro   – rigore e ragione – Direzionale
  • Corticale Destro   – apertura al mondo – Creativo

Tramite un questionario i ragazzi hanno potuto capire quale aree del cervello avessero sviluppato maggiormente  ed  è stato da subito chiaro quanto essi fossero diversi l’uno dall’altro, chi più organizzativo, chi più creativo, chi preferisce stare insieme ad altre persone e chi invece preferisce la solitudine quando si tratta per esempio di lavorare.

Gabriella è stata chiara, nessuno può definire il modo di ragionare di un’altra persona sbagliato, poiché ciò che contraddistingue l’uomo è l’unicità di ogni singolo individuo.

Abbiamo poi fatto un gioco, in cui ci è stato chiesto di dividerci all’ interno dei quattro quadranti e di pensare a qualcosa che ci sarebbe piaciuto acquisire dalle capacità di chi stava nel quadrante opposto ed è stato interessante vedere quanto le persone si rendessero conto di quelli che sono effettivamente i loro comportamenti abituali.

I ragazzi si posizionano nei quadranti che meglio rispecchiano le loro caratteristiche.

L’incontro si è chiuso con la visione di due spezzoni di film, in cui emergevano, nei comportamenti dei protagonisti, le quattro caratteristiche (Direzionali, Creative, Partecipative e Organizzative).

Mai prima della lezione qualcuno avrebbe pensato che erano semplicemente persone che ragionavano tramite diverse aree del cervello, questo ci ha portato a riflettere.

Infine, ci ha proposto un video divertentissimo, che testimonia quanto il nostro cervello possa essere flessibile per adattarsi e riadattarsi alle più diverse circostanze, anche insolite e inaspettate.

Un grande ringraziamento alla Dott.ssa Gabriella Vigo, che con entusiasmo ha trasmesso le proprie conoscenze a noi ragazzi in merito alla comunicazione, aprendoci ad una visione più completa del mondo e delle persone circostanti.

Davide Riganelli

LEZIONE DEL 15 FEBBRAIO : LE MAPPE MENTALI

Il terzo appuntamento della 10° edizione del Master Manageriale Lecco 100 ha affrontato il tema delle mappe mentali.

La lezione è stata tenuta da Alessio Sperlinga, informatico, imprenditore e formatore, nonchè vice-presidente di Lecco100, all’Istituto Superiore G. Bertacchi di Lecco.

Una mappa mentale è una rappresentazione grafico del pensiero ideata dall’inglese Tony Buzan e finalizzata a sfruttare la memoria visiva per meglio strutturare, memorizzare e presentare le informazioni. Per ottenere ciò, le mappe mentali adottano un modello gerarchico-associativo analogo alle connessioni neurali di un cervello, rafforzato dalla ricchezza di colori ed immagini.

Le applicazioni delle mappe mentali sono molteplici, dalla facilitazione dell’apprendimento fino alla gestione ed al supporto di molti processi aziendali. Ad esempio:

  • Selezione del personale
  • Gestione di progetti
  • Brainstorming
  • Ricerca e sviluppo
  • Mappatura e verbalizzazione di riunioni
  • Condivisione della conoscenza

Chi volesse approfondire il mondo delle mappe mentali non può non iniziare dal libro del loro ideatore “The Mind Map Book: How to Use Radiant Thinking to Maximize Your Brain’s Untapped Potential”, tradotto in italiano come “Mappe mentali: Come utilizzare il più potente strumento di accesso alle straordinarie capacità del cervello per pensare, creare, studiare, organizzare…”.

Infine, la tecnologia, come spesso accade, viene in supporto anche su questo tema. Esistono difatti diversi strumenti informatici per l’elaborazione delle mappe mentali:

Un ringraziamento ad Alessio Sperlinga per il savoir-faire e la passione con cui ha presentato questo interessante argomento!

Elia Mariani

Lezione del 14 febbraio : Mediazione e gestione degli obiettivi

La giornata di Venerdi 14 febbraio è cominciata con l’intervento del dott. Massimiliano Ferrari ,che con passione, ci ha spiegato il tema della Mediazione analizzando i meccanismi di ADR: alternative dispute resolution , ovvero quelle tecniche specifiche che aiutano le parti coinvolte a trovare una soluzione.

Massimiliano Ferrari approfondisce il tema della Mediazione

Durante il corso della mattinata, ci è stato spiegato che mediare non significa trovare un semplice punto d’incontro ma ha più precisamente lo scopo di supportare le parti a trovare una soluzione che possa essere la migliore per entrambe, con valore legale e senza l’intervento del giudice.

La figura del MEDIATORE, ci dice Ferrari, non decide chi ha ragione nè ricopre la figura di giudice o arbitro ma ha il compito di utilizzare un metodo alternativo per far si che le parti giungano ad un accordo che risulti conveniente ad entrambe. Questo metodo però ha valenza soltanto se le parti riescono a capirne il valore aggiunto, ragion per cui il mediatore durante il primo incontro ha il compito di convincerle, esponendo le varie ragioni che dimostrano che risolvere attraverso la mediazione è conveniente.

Per fare tutto questo ci sono delle tecniche specifiche:

Innanzitutto, secondo Ferrari , in una mediazione  è necessario lo spostamento dell’attenzione della posizione presa dalle parti verso i reali interessi e bisogni di ciascuno: il mediatore deve essere molto bravo nell’ascolto attivo, non deve favorire le domande chiuse ma quelle aperte utilizzando anche tecniche posturali e linguaggio del corpo. Deve riuscire ad essere empatico, quindi in grado di mettersi in terza persona se necessario: si tratta di “allargare la torta” ovvero lasciar parlare le parti interessate con lo scopo di andare oltre al problema in se , tenendosi aperte altre questioni.

Il linguaggio GIRAFFA

Un altro argomento affrontato, per gestire una mediazione è il Linguaggio Giraffa.

Ci è stato fatto l’esempio in cui ,durante una mediazione , uno dei due avvocati delle parti arriva in ritardo: partendo da questo presupposto abbiamo analizzato la gestione dell’evento con gli occhi del mediatore. Ci è  stato quindi spiegato che questo metodo (chiamato della giraffa perche quest’ultima è l’animale con il cuore piu grande di tutti e la maggior distanza tra cuore e cervello,)  risulta efficace perchè  determina la distinzione tra i fatti reali e le emozioni: questo linguaggio non deve essere troppo tecnico ne macchinoso, non deve dare fastidio a nessuno ne favorire qualcun altro: deve far sentire le parti allo stesso livello rispettando tutti.

Una volta terminata la mattina, dopo una piacevole pausa pranzo, il pomeriggio è continuato con Alessio Sperlinga che ha condotto il suo intervento sull’analisi degli obiettivi. 

Alessio Sperlinga, parla della gestione degli obiettivi

                                      

Ci ha parlato in maniera generale della comunicazione definendo che non esistono regole certe sul suo utilizzo essendoci canali di comunicazione differenti a seconda di quello che ci serve; che è piu difficile fare qualcosa piuttosto che dirla e che siamo tutti divergenti l’uno dall’altro ma che qualunque cosa noi faremo avremo sempre l’esigenza di raggiungere un Obiettivo.

Attraverso un esempio ci è stato spiegato che un Obiettivo per essere tale

  • deve essere CONCRETO  e MISURABILE (quantificato e tempificato)
  • deve essere in primis RAGGIUNGIBILE
  • deve essere STIMOLANTE, perché se non lo è non è un obiettivo ma bensì un compito.  Se non è stimolante non è nemmeno raggiungibile perciò queste due caratteristiche risultano strettamente legate tra di loro.
  • deve essere SCRITTO per diventare un impegno da prefiggersi.

Nel momento in cui affido un obiettivo da raggiungere a qualcuno,si parte da una situazione che deve essere condivisa ma la strada che quest’ultimo deve percorrere per raggiungerlo non la devo dirigere io, altrimenti gli sto soltanto affidando un compito.

La giornata si è conclusa con la spiegazione del pensiero positivo americano:

si parte da un desiderio che è l’obiettivo, da qui c’è la necessità di concentrarsi sulla visualizzazione del risultato e quindi la pianificazione delle azioni che servono per giungere alla realizzazione di esso. Considerando questo procedimento, va calcolata anche la probabilità che un imprevisto rovini il processo.

Tutto questo è spiegato attraverso il metodo Woop

W (wish) desiderio, trasformato in obiettivo ben definito

O (outcome) visualizzazione del risultato

O (obstacle) sono gli imprevisti : ma se gia si mette in conto che potranno verificarsi degli ostacoli, comincerai a visualizzare in anticipo il modo di superarli.

P (planning) il modo giusto per raggiungere quel risultato.

Utilizzando questo metodo, in classe ognuno di noi ha visualizzato il suo personale obiettivo, analizzato gli imprevisti e pianificato la realizzazione.

Laura Rota                                      

SONO APERTE LE ISCRIZIONI AL 10° MASTER LECCO100

Sono aperte le iscrizioni al 10° Master Lecco100.

Il Tema del Master sarà : La Responsabilità

La responsabilità è l’effetto del nostro essere attori agenti nel mondo. Purtroppo alla grande capacità creativa umana non corrisponde una capacità di prevedere le conseguenze delle nostre creazioni e quindi il tema della responsabilità ha una declinazione globale, per l’ambiente, l’economia, la società umana.

PRESENTAZIONE MASTER 2020 Scarica la presentazione

Social Responsibility Reliability Dependability Ethics Concept

Lezione del 6 aprile – gestire la paura

Nella mattinata del 6 aprile, i nostri masterini si trovano di nuovo all’Istituto Bertacchi, per condividere come “Gestire della Paura”, con alcune classi dell’istituto lecchese.

Alessio Sperlinga, inizia il suo intervento con una riflessione molto semplice, ma non scontata, facendo notare ai ragazzi come chiunque, ad un certo punto della propria vita, per un motivo o per l’altro, ha avuto paura.

La paura è infatti una delle emozioni di base proprie della nostra specie (cfr. Ekman, Friesen), ed è intrinseca alla condizione umana. Le ragioni primarie, ancestrali, per cui si manifesta l’emozione della paura sono legate ad un istinto di sopravvivenza e al soddisfacimento di alcuni bisogni di base.

Ma che cosa, di fatto, genera la paura? In genere, la causa è un cambiamento improvviso, l’introduzione di nuove variabili o la modifica di quelle esistenti all’interno di un ambiente familiare, che fa sì che gli esseri umani “perdano la bussola” e non riescano più ad orientarsi.

Ad un certo punto della vita, inevitabilmente, un evento più o meno improvviso e imprevedibile modifica la situazione in cui ci troviamo. Questo può avvenire a un livello che si può definire macro, quando ci troviamo a fronteggiare eventi esterni e percepiti come pericolosi nel sistema-mondo, ad esempio le guerre, i genocidi o le grandi minacce globali come il terrorismo, il disastro ecologico, l’avvento di intelligenze altre da quella umana; è in questi casi che la paura, essendo la prima reazione istintiva che si verifica, viene, purtroppo, utilizzata come mezzo per dominare, indotta impiegando la menzogna come strategia.

Può inoltre capitare di provare paura di fronte ad esperienze tipicamente umane, come il dolore, il rischio di perdita della propria identità, il rifiuto, la morte.

Essenzialmente la paura, seppur talvolta collettiva, si muove sempre ad un livello micro, è un processo che avviene nella nostra mente per cui, da uno stimolo, interno o esterno, si genera una sensazione, che diventa emozione, che a sua volta diventa un sentimento e dà luogo ad un’azione. In poche parole, la paura fa da strategia di sopravvivenza, è la sensazione a partire dalla quale l’essere umano sviluppa tutte quelle strategie di difesa, attacco o resa che lo portano ad adottare comportamenti passivi, reattivi e pro-attivi che generano nuove soluzioni.

La buona notizia è, quindi, che il fatto di provare paura, pur essendo inevitabile, è sempre uno stato mentale e, come tale, può essere cambiato e controllato, agendo sul processo. La resistenza al cambiamento, tendenza primordiale (e in qualche modo opportunistica) dell’essere umano, deve necessariamente essere fronteggiata ai fini della sopravvivenza.

Per affrontare al meglio un cambiamento quando avviene e sapersi ri-orientare, spiega Alessio, ci sono quattro passi da seguire:

  • accorgersene,
  • non subirlo,
  • accettarlo ,
  • guidarlo.

In natura, infatti, sapersi adattare alla realtà è più utile che capire, ed è importante ascoltare, osservare, apprendere a non ripetere gli stessi errori, imparare dall’esperienza e accettare di non avere mai certezze.

Come i ragazzi hanno infatti modo di sperimentare attraverso un esercizio di premeditatio malorum, pratica di derivazione stoica, se non è possibile prevenire che qualcosa di spaventoso accada, è però sempre possibile sviluppare strategie per negoziare con la paura, come con un’antica nemica, e, senza opporre resistenza, lasciare che si trasformi in una nuova amica, fedele consigliera al nostro fianco nel momento di riparare agli imprevisti e guidare il cambiamento.

Arianna Scaglia

Riunioni, Mediazione civile e Colloqui di LaVORO

La giornata di venerdì 29 marzo 2019 ha proposto ai ragazzi del Master Manageriale di Lecco100 tre diversi momenti formativi riguardanti la gestione delle riunioni, la Mediazione civile e come affrontare i colloqui di lavoro.

Durante la mattinata, le lezioni sono state tenute da Alessio Sperlinga – formatore, informatico e controlling manager – e da Massimiliano Ferrari – commercialista e formatore dello Studio Ferrari & Associati di Lecco, mentre nel pomeriggio è tornata a trovarci Laura SumaSales & Service Representative presso Manpower Group Lecco.

Alessio Sperlinga

La prima parte della giornata è stata dedicata ad una formazione relativa al tema delle RIUNIONI. Sul luogo di lavoro, molto spesso ci si trova a dover affrontare momenti di équipe, e con Alessio Sperlinga sono state esplorate modalità organizzative vincenti per far sì che questi momenti possano essere produttivi sul piano del tempo, dello scambio delle informazioni e della proficuità del lavoro.

In primis, è stato indagato cosa significa ORGANIZZARE le riunioni. Si è detto che, per indire una riunione, sono necessari almeno 3 buoni motivi, e che il numero consono di partecipanti affinché la riunione porti a risultati soddisfacenti oscilla fra 4 e 7. Un numero superiore di persone, infatti, non permette un rapporto comunicativo abbastanza approfondito: per evitare la distanza prossemica dell’“approccio teatrale”, in caso di partecipanti numerosi è bene suddividere la platea in gruppi più piccoli o far nominare dei rappresentanti. Sempre sul piano organizzativo, inoltre, risulta necessaria la limitazione dei tempi: una riunione deve avere orario prestabilito, di inizio e di fine; in caso fossero necessari approfondimenti, la strategia migliore è quella di indire un secondo momento di incontro per discutere dei temi rimasti in sospeso, piuttosto che protrarsi fino a tempo indeterminato. Ultima questione pratica, ma non meno importante, è quella dell’O.D.G.: per la buona risuscita di una riunione, e per evitare inutili perdite di tempo ed energie, è necessario che gli obiettivi e gli scopi siano pianificati e preparati – diffidare della dicitura “varie ed eventuali”!

Successivamente, sono state discusse alcune modalità per CONDURRE le riunioni. La puntualità, espressa anche nell’arrivare in anticipo, è la parola d’ordine. Sta poi al conduttore/moderatore della riunione il decidere l’aspettare o meno i ritardatari, senza posticipare troppo l’inizio dell’incontro. Il conduttore poi facilita, modera e partecipa attivamente lasciando che siano gli altri ad intervenire e a esprimere le loro idee e opinioni. È segno di serietà seguire scrupolosamente l’Ordine Del Giorno, discutendo gli argomenti più impegnativi prima e quelli più leggeri in un momento successivo. È necessaria, infine, la verbalizzazione degli argomenti discussi, per riassumere, lasciare traccia di quanto trattato ed evitare che gli stessi temi vengano sviluppati nuovamente durante incontri seguenti.

E’ stato poi esplorato cosa vuol dire PARTECIPARE ad una riunione, in termini di organizzazione e di cortesia. È buona prassi, infatti, chiedere conferma dei tempi dell’incontro e dell’O.D.G., sempre al fine di ottenere il massimo equilibrio in termini di tempo/energie. Per ciò che concerne le norme di cortesia, è stata ribadita, ancora una volta, l’importanza della puntualità, così come del mantenere un comportamento adeguato al contesto (abito, toni, telefono cellulare spento o in silenzioso, rispetto del ruolo del moderatore). È bene inoltre mantenere un profilo attivo, cercando tuttavia di evitare i conflitti.

Infine, con Sperlinga i ragazzi del Master hanno sperimentato una modalità di riunione alternativa, ovvero lo STAND-UP MEETING. Questa tipologia di riunione-lampo è da svolgersi tutti i giorni sul luogo di lavoro, possibilmente alla stessa ora, e coinvolgendo figure differenti (7±2) per un massimo di 10 minuti. Lo stand-up meeting si svolge in piedi, in cerchio, in modo tale che tutti possano guardarsi negli occhi. Questa modalità di riunione risulta essere molto efficace per condividere con i membri di un team risultati ed ostacoli, ponendosi tre semplici domande: “Cosa ho fatto da ieri a oggi?” / “Cosa farò fra oggi e domani?” / “Quali problemi riscontro?”. In caso emergessero delle problematiche, questa tipologia di incontro alternativa facilita la comunicazione individuando le figure che potrebbero più efficientemente venire in aiuto per la risoluzione delle complicazioni.

Massimiliano Ferrari

La seconda parte della mattinata è stata poi dedicata ai meccanismi di ALTERNATIVE DISPUTE RESOLUTION (A.D.R.): con il Dott. Ferrari – http://www.ferrariassociati.com/ – è stato esplorato il tema della MEDIAZIONE CIVILE intesa come possibilità di risoluzione alternativa di conflitti. La figura del MEDIATORE si pone come un soggetto terzo “C”, neutro e imparziale, che media la relazione in conflitto fra un soggetto “A” e un soggetto “B”. Lo scopo di una mediazione è quella di supportare le parti nel trovare una soluzione che possa essere la migliore per entrambi, trovando un accordo che abbia valore legale, senza dover appellarsi a giudici e avvocati.

Il Mediatore è una figura professionale che non decide chi ha ragione: non ricopre le funzioni di giudice o di arbitro, ma che cerca di essere utile all’interno del conflitto tramite un tentativo alternativo. Secondo Ferrari, in una mediazione è necessario lo spostamento dell’attenzione dalla posizione presa dalle parti verso i reali interessi e bisogni di ciascuno. Non è una questione di tecnica o di procedibilità, ma di ascolto attivo ed empatia: si tratta di “allargare la torta”, lasciando parlare le parti interessate con lo scopo di andare oltre il problema in sé (oggetto), tenendosi aperte ad altre questioni.

Un esempio di mediazione può essere portato dalla “storia dell’arancia e delle due sorelle”:
                “Due sorelle (PARTE A & PARTE B) litigano per ottenere l’unica arancia rimasta nel cesto della frutta. La prima afferma che l’arancia spetta a lei, in quanto più grande; la seconda dice invece che il frutto è di sua proprietà, perché chiesto per prima. La madre (GIUDICE/ARBITRO) interviene e, cercando di porre fine alla lite, taglia l’arancia in due parti perfettamente uguali e ne da metà a ciascuna bambina.
                Le due bambine tuttavia non sono soddisfatte, e continuano a litigare fra di loro in quanto ognuna vuole l’arancia intera, senza cederne nemmeno un pezzo all’altra.
                Interviene così la nonna (MEDIATORE) che, dopo aver attentamente osservato la scena, domanda alle bambine il reale motivo per cui vogliono l’arancia intera. La prima bambina risponde di aver sete, e di voler spremere l’arancia per berne il succo. L’altra, risponde che vuole grattugiarne la buccia per fare una torta. La nonna senza indugio spreme la polpa perché la più piccola ne possa bere il succo e grattugia la buccia dell’arancia affinché l’altra possa usarla per fare la torta. In questo modo la nonna soddisfa entrambe le bambine e torna la pace.”

Analizzando questa simpatica storia è possibile comprendere il reale valore della mediazione. Le due bambine erano impegnate a litigare senza provare ad ascoltarsi e comprendersi, focalizzandosi solo sul tentativo di far valere i propri diritti. La soluzione della madre, senz’altro imparziale ed equa, non è risultata efficace. Il successivo intervento della nonna, invece, riesce ad essere efficiente e a dare soddisfazione ad entrambe le bambine, grazie ad un’indagine condotta sui reali motivi che spingevano le due bambine a volere tutta l’arancia, spostando il fulcro della disputa dalle rigide posizioni agli interessi sottostanti.

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Il pomeriggio è stato invece dedicato ad un nuovo incontro con la selezionatrice e HR Specialist Laura Suma – https://www.manpower.it/manpower-e-il-gruppo, con a tema l’orientamento al lavoro. La Dott.ssa Suma si è resa disponibile per uno screening dei CV dei ragazzi, dando anche preziosi consigli in merito alla stesura della lettera motivazionale in risposta ad un annuncio ed alla gestione dei colloqui di lavoro.

Laura Suma

● CV
Il Curriculum Vitae dee essere redatto in maniera idonea per la selezione cui si decide di partecipare. È necessario mettere in buona luce le competenze acquisite, le mansioni svolte, le proprie soft skills. Attenzione anche all’autorizzazione al trattamento dei dati personali e la dichiarazione di veridicità degli stessi, necessari al fine di essere ricontattati dai selezionatori.

Annunci di lavoro
Prima di rispondere ad un annuncio è necessario valutarne la serietà: quanto è generico l’annuncio? Sono presenti informazioni relative al luogo di lavoro, al quadro orario? L’annuncio presenta elementi relativi alla parità di genere? È presente il nome e l’indirizzo e-mail dell’azienda selezionatrice?

● Lettera di presentazione / lettera motivazionale
La lettera di presentazione (anche: corpo della e-mail con la quale si risponde ad un annuncio) deve soddisfare i requisiti esposti negli annunci, presentando possibilmente la stessa terminologia. È suggerito il mostrare professionalità ed etica del lavoro (passione, impegno), evitando invece frasi in negativo (e.g. “non ho esperienza… nonostante…”). Attenzione poi alla grammatica e al rispetto delle formule di saluto.

L’ultima parte della giornata è stata poi dedicata alla simulazione di un colloquio di lavoro. Suma a mostrato quali domande possono essere più facilmente proposte e quali accorgimenti mettere sempre in gioco – rimanere professionali, evidenziare sempre gli aspetti positivi delle esperienze, porre attenzione a chi si ha di fronte per capire quanto “aprirsi”.

Arrivederci alla prossima lezione!

Erica Riganelli

Lezione del 2 Marzo – Strumenti di creatività

Ottavo appuntamento per il già affiatato gruppo di ragazzi del Master presso lo studio di Commercialisti Ferrari e Associati in centro Lecco. Unico relatore Alessio Sperlinga, per insegnarci alcuni strumenti di creatività.  Alessio ci guida ancora una volta nel complesso mondo della mente umana, quale potente strumento di risoluzione dei problemi in cui ci imbattiamo nel nostro vivere quotidiano.

Ogni giorno si verificano piccoli e grandi eventi, in circostanze più o meno prevedibili; situazioni che generano ostacoli, superabili solo se siamo in grado di inquadrarli e definirli correttamente. Infatti, senza una chiara consapevolezza della vera entità del problema, non è possibile trovare soluzione allo stesso.

Secondo la visione razionalista occidentale, basata sul pensiero convergente, una soluzione è tanto più efficace, quanto più semplice risulta essere rispetto al problema stesso. É necessario deframmentare, ridurre il problema in elementi/problemi più semplici (e quindi di più facile risoluzione), approcciandosi ad essi correttamente.

Spesso, è proprio la modalità in cui ci poniamo dinanzi ad un problema a renderlo complicato.  Ci lasciamo allontanare dalla soluzione anziché farci avvicinare. La negatività, la troppa razionalità o emotività, la tendenza a chiuderci nei nostri schemi, sono di per sé errori e ci impediscono di raggiungere gli obiettivi.

Ad esempio per il semplice fatto di pensare che “così non si fa” o “così non si può”, poniamo dei limiti alle nostre possibilità. E ancora, quante volte ci capita di affermare “non riesco a fare X”? É un po’ come se dicessimo “non riesco a pensare a X”, quindi “credo che X sia impossibile da fare”,

pertanto “non faccio X”, riducendo automaticamente il problema alla sfera dell’impossibile.

Dovremmo abituarci ad esercitare il pensiero positivo: “penso di non riuscire a fare X, per ora”, “penso che non sia possibile per me risolvere il problema, per adesso” e sforzarci, perchè ad ogni problema c’è una soluzione anche se non riusciamo a intravederla. Infatti, se non a noi, arriva poi magari qualcun’altro che “riesce a pensare a X e a fare X”, e dalla sfera dell’impossibile ci si eleva a quella del possibile.

“Quando ciò che si riteneva impossibile viene pensato, diventa possibile realizzarlo”. Come?

Se il problema non si risolve con la razionalità e gli sforzi come possiamo fare? Ricordare che il problema è una costruzione mentale, mentre la soluzione è una visione reale! E laddove il pensiero convergente, razionale e logico non riesce ad esserci completamente di supporto, possiamo sempre ricorrere al pensiero divergente, creativo e non convenzionale.

Ecco un esempio pratico:

Dopo aver preso un foglio bianco e tracciato nove punti come nella figura sottostante, proviamo a unire tutti i punti, con solo quattro linee e senza mai staccare la penna dal foglio:

Come riuscirci? Un consiglio è quello di uscire dagli schemi! Finchè abbiamo la percezione che esistano dei confini, e non possiamo uscire dagli stessi non troveremo la soluzione, provateci !

Infatti, spesso abbiamo difficoltà a risolvere certi problemi perché la nostra mente (nella fattispecie l’emisfero sinistro) cerca soluzioni sulla base di schemi già visti e li ripete in situazioni analoghe. Questo non ci permette di trovare soluzioni alternative. Imparare a pensare fuori dagli schemi significa abbandonare percorsi già tracciati in precedenza. Esercitando l’emisfero destro, ricorrendo alla creatività, all’immaginazione, alla flessibilità adottiamo un metodo differente ma maggiormente efficace di impostazione dei problemi, che si presentano nei contesti più vari.

Basti pensare all’aneddoto raccontato da Matteo Rampin, nel suo libro “Pensare come un mago”.    Parigi, inizio ‘900: il truffatore Victor Lustig prova a vendere la Torre Eiffel. Fingendosi un funzionario del Ministero delle Poste e dei Telegrafi (l’ente responsabile della torre), scrive ai più importanti commercianti di rottami di ferro del paese, informandoli che a causa degli alti costi di manutenzione, si è resa necessaria la demolizione e la vendita della Torre Eiffel. A loro chiede la massima riservatezza per non far trapelare la notizia. Alla fine di un percorso di scrematura un imprenditore risulta vincitore, ma in fase di chiusura della trattativa inizia a temporeggiare sul prezzo. Trovare il modo in cui Lustig ha convinto l’imprenditore a comprare la Torre Eiffel è l’esercizio che abbiamo intrapreso in aula.

Superiamo il principio generale, per cui si ritiene che tutti gli esseri umani abbiano cervelli che li aiutano a ragionare solo in modo logico, attraverso il metodo deduttivo (che procede dal generale al particolare, cioè da premesse e regole conosciute per ricavare il risultato) e induttivo (che procede dal particolare al generale, cioè da premesse e risultati conosciuti per risalire alle regole). Prendiamo coscienza dell’esistenza anche di un approccio più creativo ad un problema e alla sua risoluzione, attraverso il ragionamento/metodo abduttivo per cui partendo da alcune premesse o fatti che si vogliono spiegare, si cerca di individuare una possibile ipotesi che li spieghi.

Esercitiamo la nostra capacità di formuare ipotesi e di creare delle idee che si avvicinano alla soluzione, quando non riusciamo a trovarne una. Come ci suggerisce Alex Osborn, attraverso questi due metodi scientifici creativi:

  • il Freewheeling, letteralmente “a ruota libera”, come metodo individuale, da fare in uno stato di rilassamento e per circa dieci/venti minuti.
  • il Brainstorming, letteralmente “tempesta di cervelli”, come metodo di gruppo, da fare in circa mezz’ora. Dato un argomento ben definito o un problema lasciamo libero spazio alle idee, di ogni tipo, anche quelle più strane, che si trasformeranno poi in soluzioni o in un programma di lavoro per trovare in seguito una soluzione. Non ci sono regole, se non: vietato interrompere e vietato vietare, nessun giudizio!

Michela Bassani

Lezione del 16 Febbraio – Le Mappe Mentali

LE MAPPE MENTALI

INTRODUZIONE

Il viaggio del Master Manageriale Lecco 100 ci ha condotti, in questo quarto incontro, ad un’altra tappa fondamentale, ovvero quella delle mappe mentali.

Sotto la guida di Alessio Sperlinga, project manager, informatico e formatore freelance, ne abbiamo sviscerato ogni aspetto. Partendo dai principi cardine fino agli strumenti necessari per utilizzarle passando dalle figure che hanno avuto un ruolo cruciale nell’idearle e agli ambiti di applicazione.

Quello delle mappe mentali è un mondo ricco di colori e creatività, ma anche di ordine e pianificazione e, nondimeno, volto all’implementazione della memorizzazione a lungo termine. Durante la sua scoperta abbiamo potuto “toccare con mano” le regole sottostanti al loro utilizzo, comprendendone così più in profondità i meccanismi e prendendo maggior coscienza delle ricadute positive che il loro utilizzo ha. Fondamentale è stata, infatti, l’illustrazione dei principi scientifici che stanno alla base di questo metodo e la dimostrazione del suo possibile effettivo utilizzo in qualsiasi campo.

La lezione si è articolata in due momenti principali: la spiegazione teorica, breve e coincisa, e la sperimentazione pratica, divertente e concretamente proficua.

COSA SONO LE MAPPE MENTALI

Le mappe mentali sono un metodo di gestione delle informazioni caratterizzato dall’utilizzo di poche e semplici regole che ne rendono facile la creazione e la fruizione da parte di tutti, anche dopo un lasso di tempo consistente.

La figura che ha contribuito maggiormente a strutturare le mappe mentali nel modo che conosciamo oggi è Tony Buzan, psicologo inglese esperto in apprendimento, memoria e funzionamento del cervello e figura portante nell’ambito delle tecniche di apprendimento rapido.

Premessa necessaria per constatare il valore delle mappe mentali è stata la spiegazione del funzionamento della mente. Essa si muove su due versanti, uno esterno ed uno interno.

Verso l’esterno la mente opera 3 processi:

  • cancellazione, evitando la memorizzazione ed eliminando alcune informazioni inutili;
  • distorsione, sentendo alcune cose ed altre no; vi sono 3 tipi di distorsione: visiva, tattile, auditiva;
  • generalizzazione, anch’essa di 3 tipi: ogni persona applica i propri filtri, i propri metaprogrammi, i propri punti di vista.

Al suo interno ne opera 4, ovvero:

  • consapevolezza, ognuno parla a se stesso;
  • immaginazione, che conta più della logica, nella quale il potenziale creativo non ha limiti e in cui vediamo il pensiero divergente, creativo e non convenzionale, avere la meglio sul pensiero convergente, razionale e logico.
  • associazione, accostando fra loro diversi elementi;
  • ri-crea la realtà, cioè modifica i comportamenti comportandosi “come se”.

Infine, bisogna premettere anche che l’attenzione ha dei limiti: percepiamo 120 pezzi di informazioni al secondo, ma la realtà e molto più grande e dunque non sappiamo ogni cosa.

Possiamo decidere, però, di utilizzare questi meccanismi a nostro favore, come abbiamo potuto capire tramite alcuni esercizi che abbiamo svolto in aula.

USARE L’IMMAGINAZIONE

Per ri-attivare la nostra immaginazione il docente ci ha proposto un semplice ma impattate gioco chiamato Squiggle birds. Abbiamo tracciato su un foglio bianco 8 segni lasciando che il pennarello scorresse da sé; dopodiché A. Sperlinga ci ha dato l’istruzione di trasformare queste 8 figure in degli uccellini. Man mano gli ingranaggi della nostra mente hanno cominciato a ruotare e quelle linee che prima ci sembravano solo degli scarabocchi hanno iniziato a prendere vita!

USARE L’ASSOCIAZIONE

Un altro esercizio che abbiamo svolto riguardava la capacità dell’essere umano di creare associazioni illimitate e sempre diverse da persona a persona. Dopo aver disegnato una catena composta da 10 anelli, partendo dalla parola ‘blu’, ognuno di noi ha dovuto associare altre 9 parole, ognuna delle quali doveva essere collegata per associazione alla parola precedente e dalla quale per associazione scaturiva la parola successiva. Leggendo le associazioni di ognuno di noi, abbiamo verificato come in media siano solo 3 le parole in comune con le catene di solo alcune delle altre persone.

Infine, abbiamo svolto anche l’esercizio dei pianeti di Tony Buzan. Tramite una simpatica associazione di immagini paradossali, abbiamo costatato come è possibile ricordare l’ordine dei pianeti del Sistema Solare in modo molto rapido e duraturo.

Stando a tutto ciò, è chiaro come la differenza la faccia il modo in cui usiamo il cervello (sfatando anche il mito che con l’età insorgano dei limiti: magari con il tempo sviluppiamo modi diversi di usare la mente, ma possiamo comunque sempre usarla!) per trarne il maggior profitto possibile!

LA SCRITTURA CHE OSTACOLA LA MENTE

Generalmente riteniamo che la classica scrittura lineare sia il miglior modo di prendere appunti, ripassare, studiare, annotare qualsiasi cosa. Il punto di forza e, contemporaneamente, di debolezza di questa modalità è il fatto che essa sia sequenziale, a differenza della mente che, come appena detto, non è lineare. La sequenzialità porta poi a 3 grandi problemi:

  1. dobbiamo scrivere tantissime parole per spiegare un concetto;
  2. la quantità di informazioni annotate è molto elevata;
  3. la comprensione e la decifrazione non sempre risultano semplici e immediate.

Ovviando a questi tre problemi, le mappe mentali risultano così essere un’ottima modalità con cui dare forma all’informazione per ottimizzare tutte le nostre risorse durante l’apprendimento e la memorizzazione.

IL MATERIALE NECESSARIO PER CREARE LE MAPPE MENTALI

Il materiale di cui abbiamo bisogno per creare una mappa mentale sono:

  • un foglio bianco, posizionato in orizzontale;
  • dei pennarelli colorati, di 8 colori diversi.

Il foglio deve essere messo in orizzontale perché il nostro campo visivo è maggiore, ovvero vediamo di più, in larghezza che in altezza.

Per quanto riguarda i colori, è fortemente consigliato non usare colori simili, come rosso e arancione, uno accanto all’altro, in quanto si tende a considerarli un tutt’uno.

Per costruire le mappe mentali possiamo avvalerci anche dell’utilizzo di diversi software. Alcuni sono  gratuiti, come Freemind e X Mind, altri a pagamento, come Mind Manager, il più utilizzato al mondo, e IMindMap, approvato dallo stesso Tony Buzan. Possiamo inoltre avvalerci di applicazioni come la Jamboard di Google. Il consiglio del docente è che se vogliamo utilizzare degli strumenti digitali questi siano il più possibile dei software e siano collegabili.

Tuttavia, per imparare ad utilizzare le mappe il materiale migliore restano carta e pennarelli! =)

COME COSTRUIRE LE MAPPE MENTALI

La forma delle mappe mentali riprende quella dei neuroni: al centro vi è il nucleo e da questo nucleo si propagano diverse diramazioni. Parimenti, dunque, nelle mappe al centro troviamo l’idea centrale, che riassume tutto l’argomento del quale vogliamo trattare. Da questa scaturiscono i rami principali, ognuno dei quali è caratterizzato a sua volta da una parola chiave. È importante che ogni ramo abbia una sola parola, di modo che la sua lettura e la sua memorizzazione siano più coincise e immediate. Ogni ramo principale, poi, può avere diversi sottorami che ci permettono di entrare più nel dettaglio in riferimento al contenuto della parola chiave. A loro volta i sottorami possono avere degli altri sottorami. Infine, ogni ramo può essere collegato a uno o più altri rami, così come i rami possono essere collegati ai sottorami e i sottorami possono avere dei collegamenti tra di loro.

Disegnare i rami con delle linee curve è uno stratagemma grafico che risulta utile in quanto crea armonia e movimento sul foglio, mantenendo così più alto il livello di attenzione e memorizzazione.

Le parole devono essere scritte in stampatello e devono essere dello stesso colore e della stessa lunghezza del ramo (affinché le parole siano della stessa lunghezza del ramo è consigliabile prima scrivere la parola e solo successivamente disegnare il relativo ramo).

Accanto o in sostituzione alla parola chiave possiamo usare un’immagine chiave che la rappresenti, cosicché il meccanismo di immagazzinamento dell’informazione sia ancora più efficace.

Poter vedere il collegamento tra le parole disegnato con i rami,  svolge una funzione fondamentale all’interno delle mappe mentali. Questo perché permette l’unione visiva delle diverse parole creando così un vero e proprio percorso che aiuta ancor più a conferire un senso al tutto. Di conseguenza si ha anche una memorizzazione rapida e quantitativamente migliore. Tutto ciò, in poche parole, produce una relazione, la quale è alla base di comunicazione, e rende la creazione e la lettura della mappa mentale una vera e propria esperienza. Come noto infatti l’essere umano ricorda meglio tutto ciò che si trova sotto forma di esperienza.

COME LEGGERE LE MAPPE MENTALI

Il percorso di scrittura e lettura delle mappe mentali avviene partendo dalla parola chiave, che si trova al centro, per poi proseguire in senso orario la lettura della parole situate sui rami. Secondo lo stesso principio, anche le parole collocate sui sottorami devono essere scritte e lette in senso orario.

CONCLUSIONI

Ovvio approdo della mattinata è stato la creazione di una mappa mentale da parte di ogni partecipante al Master.

Scegliendo come argomento un proprio hobby, ognuno di noi ha creato una mappa mentale potendo così approcciarsi in maniera pratica a questo metodo e sperimentarlo in prima persona.

Ciò che ne è scaturito sono state otto mappe tutte diverse tra loro per argomenti, parole chiave e immagini chiave scelte, ma tutte facilmente comprensibili agli altri proprio perché basate su delle regole sempre valide. Inoltre, come avviene in ogni nostra lezione, confrontarci ha permesso di dare a tutti nuovi spunti su come migliorare il proprio modo di creare una mappa.

INSPIRATIONAL QUOTE

“I bambini hanno la capacità di animare qualsiasi cosa con un’immagine” A. Sperlinga.

Perché non ricostruire un po’ di questa capacità?

APPROFONDIMENTI

SOFTWARE CONSIGLIATI PER LA CREAZIONE DI MAPPE MENTALI

Valentina Perucchini